I prossimi cinque anni saranno decisivi secondo Bill Gates: entro il 2028 saremo tutti dipendenti dall'intelligenza artificiale, che sarà sempre con noi
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“Amo ancora il mondo dei software come quando io e Paul Allen abbiamo creato Microsoft”. Inizia così un lungo post sul blog personale di Bill Gates, il magnate e filantropo papà di Windows, che si lancia in una profezia su come cambieranno la tecnologia e le nostre stesse vite nell’arco dei prossimi cinque anni grazie alla progressiva espansione dell’intelligenza artificiale. “I programmi sono ancora stupidi”, si legge nell’incipit dell’articolo scritto dall’imprenditore, ma dobbiamo prepararci al fatto che la situazione “cambierà completamente”.
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Per Bill Gates non ci sarà più bisogno di usare diverse applicazioni per svolgere azioni differenti. Basterà comunicare con il proprio dispositivo – lo smartphone, il computer o nuovi hardware che verranno inventati in futuro – e chiedergli, con un linguaggio semplice e quotidiano, di svolgere alcuni compiti per noi.
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In base alla mole di informazioni, contenute dentro il dispositivo stesso, questo sarà in grado di dare risposte più o meno personalizzate, perché avrà un quadro completo delle nostre vite. Oggi infatti nessun software ha la capacità di comprendere il funzionamento dell’essere umano. Ma nel giro di qualche anno avremo al nostro fianco degli assistenti personali alimentati dall’intelligenza artificiale e capaci di provvedere a ogni nostro bisogno.
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Questi software, teorizzati da Bill Gates stesso quasi 30 anni fa, nel 1995, si chiamano agenti. Solo grazie agli enormi progressi che l’intelligenza artificiale ha fatto in questi anni potranno diventare finalmente realtà, modificando per sempre il modo in cui interagiamo con le macchine. Ma non solo. Cambierà il mondo stesso dei software, con la più grande rivoluzione informatica dal passaggio da comandi testuali a finestre e icone.
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Gli assistenti virtuali esistono già, ma in futuro saranno molto più intelligenti e non si limiteranno a compiere un singolo compito con un’indicazione specifica da parte dell’utente. Con i dovuti permessi potranno conoscere ogni nostra attività, sviluppando una potente comprensione di persone e posti che ci circondano. Relazioni, hobby, preferenze e abitudini non saranno solo memorizzate dall’agente, ma anche comprese ed elaborate per semplificarci la vita.
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Già oggi deleghiamo alla tecnologia un numero incredibile di compiti. Tuttavia usiamo tante app e ognuna necessita di un linguaggio specifico per aiutarci e ha evidenti limitazioni. La comprensione di ciò che facciamo, da parte dei software, è limitata al qui e ora: non hanno una memoria storica e non imparano nulla con il tempo. Solo recentemente sono diventati (un po’ più) intelligenti, ma non abbastanza.
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Gli agenti saranno invece propositivi e capaci di suggerirci il da farsi prima ancora che arrivi una richiesta specifica, potranno lavorare su più applicazioni, ricordandosi degli utilizzi precedenti e riconoscendo schemi comportamentali e necessità, proprio come un aiutante umano. Con quelle informazioni saranno in grado di fornirci ciò di cui abbiamo bisogno, anche se l’ultima parola, ovviamente, spetterà a noi.
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Avremo sempre in tasca, insomma, una sorta di assistente personale, un po’ segretario e un po’ consigliere, capace di pianificare viaggi o prendersi cura della casa. Gli agenti renderanno più democratici servizi che oggi sono particolarmente costosi, soprattutto in alcune aree del mondo e, al netto delle ovvie criticità che emergono anche solo pensando a questo scenario, secondo Bill Gates diventeranno indispensabili in quattro campi: salute, istruzione, produttività e tempo libero.