-  Redazione P&D  -  10/11/2012

LA PROSTITUZIONE AI TEMPI DELLO ZONING - Elvira REALE, Associazione Salute Donna

Tante proposte di legge trasversali per dire no allo sfruttamento di terzi (racket, criminalità, ecc.) e sì allo sfruttamento nella relazione sessuale uomo-donna. In contro tendenza proviamo invece a declinare tutto il fenomeno della prostituzione come violenza di genere, utilizzando gli stessi parametri e strumenti cognitivi, operativi, giuridici utilizzati per comprendere e combattere la violenza contro le donne. La legalizzazione, regolamentazione o liberalizzazione (proposte dei radicali) della prostituzione è arretramento se non vanificazione della lotta contro la violenza alle donne, è impossibilità ad agire lo strumento della prevenzione (ovvero la parità tra i sessi) è in definitiva ammissione, attraverso il sistema legislativo, della disparità e del dislivello di potere tra uomo e donna. Ogni legge che sarà approvata in tal senso è incostituzionale perché lede i diritti fondamentali della persona umana: l"uguaglianza, l"integrità psico-fisica, la salute, il diritto ad un lavoro che non leda la dignità.


Perché lo zoning? Perché sollevare incubi e ripercorrere una triste storia di apartheid, ghetti, riserve, serragli, muri, zoo?

Siamo contrari ad ogni tipo di zoning, muri e separazioni, come donne ne siamo state destinatarie per secoli, come donne abbiamo combattuto contro i muri che ci volevano chiuse al mondo. Molto c"è ancora da fare ma certo non pensiamo che tradizioni, religioni, pratiche sessuali millenarie non siano superabili e che le donne non ne possano venire fuori con dignità e libertà.

 Siamo consapevoli che gli abusi e le violenze che le donne patiscono agli occhi di molti, che preferiscono non vedere, sembrano libere scelte. Sappiamo anche che molte donne che vivono la violenza hanno la necessità di pensare che non stanno subendo la violenza per evitare di sentirsi sminuite, oggetti d"uso. Tutto ciò non ci fa cambiare opinione sulla prostituzione: si tratta sempre dell" "organizzazione di uno stupro sociale" come la definiva una storica femminista, Elvira Banotti, essa va combattuta, senza se e senza ma, al pari di ogni violenza contro le donne.

 Abbiamo sentito parlare di zoning come area riservata in cui far accedere le prostitute ed i clienti per operare la mediazione sociale tra loro ed il territorio ed includerle anziché escluderle, abbiamo sentito di zone di controllo sanitario, e di zone in cui combattere la tratta e sottrarle dai protettori per metterle sotto la protezione dello stato ma lasciandole nel ruolo di oggetti.

Siamo contrarie a questo processo di razionalizzazione, regolamentazione, sanitarizzazione della prostituzione perché siamo contro la prostituzione.

 Gli interventi richiamati nei progetti dello zoning (per renderli più accattivanti ed in linea con i progetti di promozione sociale delle fasce sociali più svantaggiate) di inclusione, pari opportunità lavorative, ecc delle prostitute non possono passare attraverso la creazione di zone, o aree, o spazi dedicati. Lo zoning paradossalmente, rispetto alla strada ed ai suoi rischi, cronicizza il fenomeno, stabilizza le prostitute in un ruolo, dando parvenza di legittimità a quel mercato del sesso.

 Ma quello della prostituzione e del sesso è un mercato in se stesso non libero (anche quando sottratto allo sfruttamento della criminalità), escluso certo dalle tanto sbandierate "pari opportunità", in contro tendenza rispetto a tutte le pronunce e raccomandazioni dei governi nazionali ed internazionali che affrontano l"annoso problema delle percentuali e dell"accesso delle donne - alla pari degli uomini - in ogni settore lavorativo, politico e dirigenziale. La prostituzione è all"85% o al 90% femminile, ma l"utilizzatore della prostituzione maschile o femminile è sempre un uomo. Nella prostituzione quindi la donna ha sempre un ruolo fisso è colei che vende ed i clienti, i cosiddetti utilizzatori finali, sono sempre maschi, senza possibilità di inversione dei ruoli. La prostituzione si fonda sui meccanismi di potere che regolano ancora oggi i rapporti uomo donna, contro cui si sta ancora combattendo una battaglia che certo non si avvantaggia di ideologie che suggeriscono come non si possano modificare le cose, essendo il potere da sempre nelle mani negli uomini.

Le donne erano escluse dalla politica e dal voto, eppure ciò che sembrava impossibile è accaduto, le donne non entravano nella magistratura e nell"esercito, eppure anche questo è cambiato…perché la prostituzione dovrebbe essere l"unica cosa immodificabile nella storia millenaria dei rapporti tra i sessi?

