-  Marena Teodoro  -  26/02/2014

LA RESPONSABILITA' DEI SOCI DI SOCIETA' ESTINTE PER I DEBITI TRIBUTARI - Teodoro MARENA

La responsabilità dei soci di società estinte per i debiti tributari

 

  1. Premessa.

Le recenti sentenze della Corte di Cassazione a Sezioni Unite hanno probabilmente posto fine ad un"annosa querelle tra dottrina e giurisprudenza[1] sull"efficacia della cancellazione della società dal registro delle imprese.

Infatti, la Suprema Corte ha statuito che qualora all"estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali.

Sulla scia di quanto espresso, il richiamo normativo per individuare il responsabile in caso di chiamata da parte del Fisco per il recupero dei debiti tributari di una società ormai sciolta è all"articolo 36 del Dpr 602/73. Secondo questa norma tributaria, tre sono le categorie di soggetti che potenzialmente possono essere considerati responsabili per i debiti non assolti da parte della società.
A seconda delle specifiche condizioni che si vengono a creare, possono essere chiamati alla cassa da parte dell"Amministrazione finanziaria i soci, i liquidatori o gli ex amministratori.
Il presente studio analizza singolarmente i casi in cui il Fisco possa invocare la responsabilità di ciascuna delle tre categorie di soggetti, sempre con riferimento ai debiti Ires delle società di capitali estinte.
Il Fisco, come pure ogni altro debitore, potrà avvalersi della regola generale che prevede la responsabilità individuale dei singoli soci nei limiti di quanto ad essi assegnato sulla base del bilancio finale di liquidazione, mentre la chiamata in causa dei liquidatori sarà subordinata al fatto che il mancato pagamento del debito tributario è stato imputato ad una loro colpa. Per quanto riguarda gli amministratori, l"articolo 36 del Dpr 602/73 estende le responsabilità previste per i liquidatori ed i soci, anche agli amministratori in carica al momento dello scioglimento della società oltre che a quelli che hanno compiuto operazioni di liquidazione o occultato attività sociali nel corso degli ultimi due periodi d'imposta precedenti alla messa in liquidazione della società. 

 

  1. La responsabilità dei soci per i debiti tributari.

Per delineare correttamente la disciplina applicabile alla responsabilità dei soci e associati dei soggetti passivi Ires ex art. 36 del DPR n. 602/1973 si deve tener conto di due connessi profili; per un verso, dell'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale concernente la responsabilità fiscale dei liquidatori[2], e, per altro verso, degli approfondimenti operati sulle analoghe problematiche nel settore civilistico e segnatamente sub art. 2495 c.c., nel testo successivo alle modifiche recate dal D.Lgs. n. 6/2003 (recante la riforma del diritto societario), rispetto al previgente art. 2456 c.c., per effetto del quale "approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Fermo restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi ..."[3].

In effetti, la responsabilità dei soci di società di capitali non solo è stata oggetto di scarsa attenzione da parte della dottrina, non sussistendo neppure pronunce giurisprudenziali significative sullo specifico argomento[4], ma inoltre l'art. 36 del DPR n. 602/1973 costituisce una novità assoluta rispetto al previgente art. 265 del testo unico n. 645/1958, che invero contemplava soltanto la responsabilità dei liquidatori, ma non quella dei soci.

Orbene, quanto al primo aspetto (la responsabilità dei liquidatori), va riepilogato l'orientamento che costituisce ormai jus receptum nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha definitivamente stabilito i seguenti principi di diritto:

- la responsabilità degli amministratori/liquidatori è di tipo "sussidiario" rispetto a quella della società, nel senso che essa scatta alla triplice condizione che: i) si sia acquisita la certezza in ordine all'an e al quantum debeatur dall'ente societario all'erario ii) tali debiti tributari, come detto, anzitutto certi e definitivi, nonostante la sussistenza di attività di liquidazione, non siano stati soddisfatti, iii) dette attività siano state distratte o utilizzate per fini diversi dal pagamento delle "imposte dovute", cioè per soddisfare crediti di ordine inferiore a quelli tributari ovvero siano state assegnate somme di denaro o beni ai soci in pregiudizio ai medesimi crediti tributari;

