-  Redazione P&D  -  09/03/2013

LA RESPONSABILITÀ DELLAVVOCATO, TRA ASPETTI CIVILISTICI E DEONTOLOGICI - Giuseppe DE CINQUE

1. Aspetti generali sull"attività e responsabilità professionale dell"Avvocato.

In via generale può affermarsi che le obbligazioni inerenti l"esercizio di un"attività professionale sono obbligazioni di mezzi e non "di risultato", in quanto, il professionista, una volta accettato l"incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato, ma senza tuttavia garantirne il suo effettivo conseguimento.

Il raggiungimento dello scopo, benché non rappresenti il contenuto della prestazione, deve essere ciò che materialmente orienta tutta l"attività e l"impegno del professionista.

E" di tutta evidenza, che la tanto discussa distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato ha consentito alla giurisprudenza di stabilire un regime di prova dell"inadempimento sicuramente più favorevole al professionista-debitore, anche se, la Suprema Corte negli ultimi anni si è più volte pronunciata affermando con forza determinati principi.

Se si ribadisce che il contenuto dell"obbligo del professionista si trae in ogni caso dalle comuni regole di correttezza e diligenza, si afferma che un risultato è dovuto in tutte le obbligazioni, ed anche nelle obbligazioni c.d. "di mezzi", lo sforzo del debitore dev"essere in ogni caso rivolto al perseguimento del risultato dovuto[1].

Il rapporto che si crea tra Avvocato – Cliente è di natura fiduciaria, in forza di procura conferita al professionista, ed ha ad oggetto una prestazione d"opera intellettuale.

Ai fini dell"individuazione della responsabilità del legale, il primo criterio di riferimento è la regola della diligenza specifica o qualificata ex art. 1176 II° comma c.c., in luogo della diligenza generale del buon padre di famiglia.

Ad essere necessario, è che l"opera del professionista venga svolta in base ai doveri attinenti l"attività professionale che svolge, essendo il giudizio per sua natura incerto e soggetto ad una serie di variabili che non possono essere previste in anticipo.

Tuttavia, pur essendo il professionista libero nell"articolare la trattazione della causa, e potendo scegliere la linea difensiva tra quelle a sua disposizione, è tenuto ad una serie di adempimenti "minimi" che possono considerarsi come un risultato dovuto in quanto rientranti nella diligenza richiesta dall"art. 1176 2°comma c.c., si pensi al rispetto dei termini processuali, al calcolo dei termini di prescrizione, ad evitare nullità ecc.

Al summenzionato articolo, andrà affiancato l"art. 2236 c.c. nel caso in cui la prestazione concerne la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, non essendo il professionista responsabile dei danni conseguenti la sua attività, se non in caso di dolo o colpa grave.

Dal punto di vista dell"onere della prova le ricadute sono ben note, accollandosi al creditore-cliente la prova del comportamento non diligente tenuto dal professionista, e del danno conseguentemente subito.

 

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2. Art. 96 c.p.c. responsabilità processuale aggravata.

L"art. 96 c.p.c., sebbene disciplini la responsabilità aggravata, fornisce anche un importante criterio di comportamento o "disciplina" processuale per l"avvocato, in quanto, la temerarietà ha quali suoi elementi principali la soccombenza e l"illecito civile qualificato da mala fede e/o colpa.

La Giurisprudenza sul punto ha evidenziato che detta norma mira ad evitare l"instaurazione di liti dilatorie, defatiganti o esplorative, con conseguente uso spregiudicato e distorto della giustizia.

La responsabilità in argomento va ad inquadrarsi nel campo extracontrattuale, difatti, la giurisprudenza la iscrive nell"area aquiliana ex art. 2043 c.c., e la dottrina la fa rientrare tra le c.d. "sanzioni civili indirette"[2], ossia pene patrimoniali di origine pubblicistica comminate dalla legge ed irrogate dall"autorità giudiziaria.

I requisiti della responsabilità aggravata riferibili ai commi I e II dell"art. 96 c.p.c., si individuano nella soccombenza, mala fede e/o colpa grave nel litigante temerario[3], istanza di parte avversa e danni civili risarcibili, della cui prova è onerato il soggetto coinvolto nel processo temerario[4] e, per quanto concerne il 2°comma, il difetto di normale prudenza in chi agisca a tutela di un diritto cautelare o esecutivo che il Giudice accerti come inesistente.

All"articolo in esame è stato aggiunto, dalla L. n. 69/2009, il comma 3° introduttivo della possibilità per il Giudice, in sede di governo delle spese di lite ex art. 91 c.p.c., di condannare il soccombente, anche d"ufficio, al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte.