 Vogliamo dire anche che lo zoning è temporaneo serve a ridurre il danno? Ma chiediamoci ancora: se mettiamo le donne (ed anche una percentuale minima di maschi) nello zoning, ma non lasciamo forse fuori quella fetta importante della prostituzione rappresentata dai bambini, dalle adolescenti, che pure ci affanniamo a dire di voler proteggere?…. Vogliamo forse attendere che raggiungano la maggiore età per poi includerle e proteggerle nello zoning?

E se il messaggio è che la prostituzione è legittima nella maggiore età perché dobbiamo preoccuparci di combatterla per le minori fino ai 17 anni? E perché se la prostituzione è legittima professione essa non dovrebbe godere della normale pratica di addestramento ed avviamento al lavoro che avviene anche prima della maggiore età?

 Ma lo zoning non serve neanche a eliminare la tratta, perché è ovvio che i percorsi criminali sfuggono alla zonizzazione e soprattutto hanno soldi per creare altri luoghi clandestini. In più mancando una forte attenzione al problema generale della prostituzione e alle azioni di contrasto anche la lotta alla tratta si è molto affievolita[2]

La prostituzione va affrontata come un fenomeno culturale al pari della violenza, essa investe preferenzialmente donne e minori e vede come protagonisti e attori gli uomini; essa va quindi combattuta, per avere successo, al pari della violenza con un ampio progetto culturale e con interventi diversificati (rete di servizi, luoghi di accoglienza protetta, progetti lavorativi e di orientamento, ecc.) ma sempre nell"ottica della tolleranza zero verso il fenomeno, da un lato e dall"altro, con l"accoglienza ed il sostegno per le vittime.

Essa, come la violenza, va prevenuta con l"educazione al rapporto tra i sessi. Educazione finalizzata alla parità ed al rispetto e quindi anche alla relazione sentimentale in cui corpo e psiche non siano separati e dove il sesso non sia considerato un atto biologico necessitato e la donna un puro strumento di deiezione. La logica sessuale che sta alla base della prostituzione è la stessa alla base dello stupro: utilizzare la donna, l"altro/altra a fini personali senza alcun interesse alla relazione. Se si legalizza la prostituzione non avrà più senso la prevenzione della violenza che si tenta oggi di fare nelle scuole promuovendo l"idea e la pratica di una relazione uomo-donna simmetrica; vorrà dire che lo stato, la società, le donne si sono arrese alla disparità tra i sessi sancendone quello più antico e discriminante : il valore sociale femminile legato alla mercificazione del corpo separato dalla mente.

Legalizzare in qualche modo la prostituzione significa annullare il significato di tante battaglie, ancora in corso, contro la diseguaglianza tra i generi, fondamento socio-economico e culturale della violenza degli uomini sulle donne

 Ciò che fonda l"esistenza della prostituzione è la condizione di subalternità economica delle donne costrette a far fronte alla propria sopravvivenza con il ricorso a questa professione in un mercato del sesso sempre disponibile ad accoglierle, dove vi è sempre possibilità di impiego per loro soprattutto nei periodi di crisi (come quello attuale) in cui sono le prime ad uscire dai circuiti del mercato del lavoro regolare. La prostituzione ovvero il sesso a pagamento o per ottenere favori o anche diritti, è comunque una costrizione sociale, un passaggio obbligato per chi non ha alternative, o ha difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro regolare (come le donne hanno sempre avuto) e a sostenere la propria autonomia e sopravvivenza. La prostituzione sembra oggi divenire un facile ammortizzatore sociale (anche alcuni sindacati danno sostegno a queste proposte), una facile risoluzione del problema dell"occupazione femminile, un modo per scaricare le donne abbandonandole e relegandole allo zoning ed al mercato del sesso. Si perché si tratta di un abbandono. Si vuole aprire questo settore di lavoro mentre la magistratura chiude settori di lavoro maschile (l"Ilva di Taranto, ad esempio) per i danni che comportano alla salute, senza chiedersi prima in questo settore, quali siano i danni sul corpo e sulla psiche delle donne.

 Per quanto riguarda i rischi ed i danni alla salute, questi sono tutti gravi, e non sono solo legati alle malattie sessualmente trasmesse, o ai molteplici esiti della violenza fisica che spesso si associa alla prostituzione, o all"omicidio (molto si è parlato del femminicidio in questi ultimi tempi e le prostitute hanno dato sempre anche un loro contributo a questo fenomeno), ma vi sono anche i rischi psicologici. Le donne che si prostituiscono vendono una merce particolare, il corpo sessuato, ovvero parti sensibili e delicate come le zone erogene del proprio corpo. Vendere il corpo sessuato significa cederlo come oggetto di godimento altrui inibendo il proprio; in questo "tempo della cessione" le donne devono azionare meccanismi di dissociazione dalle proprie sensazioni corporee, azionare cioè gli stessi meccanismi traumatici che sperimentano nella violenza sessuale, di separazione dal corpo (campo ceduto ad un estraneo) facendo viaggiare la mente altrove; questi meccanismi ripetuti nel tempo a lungo andare possono creare disagio nella vita quotidiana, nella relazione sentimentale ed affettiva, oltre che vere e proprie patologie traumatiche da stress compresa la depressione[3]. Non ci dimentichiamo che nell"800 la Salpêtrière in Francia, primo ospedale psichiatrico, ospitava 8000 tra donne e bambini la cui provenienza era la strada, la povertà e più frequentemente la prostituzione esercitata dalle operarie, dalle modiste, dalle cucitrici e dalle sartore che non riuscivano a sopravvivere con i loro mestieri.