- la medesima responsabilità non è di tipo solidale e non c'è alcun beneficium excussionis; in particolare, trattasi di obbligazione autonoma civilistica di tipo legale (cioè prevista ex lege), che insorge al verificarsi delle predette (tre) condizioni, fondata quindi su elementi di carattere obiettivo; i liquidatori sono infatti responsabili secondo le norme comuni previste agli artt. 1176 e 1218 c.c., a prescindere da elementi di carattere soggettivo, cioè dolo o colpa;

- poiché trattasi di obbligazione autonoma civilistica per debito proprio, cioè per inosservanza di uno specifico obbligo di legge, i soggetti responsabili non possono interloquire, nel giudizio tributario instaurato a seguito dell'impugnazione dell'atto di accertamento di tale responsabilità, nel merito della fondatezza dei debiti tributari dell'ente societario; ciò in quanto l'obbligazione civilistica ex art. 36 del DPR n. 602/1973 si fonda su un titolo autonomo rispetto all'obbligazione fiscale, costituente mero presupposto della responsabilità civilistica;

- da quanto precede, ed in particolare dalla qualificazione della responsabilità in esame in termini meramente civilistici, consegue altresì che il termine entro il quale l'amministrazione finanziaria può ovvero deve escutere gli amministratori e/o liquidatori sarebbe quello ordinario di prescrizione decennale; in tale prospettiva, non potrebbero applicarsi né il termine fiscale di decadenza più breve previsto per l'esercizio dell'azione di accertamento né le norme che prevedono una prescrizione breve ovvero di cinque anni, previste per le varie ipotesi (civilistiche) di azione di responsabilità, di risarcimento del danno o in materia di rapporti societari[5].

In base a tali principi di diritto, la posizione dell'amministrazione finanziaria risulta dunque fortemente agevolata, poiché essa - differentemente da quel che accade in ambito societario - non deve provare che il comportamento dei soggetti reputati responsabili sia ascrivibile a dolo o colpa, ma è sufficiente la dimostrazione della ricorrenza dei presupposti oggettivi sopra descritti, cioè che: a) sussistano debiti tributari certi e definitivi a carico della società, b) esistano attività di liquidazione, c) tali attività siano state distratte per finalità diverse dal pagamento delle "imposte dovute".

Tale posizione di privilegio risulta vieppiù rafforzata, se si considera che l'ufficio finanziario potrebbe agire nel più ampio termine ordinario di prescrizione decennale. A ciò si aggiunga il fatto che la posizione processuale del responsabile, che non intervenga in opposizione prima avverso gli atti impositivi indirizzati alla società, risulta indebolita, poiché egli non potrebbe neppure devolvere il merito della pretesa tributaria, essendo circoscritto il giudizio dinanzi alle commissioni tributarie soltanto all'impugnazione dell'atto di accertamento della consistenza dell'autonoma obbligazione civilistica.

 

  1. Le due figure di responsabilità dei soci.

Ciò posto in termini generali, passiamo ad esaminare i caratteri propri della responsabilità dei soci e associati ex art. 36, comma 3 del DPR n. 602/1973; tale norma, per quanto di interesse, prevede espressamente che "i soci o associati che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione denaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno ricevuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al comma 1 nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile".

Anzitutto, la norma delinea due distinte figure di responsabilità dei soci in connessione alle due frazioni temporali durante le quali i partecipanti ricevono beni o somme di denaro; l'una decorre dai due periodi d'imposta precedenti alla messa in liquidazione fino all'apertura di questa procedura, l'altra è collegata all'inizio della liquidazione fino alla cessazione totale di qualsiasi attività[6].

Gli eventi dell'assegnazione ovvero del ricevimento di beni o denaro che cadono nel predeterminato spazio temporale fungono dunque da presupposto di fatto della responsabilità dei soci.