Si rileva come a differenza dei primi due commi, il terzo abbia codificato non solo un illecito di tipo aquiliano, ma altresì una vera e propria pena irrogabile ex ufficio da versarsi alla controparte, e che mira a sanzionare con carattere punitivo, lo sviamento e le disfunzioni del sistema giustizia.

3. Dovere d"informazione dell"Avvocato, tra deontologia e responsabilità civile.

Il diritto, per sua natura è una disciplina tecnica, e questa va via via aggravandosi di complessità. Per l"Avvocato il dovere di informazione inizia ad assumere un ruolo preponderante poiché l"incertezza dello strumento impiegato, il diritto e le sue fonti, comporta la necessità di condividere con il proprio cliente la scelta sul "modo" di attuare il diritto di difesa di rilievo costituzionale.

Per il codice deontologico forense, l"Avvocato oltre a dover rifiutare incarichi che eccedono la sua competenza (art. 12), non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose (art. 36), e deve informare il cliente, all"atto del conferimento dell"incarico, sulle caratteristiche della controversia e sulle possibili soluzioni (art. 40).

D"altronde, l"art. 1176 comma 2 c.c., evoca anche il dovere di dissuasione, in quanto, l"Avvocato deve evidenziare al cliente le questioni di fatto e di diritto potenzialmente ostative, sconsigliandolo dall"iniziare o proseguire una lite ove appaia improbabile un epilogo favorevole e, anzi, probabile un esito negativo e dannoso[5].

Allo stato, anche la Giurisprudenza sta dedicando sempre maggiore attenzione ai doveri informativi tra Avvocato e cliente, con notevole affermazione del diritto all"autodeterminazione di quest"ultimo, ed avvicinandosi sempre di più al rapporto medico-paziente. In tal modo il ruolo stesso dell"Avvocato si distacca da quello tradizionale di colui che è depositario della scelta e dell"arte, per diventare strumento e compartecipe indispensabile nell"esercizio di un diritto fondamentale: il diritto di difesa del cliente.

Ad essere evidente è che a lungo andare la responsabilità professionale dell"Avvocato si avvicini sempre di più a quanto accaduto in tema di responsabilità professionale medica, divenendo l"obbligo di informazione un appiglio o pretesto per agire in responsabilità nei confronti del legale ogniqualvolta vi sia esito sfavorevole della causa.

Così facendo, si rischia di non tenere ben presente tutte le variabili che circondano il giudizio, quali l"opinione del Giudice, la scelta dei mezzi di prova da parte dei contendenti e l"apprezzamento che di questi farà il Giudice, le risorse a disposizione delle parti in giudizio, l"attività di queste ed il regolare corso del processo, l"attività interpretativa del diritto ed il mutamento della giurisprudenza.

4. Recenti indirizzi e nuovi orientamenti.

Mutamenti interessanti dal punto di vista giurisprudenziale in materia possono notarsi senz"altro per quanto riguarda il nesso di causalità, laddove, all"orientamento prevalente fino a tempi recenti, consistente nella prova che il cliente ha l"onere di fornire circa il fondamento che l"azione che avrebbe dovuto essere proposta o diligentemente coltivata avrebbe determinato effetti vantaggiosi per il cliente con un grado di "certezza", va sostituendosi un altro oramai dominante, che al criterio della certezza circa gli effetti di una condotta, sostituisce quello della probabilità di tali effetti e dell"idoneità di tale condotta a produrli[6].

Tale ultimo orientamento afferma che l"affermazione della responsabilità professionale dell"avvocato non implica l"indagine sul sicuro fondamento dell"azione che avrebbe dovuto essere proposta o diligentemente coltivata e, perciò, la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista sarebbero stati vantaggiosi per il cliente, ne consegue che al criterio della certezza può sostituirsi quello della probabilità di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli (Cass., 9238/2007).

Tra le pronunce più recenti e più rilevanti in materia di responsabilità dell"avvocato, si segnalano:

- Cass. Civ. Sez. III, 2/07/10, n. 15717: Responsabilità civile dell"Avvocato nelle cause "presumibilmente perse "ab initio"; In questo arresto la Suprema Corte fa riferimento all"assunzione di incarico in cause c.d. perse in partenza, ossia cause segnate da un contrasto col diritto positivo, che non ha solide basi dottrinali e che si scontra con un monolite giurisprudenziale. La Corte afferma con forza che anche in queste cause, l"attività professionale deve essere svolta con diligenza al fine di limitare od escludere il pregiudizio riconducibile alla posizione del cliente, anche sollevando le eccezioni relative ad eventuali errori di carattere sostanziale o processuale della controparte. Il difensore può non accettare la causa per cui prevede la sconfitta del suo assistito, ma non può accettarla e poi disinteressarsene del tutto col pretesto che si tratta di "causa persa", venendo a configurarsi in questo caso una sua responsabilità professionale avendo esposto il cliente all"incremento del pregiudizio iniziale.