 Se diciamo NO alla prostituzione come espressione della violenza maschile, non ci confondiamo però con chi non vuole le donne nelle "case chiuse o nello zoning" ma vuole le donne chiuse in casa o con chi giudica prostituta una donna perché ha più relazioni sessuali: combattere la prostituzione non significa combattere la libertà sessuale delle donne, il loro modo di vestire, o di non vestire, il loro essere disponibili o non disponibili alle relazioni con l"altro sesso o con il proprio sesso, il loro decidere quanti e quali partner avere. Tutto ciò non entra nella prostituzione: è invece la libertà sessuale delle donne che è anche libertà dalla prostituzione.

 Così come non ci confondiamo con chi vuole l"inclusione della prostituzione nel tessuto urbano (ventilata mediazione sociale per far accettare la prostituzione nei quartieri), noi non vogliamo l"inclusione della prostituzione, come fenomeno di sfruttamento del corpo delle donne, perché vogliamo l"inclusione delle donne prostitute restituite al tessuto della vita urbana, lavorativa e produttiva della città. Noi non vogliamo che attraverso pseudo- riconoscimenti della prostituzione (come del suo contraltare il lavoro domestico) si avvantaggi il PIL del nostro paese senza benefici diretti per le donne, il loro sviluppo, il loro potenziale umano complessivo di risorse, la loro partecipazione riconosciuta allo sviluppo del paese, il loro incremento di potere.

 Allora, lo zoning non è un buona idea, è anzi una cattiva idea. Ma occuparsi della prostituzione così come ci si occupa della violenza è una buona idea. Si tratta di mettere in campo gli strumenti giusti. E di costruire interventi (e non aree) dedicati al problema,: ovvero, controllo del territorio e delle strade "a luci rosse", pene, ammende per chi è cliente, interventi di riabilitazione per uomini dediti alla prostituzione (se questa dipendenza dal sesso a pagamento deriva da problemi personali), punizione dei reati di sfruttamento e della tratta, informazione per le donne sull"articolo 18 e sui percorsi di uscita dalla tratta, inclusione sociale e alternative di vita come orientamento al lavoro, inserimento lavorativo con percorsi di accompagnamento e borse di studio, ecc. E poi l"educazione nelle scuole sulla parità, includendo la prostituzione nel tema della lotta alla violenza, e tanta informazione anche sui rischi della prostituzione

 La prostituzione non può essere affrontata come problema a parte, separato dalla violenza. La prostituzione è un altro aspetto della violenza di genere, degli uomini sulle donne, che si fonda sullo stesso dislivello di potere tra uomini e donne. Preoccupa il fatto che finora lo si è voluto considerare disgiunto dal fenomeno della violenza appellandosi al fatto che vi siano donne che dichiarano di praticare la prostituzione come scelta libera . Si è voluto distinguere così la prostituzione "buona e non violenta" (prodotto di una scelta, il così detto sex-work) dalla prostituzione "cattiva e violenta" (prodotto dello sfruttamento criminale) salvando la prima in omaggio ad una mal interpretata libertà sessuale della donna e combattendo solo la seconda; così facendo si lascia in piedi il pesante costrutto culturale ed ideologico di subalternità sociale ed economica della donna.

 Non dimentichiamo poi che anche il campo della violenza è abitato da una "pseudo libertà" della donna di scegliere o tollerare la relazione con un uomo violento; sappiamo perfettamente però che la violenza tollerata dalla donna non è scelta realmente libera ma condizionata da una serie di fattori (per sopravvivere o proteggere i figli, per mancanza di alternative); sappiamo che per anni abbiamo combattuto contro l"ideologia del "vis grata puellae", del masochismo femminile e spiegazioni similari del fenomeno della violenza e della sua tolleranza da parte delle donne, ed alla fine abbiamo ottenuto che la violenza domestica sia combattuta senza se e ma, distinguendo il fenomeno da combattere che è originato da una cultura della tolleranza della violenza che genera uomini violenti che vanno denunciati e puniti (e se possibile rieducati) dalle vittime che vanno sostenute, informate e sorrette nei percorsi di uscita dalla violenza. Tutto ciò va applicato anche al fenomeno della mercificazione del corpo (prostituzione o sex-work) e del corpo femminile in primo luogo: ovvero combattere la prostituzione e gli uomini che la sfruttano per propria "necessità", difendere le vittime e offrire loro altre possibilità di lavoro e di sopravvivenza.

