-  Redazione P&D  -  22/12/2012

LA PRESCRIZIONE IN RELAZIONE ALLA PROPOSIZIONE DELLA DOMANDA GIUDIZIALE - Margherita TESSIER

Con la presentazione della domanda giudiziale si determina l'effetto di interrompere la prescrizione del diritto che si fa valere.

Si distingue l'effetto interruttivo istantaneo dall'effetto sospensivo permanente.

Il primo si ottiene anche attraverso una domanda stragiudiziale, quale può essere quella per mezzo di raccomandata a/r, mentre è solo con la proposizione della domanda giudiziale che si ha anche l"effetto sospensivo permanente fino al passaggio in giudicato della sentenza, decorrendo da tale momento un nuovo termine prescrizionale.

Le norme di riferimento del codice civile sono gli articoli 2943, 2944 e 2945.

Ipotizzando che il giudizio venga definito con una sentenza di rigetto della domanda per difetto di una condizione di decidibilità della causa nel merito, in tal caso quali effetti si producono?

Per rispondere a tale quesito si può far riferimento alla soluzione del Chiovenda, il quale va alla ratio dell'effetto sospensivo della domanda giudiziale: l'art 2945, comma 2, cod. civ., protegge colui che ha esercitato una domanda provvista di tutti i presupposti processuali, attribuendo a chi la esercita il diritto alla decisione di merito. Il diritto all'azione è inteso come un diritto alla decisione nel merito. Tale articolo, secondo l"interpretazione chiovendiana, tutela chi effettivamente ha il diritto all'azione alla tutela giurisdizionale di merito del suo diritto.

A critica di questo orientamento la Cassazione ha stabilito che una domanda giudiziale priva di una condizione di decidibilità, che comporta una sentenza di rigetto in rito, ha comunque l'effetto sospensivo permanente fino al momento del passaggio in giudicato del provvedimento. La sentenza di rito non decide nel merito, ma è lo stesso un provvedimento che può diventare definitivo se non viene impugnato e che definisce il processo, chiarendo ad esempio che il giudice non ha il potere di decidere quella causa.

Nel caso invece in cui il processo si estingua, prima della decisione di merito, "sopravvive" solo l'effetto interruttivo istantaneo della prescrizione e non quello sospensivo permanente: qui è sottesa la ratio sanzionatoria verso la parte attrice; poiché cause di estinzione di un processo sono la rinuncia agli atti o l'inattività delle parti, si vuole onerare la parte attrice di mantenere in vita il processo. Se infatti l'attore ha rinunciato agli atti o è rimasto inerte, senza aspettare che venisse definito con una sentenza di rito o di merito, non si vede come la legge (art. 2945 comma 3 cod. civ.) possa prevedere diversamente. L'azione potrà essere riproposta, ma l'effetto conservativo della pendenza del processo non si è prodotto stante il disposto dell"art. 2945 comma 3 cod. civ.

Diversamente si pone la questione se il giudizio venga definito con una sentenza di rigetto in rito, poiché la ratio è di non penalizzare ulteriormente l'attore.

In conclusione l'effetto interruttivo istantaneo si ha sempre con una proposizione di una domanda giudiziale, purché contenga l'affermazione del diritto e che sia notificato al convenuto: è sufficiente solo l'affermazione del diritto che si vuole far valere, indipendentemente dal fatto che poi la domanda possa risultare totalmente infondata. L'effetto sospensivo permanente invece sussiste in relazione alla pendenza del processo e solo se quest'ultimo si concluda con sentenza idonea a definire il giudizio, anche se sfocia in una sentenza di rigetto in rito, con l'unica eccezione che il processo si concluda con una sentenza definitiva che accerti l'avvenuta estinzione; in tale ultimo caso si avrà solo l'effetto interruttivo istantaneo, in applicazione dell'art 2945, comma, 3 cod. civ.




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