- Cass. Civ., Sez. III, 29/09/09, n. 20828: Responsabilità civile dell"Avvocato per mancata comunicazione al cliente dell"avvenuto deposito di pronuncia sfavorevole; La Corte esamina il caso della preclusione della possibilità di proporre impugnazione a causa di mancata comunicazione al cliente del deposito della sentenza, e ritorna sulla necessità per il cliente di produrre mezzi di prova idonei a fornire la ragionevole certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto, ispirandosi per quanto riguarda il rapporto di causalità al criterio del "più probabile che non". Non può limitarsi, il cliente, a dedurre l"astratta possibilità della riforma in appello della pronuncia, in senso a lui favorevole, ma deve dimostrare l"erroneità della pronuncia in questione, oppure produrre nuovi documenti o altri mezzi di prova idonei a fornire la ragionevole certezza che il gravame, se proposto, sarebbe stato accolto secondo il precetto del "più probabile che non".

- Cass. Civ. Ordinanza Sez. VI, 26/07/2010, n. 17506: La Corte respinge per manifesta infondatezza il ricorso contro una Sentenza di condanna di un avvocato a risarcire i danni al proprio cliente per violazione del dovere di diligenza professionale nella scelta della strategia processuale da seguire. L"avvocato aveva promosso un giudizio ordinario per ottenere il pagamento dei compensi di architetto che il suo cliente vantava verso terzi, invece di ricorrere al procedimento monitorio che avrebbe garantito, stante l"abbondante documentazione a disposizione, un sollecito soddisfacimento del credito. Laddove si tratti di casi interpretabili od opinabili, ivi incluse le scelte processuali, deve escludersi la responsabilità dell"avvocato salvo che vi sia dolo o colpa grave.

- Cass. Civ. 16023/2002: Responsabilità dell"Avvocato, attività stragiudiziale; La Corte afferma che benché l"attività professionale dell"Avvocato costituisca obbligazione di mezzi, nel caso in cui questi accetti di svolgere un"attività stragiudiziale consistente nella formulazione di un parere in ordine all"utile esperibilità di un"azione giudiziaria, l"obbligazione non è di mezzi, in quanto egli si obbliga a fornire tutti gli elementi necessari ed i suggerimenti opportuni per permettere al cliente di adottare una consapevole decisione con apprezzamento dei rischi e dei vantaggi dell"azione. La Corte, pertanto, afferma la responsabilità dell"avvocato che nell"adempiere siffatta obbligazione ometta di prospettare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto atte ad impedire l"utile esperimento dell"azione, ingiustificabile se frutto di ignoranza di istituti giuridici elementari e fondamentali. Si rileva che un caso simile è stato oggetto di parere civile all"esame per l"abilitazione alla professione di avvocato, sessione 2010.

- Cass. Civ. 4422/2011: Omissione di consigli idonei, "Non è fonte di responsabilità professionale, per il legale che sia stato incaricato della presentazione di una dichiarazione di successione in prossimità della scadenza del relativo termine e in mancanza della documentazione necessaria per il tempestivo adempimento della prestazione, omettere di consigliare al cliente di accettare l'eredità con beneficio di inventario, in modo da farlo beneficiare della proroga prevista per tale ipotesi dalla legge, trattandosi di una deviazione dell'atto dal suo scopo precipuo. (Rigetta, App. Bologna, 06/10/2009)".

- Tribunale di Bologna, 8 agosto 2011: Proposizione di ricorso in assenza di mandato; L"avvocato che propone un ricorso, utilizzando una copia alterata di una procura rilasciata in precedenza per un diverso procedimento, è tenuto a risarcire sia il danno patrimoniale, sia il danno non patrimoniale, oltre a dover considerare le fattispecie penalmente rilevanti.

Ultimamente, specie a livello dottrinario, si sente parlare di risarcibilità del danno da chance nell"ambito della responsabilità dell"avvocato.

Al riguardo ritengo che tale tesi sia per così dire "tirata" per quanto riguarda la responsabilità professionale in ambito legale. La liquidazione di una perdita di chance non sembra adattabile a questo settore, difatti, si dovrebbe quantificare la percentuale della chance persa, ad es. di conseguire la vittoria in appello, ma nella quasi impossibilità di pronosticare un accoglimento totale o parziale delle domande formulate, di una condanna alle spese o meno, delle domande riconvenzionali ecc, si tratterebbe di una previsione della previsione. Diversa potrebbe essere l"ipotesi nel caso di attività di consulenza o pareri, dove, addirittura, si può anche parlare di obbligazione di risultato.