Sul medesimo argomento va messo in risalto come la responsabilità dei soci, differentemente da quello che accade per gli altri soggetti, risulta circoscritta all'ipotesi di liquidazione di diritto e non anche di fatto, come risulta dalla lettera della norma, e segnatamente dalla locuzione "messa in liquidazione", in contrapposizione alle "operazioni di liquidazione" compiute dagli amministratori (cfr., rispettivamente, commi 3 e 4 dell'art. 36).

Ne consegue che la responsabilità dei soci o associati non dovrebbe comprendere anche il denaro o i beni percepiti in seguito ad operazioni liquidatorie in via di mero fatto, se non segue la liquidazione di diritto, sussistendo in questi casi soltanto la responsabilità propria degli amministratori.

Quanto all'oggetto della responsabilità, ovvero al settore impositivo e a quali accessori (interessi e/o sanzioni) si estende il perimetro di applicazione della norma in esame, va notato, in via preliminare, sotto il profilo metodologico, che la sua interpretazione non è condizionata dalla sua natura "eccezionale" o "particolare".

In altri termini, l'art. 36, anche con riferimento ai soci, non presenta alcun carattere sanzionatorio neppure improprio, tale per cui si debba adottare un'interpretazione di carattere restrittivo, atteso che la loro responsabilità trova fondamento nel nesso eziologico tra l'inadempimento del soggetto passivo (l'ente societario), con il concorso del comportamento (a prescindere dall'elemento soggettivo) dell'amministratore e/o del liquidatore, e la percezione di somme o beni sociali in un predeterminato spazio temporale ovvero durante il "periodo di sorveglianza" stabilito ex lege.

Più in particolare, trattasi di una norma essenzialmente procedimentale, di garanzia patrimoniale delle ragioni creditorie dell'erario, tale da derogare anche la limitata responsabilità dei soci di società di capitali. Ciò in quanto il fisco, in occasione della cessazione dell'attività dall'ente, potrebbe essere pregiudicato dalla: i) repentina liquidazione della società, ii) assegnazione di attività ai partecipanti, iii) cancellazione della società medesima dal registro delle imprese, con definitiva estinzione dell'ente societario ex art. 2495 c.c., e frustrazione dell'azione di accertamento e di riscossione.

In effetti, e sul piano sistematico, le norme sostanziali di tassazione del fenomeno della liquidazione si rinvengono altrove, e in sostanza, ai fini delle imposte dirette, negli artt. 47, 89 e 182 del Tuir, ai fini Iva, negli artt. 2, 13 e 35 del DPR n. 633/1972, ai fini dell'imposta di registro, nell'art. 4 della tariffa, parte prima del DPR n. 131/1986, nonché, sul piano degli adempimenti dichiarativi, negli artt. 19 del D.Lgs. n. 446/1997 e 5 del DPR n. 322/1998.

Diversamente, l'unica norma tributaria che presenta delle affinità e dei punti di contatto con quella in esame, vuoi sul piano della garanzia patrimoniale del creditore erariale, vuoi su taluni aspetti della disciplina sostanziale, è quella prevista sub art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997, in materia di responsabilità dipendente da trasferimento di azienda[7].

Detta similitudine di disciplina si riferisce segnatamente ai seguenti (comuni) aspetti: a) periodo di sorveglianza b) limitazione della responsabilità dell'avente causa, parametrata al valore dell'asset-azienda acquisita, c) responsabilità per il pagamento dell'imposta (e delle sanzioni). Sotto tale aspetto, l'art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 torna utile sul piano ermeneutico per interpretare l'art. 36 del DPR n. 602/1973, anche se ovviamente la prima disposizione riguarda assetti negoziali, cioè il trasferimento di azienda, la seconda assetti legali, cioè la liquidazione di società.