 Se tarda a maturare questa coscienza unitaria del fenomeno prostituzione-violenza dobbiamo pensare alla necessità di rafforzare un pensiero femminile operando perché si svincoli dall"abbraccio mortale del pensiero e degli interessi maschili che sono quelli di accedere, nonostante la liberazione sessuale, ad un sesso mercificato in cui non sia necessario instaurare una relazione di parità con la donna ed in cui ci si possa appropriare di un "corpo" senza dover avere a che fare anche con un""anima".

 La prostituzione è bene ribadirlo colpisce una pluralità di interessi costituzionalmente tutelati : l"intangibilità sessuale, la dignità della persona, la personalità individuale e la sua integrità psico-fisica , la salute, e non ultimo il diritto all"uguaglianza[4].

La pietra tombale su questi diritti l"hanno posta in ultimo i radicali quando a sostegno della recente proposta di liberalizzazione si sono richiamati alla necessità di superare i proibizionismi più noti, quelli che colpiscono l"uso di alcool e droghe: il corpo della donna è stato assimilato, quindi, in maniera chiara e trasparente, a merci di consumo da liberalizzare.

 


[1] Lo zoning è uno dei fondamentali e più diffusi strumenti di disciplina dello sviluppo urbano, che consiste, essenzialmente, nel vincolare l'uso del suolo a destinazioni prefissate (residenza, industria, commercio, ecc...), specificate nel piano regolatore; insieme alle disposizioni sulla viabilità e sulle attrezzature, esso costituisce l'ossatura del piano. Lo zoning è stato attuato a Venezia (Mestre) per lo sviluppo del"attività di prostituzione ed è considerato modello di sviluppo anche in altre città italiane.

[2] Il problema è che "lo Stato negli ultimi tempi ha disinvestito nella lotta allo sfruttamento e ha chiuso le 14 postazioni locali del numero verde antitratta". Non solo. Il Dossier Caritas/Migrantes 2011 denuncia "lo stallo in cui si trova la lotta alla tratta in Italia" e il crollo del numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi dell'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione (protezione sociale per le vittime di sfruttamento), scesi dagli 810 del 2009 ai 527 del 2010. "Si è così permesso che i gruppi criminali rialzassero la testa  -  sostiene la Da Pra, responsabile del gruppo Abele  -  e curassero i propri affari con una grande varietà di interventi, che vanno dalle torture alla cooptazione di prostitute ai piani alti dell'organizzazione". Una buona notizia arriva dal Dipartimento pari opportunità ed è l'annuncio che entro il 2012 sarà pronto il Piano nazionale antitratta, ma nel frattempo si continuano a registrare casi paradossali: "Accade anche che nei centri di identificazione ed espulsione  -  racconta la responsabile del Gruppo Abele  -  gli sfruttatori ingaggino sul luogo le ragazze". Insomma, dalle porte girevoli delle "non prigioni" le ragazze entrano clandestine per uscirne schiave.

[3] Vi sono poche ricerche sul tema del rapporto prostituzione e salute mentale. Di queste ne citiamo due: la prima indica gli alti tassi di depressione che le lavoratrici del sesso subiscono in India. Geetha Suresh, University of Louisville ,An Assessment of the Mental Health of Street-Based Sex Workers in Chennai – India, Journal of Contemporary Criminal Justice, May 2009 vol. 25 no. 2 186-201; la seconda sull"elevato tasso di incidenza del disturbo post-traumatico da stress nelle prostitute di san Francisco, Melissa Farley, Prostitution, Violence Against Women and Posttraumatic Stress Disorder, Women & Health, 27 (3): 37-49. © 1998 by The Haworth Press, Inc.

Melissa Farley, PhD, Founding Director of the Prostitution Research and Education, wrote: "Laws that justify legalization or decriminalization of prostitution to safeguard women"s health fail to address the psychological harm of prostitution." In :Bad for the Body, Bad for the Heart: Prostitution Harms Women Even if Legalized or Decriminalized, in the Oct. 2004 Violence Against Women,

  [4] La legge Merlin (Legge 75/58 abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta allo sfruttamento sessuale.) già a suo tempo faceva riferimento all'articolo 3 della Costituzione italiana che sancisce l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e all'articolo 32 sulla salute come fondamentale diritto dell'individuo; nonché veniva citato inoltre il secondo comma dell'articolo 41 che stabilisce come un'attività economica non possa essere svolta in modo da arrecare danno alla dignità umana.




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