Nell"esigenza di tutela del cliente danneggiato da un errore del professionista, non si può penalizzare eccessivamente l"avvocato non tenendo presente le peculiarità proprie di questa attività, ed andando a risarcire opportunità o possibilità che il cliente non ha mai avuto né avrebbe mai avuto. Ad essere risarcite, in caso di dimostrato effettivo errore dell"avvocato, dovrebbero essere le spese e gli ulteriori danni causati dall"inadempimento se dimostrati e giustificati.

Considerazioni conclusive.

La materia oggetto del presente elaborato, rileva per essere in continua evoluzione, e contraddistinta da pronunce recenti interessanti ed in grado di aggredire schemi consolidati in materia di responsabilità professionale. I recenti dettami elaborati dalla Cassazione influenzeranno sempre di più la notevole massa delle pronunce di merito al riguardo, e le recenti aperture in tema di nesso causale, più favorevoli al cliente che agisce in responsabilità, ne costituiscono prova evidente.

Si pongono a questo punto interrogativi e riserve su un eventuale e futuro "allineamento" del regime giurisprudenziale della responsabilità dell"avvocato a quello oramai instaurato della responsabilità medica, con una evidente tendenza di maggior rigore e stringenza nella valutazione del comportamento tenuto dal professionista forense.

Personalmente credo che il professionista, dopo avere analizzato il caso concreto, debba manifestare al cliente la perseguibilità o meno di una azione giudiziale, le possibilità di successo, i punti deboli ed i punti di forza, i costi presumibili ed i presumibili tempi, anche in relazione alla curia cui si rivolge, il tutto secondo un principio di massima trasparenza, nel solco del pieno consenso informato.

Bisognerà improntare il rapporto professionale con il cliente alla massima trasparenza, concordando con lui la linea difensiva più idonea per quel singolo caso, dissuadendolo, se del caso, dall"imbarcarsi in contenziosi senza possibilità di accoglimento ovvero esplorativi, ovvero consigliando metodi alternativi di risoluzione delle liti, meno costosi, più veloci ed efficaci.

Una volta ottenuto il mandato professionale, l"avvocato dovrà tenere sempre al corrente il cliente dell"andamento processuale o della pratica, informandolo delle questioni successivamente insorte e delle eventuali necessità dell"attività difensiva.

Allo stesso modo, tuttavia, non può non pretendersi nei confronti del cliente un dovere di informazione altrettanto stringente, dovendo questi comunicare al professionista ogni informazione utile in relazione alla vertenza, mettendo il professionista nelle condizioni di valutare la posizione a 360° e concordare con il cliente la linea difensiva più efficace.

Da ultimo, si segnala che dal 2 febbraio 2013 è entrata definitivamente in vigore la riforma forense dell"avvocatura (LEGGE 31 DICEMBRE 2012, N. 247), che, all"art. 12 ha sancito l"obbligo per l"avvocato di stipulare polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall"esercizio della professione, compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti.

L"avvocato rende noti al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa.

Quest"ultima previsione normativa garantirà una maggiore e migliore protezione sia del professionista, sia del cliente.

 

 



[1] Si veda le pronunce Cass. Civ. Sez. III, n. 8826 del 13/04/2007; Cass. Civ. Sez. Un., n. 15781 del 28/07/2005.

[2] Vedi Franzoni "quali previste ex lege introdotte in ragione della particolare riprovevolezza di un certo fatto o del particolare interesse sociale alla sua prevenzione"; vedi anche Galgano.

[3] La temerarietà della lite può ravvisarsi nella coscienza dell"infondatezza della domanda, dal comportamento processuale tenuto dalla parte nel processo e dalla condotta extraprocessuale, e il c.d. abuso del diritto di azione.

[4] La liquidazione dei danni per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c., ancorchè possa effettuarsi anche d"ufficio, postula pur sempre la prova gravante sulla parte che chiede il risarcimento sia dell"an sia del quantum, o almeno la desumibilità di tali elementi dagli atti di causa (Cass., 21/07/06, n. 16751; Cass., 9/09/04, n. 18169 e Cass., 6/02/98, n. 1200).

[5] Tanto più l"obbligo di informazione deve essere dettagliato e stringente, quanto maggiori sono i rischi di prestazione correlati all"obbligazione di mezzi (Cafaggi, La Responsabilità del Professionista).

[6] Cass. n. 1286 del 6/02/98; Cass. n. 7997 del 18/04/2005; Cass. n. 9238 del 18/04/2007




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