Ciò posto sul piano ermeneutico, entrambe le figure di responsabilità dei soci sopra delineate, dovrebbe riguardare soltanto le "imposte sul reddito", cioè l'Ires (attualizzando l'attuale riferimento normativo all'Irpeg) e verosimilmente anche l'Irap, per effetto dell'ampio rinvio contenuto negli artt. 25 e 30 del D.Lgs. n. 446/1997 all'attività di riscossione in materia di imposte sui redditi. Tuttavia, in senso contrario, depone l'espressa previsione, e successiva sul piano temporale, contenuta nell'art. 19 del D.Lgs. n. 46/1999, ai sensi del quale (anche) l'art. 36 del DPR n. 602/1973 si applica "alle sole imposte sui redditi", non potendosi tra queste ultime imposte assimilare il tributo regionale[8].

Dovrebbero poi includersi nel perimetro di applicazione della norma anche gli interessi, quale accessorio delle "imposte dovute", sebbene, in senso contrario, anche in tale contesto, non andrebbe trascurato che l'art. 36 in esame, diversamente dagli artt. 32, 33, 34 e 35, non fa esplicita menzione degli interessi.

Dovrebbe escludersi invece a contrario, anche in virtù del principio di legalità sancito dall'art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997, una responsabilità sussidiaria dei soci per le sanzioni; ciò che trova conferma anche nella norma similare di cui all'art. 14 del D.Lgs. n. 472/1972, nel cui contesto si fa invece esplicito riferimento alla responsabilità (del cessionario di azienda) per sanzioni.

Dovrebbe trattarsi poi delle "imposte dovute" non solo per il periodo della liquidazione, ma anche per quelle dovute in relazione a "tutti" i periodi imposta anteriori, e non solo quindi per i due anni precedenti l'apertura della liquidazione, considerato l'esplicito rinvio contenuto al riguardo nel comma 3 al comma 1 del medesimo art. 36, per effetto del quale "i soci ...sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al comma 1 nei limiti del valore dei beni stessi".

Di conseguenza, in tale prospettiva, non si dovrebbero confondere le due frazioni temporali durante le quali i soci ricevono i beni sociali o il denaro dagli amministratori o dai liquidatori - che, come detto prima, fungono da presupposto della loro responsabilità - con il diverso e più ampio arco temporale a cui si può riferire il debito tributario e di cui sono responsabili i soci (al pari degli amministratori e dei liquidatori), che infatti si estende all'indietro senza alcuna limitazione, fatti salvi ovviamente i periodi di imposta ormai definitivamente chiusi o non più accertabili.

A meno di non ritenere diversamente, e in modo più restrittivo pro contribuente, che il comma 3 dell'art. 36 dovrebbe essere interpretato come implicitamente enunciativo del principio per cui la responsabilità dei soci andrebbe limitata alle imposte dovute soltanto per i due periodi di imposta antecedenti l'apertura della liquidazione, e non anche a (tutti) quelli anteriori; ciò in ragione del fatto che la loro obbligazione è correlata e si attiva in presenza di assegnazioni (nei predetti due periodi di imposta) e nei limiti di quanto ricevuto; come se, dunque, a dispetto del tenore letterale della disposizione in esame, presupposto e oggetto della responsabilità, sul piano temporale, dovessero coincidere[9].

Sul medesimo argomento, ed in particolare in ordine all'individuazione del concetto di "imposte dovute" dalla società, in connessione alle quali scatta la responsabilità sussidiaria di amministratori, liquidatori e soci, va poi definitivamente confermato, insieme alla dottrina prevalente[10], che detta responsabilità si correla non solo alle ipotesi di passività fiscali note, in quanto già cristallizzate in atti impositivi notificati, ma, almeno di non svuotare di contenuto pratico la norma, anche a quelle passività non ancora definite - perché, ad esempio, solamente constatate con p.v.c., ma non ancora recepite e contestate dall'ufficio - che per effetto di successive rettifiche da parte dell'ente finanziario si ritengono prevedibili secondo un prudente apprezzamento (del liquidatore), non sussistendo invece alcun profilo di responsabilità per i medesimi soggetti per gli accertamenti fiscali imprevedibili.

