Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  17/01/2023

La rivelazione del cimitero, a sedici anni - P.C.

Era dicembre quando mio padre aveva fatto eseguire, all’isola di S. Michele, una pulizia di fondo nella nostra tomba di famiglia: si trovava all’ultimo recinto, lato   ovest del camposanto, a metà della bancata   verso l’acqua. 

 Nessun riordino - sotto il   lastrone di marmo, col nome del capostipite - aveva avuto luogo da decenni.  Papà un giorno, ‘’Non si sa mai, meglio essere pronti’’, si era deciso a provvedere. 

 E con l’ispezione era saltato fuori, nella fila di destra, semi-nascosto in basso, lo scheletro di una bambina/adolescente: stava lì nel contenitore da qualche decennio, risalente a prima della seconda guerra mondiale.   

   Una storia ripetuta a bassa voce, ogni tanto, nelle riunioni plenarie di famiglia (facevamo di cognome Della Croce); via via sbiadita nei racconti, col passare del tempo, confermata ora dopo la scoperta dello scheletrino

  Nessuno aveva dato spiegazioni, in casa, né io le avevo chieste.  Un mistero di cui   un po’ ci si vergognava. Qualcosa avevo intuito, comunque, erano ossa appartenenti alla sorellina del nonno paterno: una bimba nata con problemi di salute, deforme probabilmente; un po’ gobbetta, rimasta sempre fra le mura domestiche, come si usava quella volta per situazioni del genere.  

  Si era spenta verso gli undici anni, nella sua stanza, verso il canale, dopo una crisi respiratoria che non le aveva lasciato e scampo.

  Neanche il suo nome mi avevano detto i miei.   La ‘’trisavolina sfortunata’’ avevo preso a chiamarla.  Forse era a lei che assomigliavo, non esistevano foto comunque, né da viva né da morta.

 




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