In altri termini, così i liquidatori, come pure di riflesso anche i soci, possono essere chiamati a rispondere non solo dell'inadempimento dell'obbligo di pagare con le attività della liquidazione le imposte dovute, ma anche dell'inadempimento dell'obbligo di accantonare le somme occorrenti per pagare le future e prevedibili passività fiscali, scaturenti da successivi avvisi di accertamento o iscrizioni a ruolo, che, verosimilmente, verranno notificati dall'amministrazione finanziaria dopo la chiusura della procedura di liquidazione negli ordinari termini di decadenza a sua disposizione.

 

  1. I presupposti.  

In ordine poi ai presupposti della responsabilità, la norma in esame, come già rilevato, fa scattare l'obbligazione dei soci che abbiano ricevuto dagli amministratori denaro o altri beni in un determinato "periodo di sorveglianza", cioè in un certo spazio temporale antecedente (i.e. due periodi di imposta precedenti) la messa in liquidazione ovvero che abbiano avuto in assegnazione beni o denaro dai liquidatori durante la procedura di liquidazione.

La percezione ovvero l'assegnazione dei suddetti valori fonda dunque la responsabilità dei soci, a prescindere anche in questo caso, similmente a quanto avviene per i liquidatori, dell'elemento soggettivo, dolo o colpa; tali eventi fungono anche da limite nel quantum dell'obbligazione dei soci, precisando la stessa norma che essi rispondono dei debiti fiscali della società non per l'intero importo di essi, bensì "nei limiti del valore dei beni ricevuti".

In particolare, sul piano della determinazione quantitativa dell'importo cui sono tenuti i soci nei confronti dell'erario, va specificato quale sia il criterio utilizzabile per determinare il "valore" dei beni assegnati e a quale data deve farsi riferimento per la valutazione. A tal proposito, in assenza di ulteriori specificazioni, trattandosi di assegnazione in natura, dovrebbe farsi riferimento al criterio del "valore normale", e, sul piano temporale al momento in cui è avvenuta la medesima assegnazione.

A meno di non ipotizzare, ma in una prospettiva tutta pro fisco, una valorizzazione dei beni sociali ricevuti al momento in cui l'amministrazione finanziaria escute il socio ritenuto responsabile; ma tale conclusione è inaccettabile, prima di tutto sul piano della ragionevolezza, e, poi, anche sotto il profilo della retroattività, poiché, così opinando, il socio, dopo diversi anni, verrebbe escusso oltre il limite legale, cioè anche per la rivalutazione e/o gli incrementi subiti dal cespite assegnato e dunque oltre la provvista ricevuta.

Va precisato, altresì, sempre in ordine all'estensione nel quantum della responsabilità del socio, se essa debba estendersi fino a ricomprendere oltre agli utili distribuiti anche il capitale rimborsato e i conferimenti eventualmente non eseguiti durante societate.

La norma tributaria al riguardo non distingue, facendo riferimento genericamente al "denaro o altri beni sociali", talché dovrebbe rilevare la percezione di valori indipendentemente dalla relativa qualificazione giuridica, e quindi a prescindere dalla natura di utile o di restituzione del conferimento e/o di altre somme aventi natura di capitale[11].

Anzi, se si vuole dare un senso alla norma, che al comma 3 fa salve "le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile", richiamandosi quindi verosimilmente anche al concetto di "somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione" (cfr. art. 2495, comma 2 c.c.), dovrebbero ricomprendersi nella medesima locuzione anche gli acconti ricevuti ai sensi dell'art. 2491 c.c., oltre che i versamenti eventualmente ancora dovuti.

Da tali somme e importi andrebbero però scomputate le imposte personali eventualmente assolte dal socio escusso sui valori ricevuti e fiscalmente rilevanti, sub specie di utile.

 

  1. Il rapporto tra i soci e l'amministrazione finanziaria.

Va inoltre esaminata un'altra specifica problematica connessa al rapporto tra i soci nei confronti del creditore erariale, se cioè quest'ultimo possa aggredire tutti per l'intero e in via solidale oppure ciascuno pro quota, in ragione cioè della percentuale di partecipazione al capitale sociale.

Sull'argomento deve ritenersi che i soci rispondono nei confronti dell'erario in via solidale e non pro quota, considerata sia la regola generale stabilita dall'art. 1294 c.c. della solidarietà tra condebitori, non derogata nel caso di specie, sia la circostanza che, altrimenti opinando, l'amministrazione finanziaria dovrebbe procedere nei confronti di ciascun socio in proporzione alle relative quote di partecipazione al capitale sociale, con eccessivo aggravio della procedura di escussione, anche in termini di eventuale insolvenza di uno dei soci.

Né a tale conclusione osta la ricostruzione dogmatica, pure prevalente nella dottrina civilistica, della natura della responsabilità dei soci in termini di successione nei debiti della società, talché dovrebbe trovare applicazione la diversa regola stabilita dall'art. 754 c.c., che deroga al principio della solidarietà passiva di cui al menzionato art. 1294 c.c., poiché comunque, anche in tale prospettiva, il fenomeno non va assimilato integralmente a quello della successione mortis causa.

Rimane fermo però, che il socio, esecutato con successo dal fisco, ha azione di rivalsa nei confronti degli altri partecipanti responsabili, come pure il liquidatore, che paghi i debiti tributari, ha rivalsa nei confronti dei soci medesimi per aver soddisfatto non un debito proprio, ma della società.



[1] FIMMANO", Le sezioni unite pongono "la pietra tombale" sugli "effetti tombali" della cancellazione delle società di capitali, in Soc.,5, 2013, 536 ss.; ALLECA, Iscrizione della cancellazione, estinzione e fallimento, in RS, 2010, 720 ss.;; SPOLIDORO, Seppellimento prematuro. La cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese ed il problema delle sopravvenienze attive, in RS, 2007, 823; ZANARDO, Cancellazione di s.r.l. dal registro delle imprese: presupposti e ruolo del conservatore, in Soc, 2010, 91 ss. CATALDO, Gli effetti della cancellazione della società per i creditori, in Fall, 2010, 1407; DALFINO, Le Sezioni Unite e gli effetti della cancellazione della società dal Registro delle imprese, in Soc, 2010, 1011; DE ACUTIS, Le sezioni unite e il 2° comma dell'art. 2495 c.c., ovvero tra "obiter dicta" e contrasti (forse) soltanto apparenti, in NGCC, 2010, 260 ss.; FIMMANÒ, ANGIOLINI, Cancellazione, estinzione e cancellazione della cancellazione: quando la società di capitali può "risorgere" e fallire, in www.ilcaso.it , doc. 280, 2012; GUSSO, sub art. 2495, in Comm. Bonfante, Corapi, De Angelis, Napoleoni, Rordorf, Salafia, Milano, 2011, 1821; PEDOJA, Fine della "immortalità": per le sezioni unite la cancellazione della società dal registro delle imprese determina la sua estinzione, in CorG, 2010, 1006; ROSSANO, La cancellazione dal registro delle imprese e la società di persone, in Gco, 2010, 707 ss.; WEIGMANN, La difficile estinzione delle società, in GI, 2010, 1616; ex multis, C. 25472/2008; C. 4652/2006; C. 12553/2004; C. 11021/1999; C. 10380/1998; C. 5803/1989; T. Como 24.4.2007; T. Napoli 3.6.2004; T. Monza 12.2.2001; C. 19347/2007; C. 24039/2006; C. 18618/2006; T. Catania 9.4.2009; T. Treviso 19.2.2009; T. Milano 24.1.2007; T. S. M. Capua Vetere 30.6.2006

 

[2] Per la giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. 23 aprile 2008 n. 10508, Cass. 17 giugno 2002, n. 8685, Cass. 15 ottobre 2001 n. 12546, Cass. 14 settembre 1995, n. 9688, Cass. 10 novembre 1989, n. 4765, Cass. 7 giugno 1989, n. 2767, Cass., SS.UU. 4 maggio 1989, n. 2079. Per la dottrina, cfr. DI PIETRO, La responsabilità tributaria, in Trattato di dir. comm. e dir. pubbl. economia, diretto da Galgano, Padova, XIX, 1994, 225 ss. MONTI, La responsabilità dei liquidatori, amministratori e soci prevista dall'art. 36, DPR n. 602/1973: gli aspetti sostanziali dell'istituto, in Rass. trib., 1986, I, 47 ss.; DOLFIN, Natura della responsabilità in proprio dei liquidatori e termine di prescrizione applicabile, in Rass. trib., 1978, I, 15 ss.; DE SANTIS, La responsabilità dei liquidatori, amministratori, soci ed associati per il pagamento delle imposte dovute dagli enti, in Boll. trib. inf., 1980, 901 ss.; IANNIELLO, Amministratori e liquidatori. Responsabilità per omesso pagamento di imposte, in Le società, 1996, 278 ss.; SERI, Mancato pagamento di imposte da parte del liquidatore, in Le società, 1990, 115 ss.; FREGNI, Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1996; COPPA, Responsabile d'imposta, in Dig. disc. priv., sez. comm., Torino, 1996, 381 ss.; MICCINESI, Solidarietà nel diritto tributario, ivi, Torino, 1997, 453 ss.; BODRITO, in Consolo-Glendi, Commentario breve alle leggi del processo tributario, Commento all'art. 36 del DPR n. 602/1973, Padova, 2008. Va sottolineato che tra tali Autori, coloro i quali si sono cimentati di più sulla tematica della responsabilità dei soci sono soltanto Monti e Bodrito; ovvio poi, che gli approfondimenti della dottrina in merito alla responsabilità dei liquidatori risultano talvolta utili per delineare taluni aspetti della responsabilità dei soci

[3] Su tali aspetti per la dottrina civilistica, cfr. PASQUARIELLO, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei-Alberti, III, Padova, 2005, 2279 ss.; DIMUNDO, in AA.VV., La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Gruppi, trasformazione, fusione, scissione, scioglimento e liquidazione, società estere, IX, Milano, 2003, 220 ss.PASQUARIELLO, in AA.VV., Commentario breve al diritto delle società, a cura di Maffei-Alberti, Padova, 2007, sub art. 2495; PORZIO, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società, diretto da Abbadessa e Portale, Torino, 2007, 94 ss

[4] . Cass. 21 aprile 2008, n. 10276, Comm. trib. I grado di Milano 18 giugno 1986 e Comm. trib. II grado di Torino 3 dicembre 1986, ove si sottolinea il carattere sussidiario della responsabilità dei soci e la natura innovativa dell'art. 36 del DPR n. 602/1973, rispetto all'art. 265 del testo unico n. 645/1958, in ordine a detta responsabilità.

 

[6] MONTI, op. cit., 74

[7] In argomento cfr. Circ. n. 180/E del 10 luglio 1998

[8] PROCOPIO, L'oggetto dell'Irap, Padova, 2003, 43 ss.; SCHIAVOLIN, L'imposta regionale sulle attività produttive, profili sistematici, Milano, 2007, 319 ss.

[9] In tal senso cfr. BUSCEMA, La responsabilità dei soci o associati: le differenze rispetto a quelle di amministratori e liquidatori, in Fisco, 2008, 8617 ss.

[10] TESAURO, La responsabilità fiscale dei liquidatori, in Giur. comm., 1977, I, 428 ss.; SPECA, Problemi controversi sulla responsabilità fiscale degli amministratori, in Dir. e prat. trib., 1988, II, 65 ss.; QUATRARO-PICONE, La responsabilità di amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di società. Aspetti civili, penali e tributari, tomo primo, Milano, 1988, 962-963, CIAMPOLILLO, La responsabilità fiscale del liquidatore, in Fisco, 2000, 8993 ss.

 

[11] Cfr. in questo senso anche BODRITO, op. cit., loco cit




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