-  Redazione P&D  -  06/02/2015

LA TUTELA GIURIDICA DEL REATO DI ATTI PERSECUTORI - Maria TANGARI

Diritto e procedura penale

La tutela della vittima del reato

Gli strumenti normativi a disposizione

 

Per la vittima di questo odioso reato è fondamentale che la tutela sia immediata, in quanto è ormai notorio che, per molti, produce un effetto scarsamente deterrente l'idea di una futura, ipotetica (e magari non eseguibile) condanna a distanza di anni dai fatti. È quindi essenziale una risposta immediata dell'ordinamento giuridico: in primo luogo con l'invito, formulato dal Questore, ad interrompere le condotte "contra ius"; in secondo luogo con l'applicazione, senza indugio, delle misure cautelari.

 

a) Il procedimento di prevenzione dell'ammonimento del Questore

 

L"art. 8 del decreto legge 11/2009 disciplina una misura di rilievo finalizzata alla prevenzione dello stalking: la procedura di ammonimento dell"autore degli atti persecutori.

Fino a quando non sia stata proposta querela, la vittima può infatti rivolgersi all"autorità di pubblica sicurezza con un esposto nel quale richiede l"adozione, da parte del Questore, di un provvedimento formale di ammonimento nei confronti dell"autore della condotta. Il questore, se ritiene fondata l"istanza, previo l'eventuale esercizio di poteri istruttori (come la facoltà di assumere sommarie informazioni dalle persone informate sui fatti), ammonisce oralmente il soggetto, invitandolo a tenere una condotta "conforme alla legge".

Dell"ammonimento orale va redatto processo verbale, del quale copia deve essere rilasciata all"istante e all"ammonito.

L"ammonimento può essere classificato tra le misure di prevenzione.

Scopo della misura è quello di prevenire la consumazione di atti persecutori e il suo contenuto specifico consisterà in un invito ad interrompere qualsiasi interferenza nella vita del richiedente. In definitiva, il Questore, in altri termini, avvertirà il soggetto che la reiterazione delle condotte denunziate dalla persona offesa può spingere il suo comportamento oltre la soglia della rilevanza penale.

Sembra dunque che il Legislatore abbia voluto assicurare a chi sia stato oggetto di condotte di stalking una forma di tutela, anche quando tali condotte non abbiano ancora raggiunto il livello di reiterazione ritenuto necessario per la sussistenza del delitto di atti persecutori.

Con l"istanza di ammonimento la persona offesa espone i "fatti" di cui è stata vittima, fatti che sono dunque l"oggetto della valutazione compiuta dal Questore sulla fondatezza dell"istanza. La norma non sembra richiedere che l"istante denunzi un reato già perfezionatosi. Infatti, non viene richiesto di denunziare una notizia di reato, ma di esporre dei "fatti" per i quali ancora non è stata proposta querela per il reato di cui all"art. 612 bis c.p. Infatti:

Il provvedimento di ammonimento non postula che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura; assolve quindi ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, in quanto preordinato a che gli atti persecutori posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non cagionino esiti irreparabili con la conseguenza che, ricorrendo particolari esigenze di celerità, potrebbe essere omessa la comunicazione dell'avvio del procedimento (Cons. Stato, sez. III, 23 febbraio 2012, n. 1069).

Al fine di evitare sovrapposizioni tra il procedimento penale e quello amministrativo di prevenzione, l"intervento del Questore può essere richiesto dall"interessato solo fino al momento in cui lo stesso non decida di presentare la querela.

Il terzo comma dell"art. 8 prevede un aggravamento della pena se il reato di cui all'art. 612 bis è commesso da persona ammonita. Inoltre, in base al comma quarto, il delitto diventa procedibile d"ufficio. Naturalmente è necessaria identità dei fatti per cui è intervenuta l"istanza di ammonimento e quelli oggetto della contestazione mossa in sede penale.

Mentre in precedenza al Questore era demandata la valutazione della necessità di adottare ulteriori provvedimenti preventivi ai sensi della normativa in materia di armi e munizioni, l'ultima normativa prevede che il Questore "adotti" i provvedimenti in materia di armi e munizioni. La modifica consente di dedurre che, in presenza di fatti connotati da una certa gravità, sarà quasi automatica la revoca del porto d'armi.

Si segnala infine che, essendo l"ammonimento un provvedimento dell"autorità amministrativa, è esperibile l'ordinario rimedio del ricorso al giudice amministrativo; tuttavia anche il giudice penale, ai fini del riconoscimento dell"aggravante e della procedibilità d'ufficio, deve certamente valutarne la legittimità.

 

b) Cenni generali sulle misure pre-cautelari e cautelari

In linea generale è noto che le misure pre-cautelari dell'arresto e del fermo consentono alla polizia giudiziaria, in situazioni d'urgenza, di adottare provvedimenti limitativi della libertà personale dell'indagato con lo scopo di anticipare la tutela predisposta mediante le misure cautelari.

Per quanto riguarda il reato in esame, la c.d. legge di contrasto al "femminicidio", oltre ad aumentare da 4 a 5 anni il massimo della pena, ha previsto anche per gli atti persecutori l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (in precedenza era possibile soltanto quello facoltativo).

Per quanto attiene invece le misure cautelari vere e proprie, come avviene per ogni reato di una certa gravità, quando un individuo è raggiunto da gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di un certo crimine e vi è un'esigenza cautelare da tutelare (nella fattispecie in esame l'esigenza "principe" è impedirne la reiterazione), diventano applicabili dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, le misure cautelari e tutte le regole ad esse relative.

In particolare, sono previsti dei criteri di scelta, che impongono di "graduare" la limitazione della libertà personale (tenendo presente che non si è ancora in presenza di una sentenza di condanna) alla natura ed al grado dell'esigenza cautelare da soddisfare nel caso concreto.

Al reato di atti persecutori, vista l'entità della pena comminata, sono astrattamente applicabili tutte le misure cautelari personali, tuttavia quella della custodia in carcere deve costituire l'estrema ratio, in presenza di fatti oggettivamente molto gravi e quando ogni misura meno afflittiva si riveli inidonea a tutelare l'esigenza cautelare del caso concreto.

La misura cautelare ad hoc per il reato di atti persecutori, introdotta dal legislatore del 2009, è quella del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

 

c) Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

 

Ai sensi del primo comma dell'art. 282 ter c.p.p., il giudice, con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, prescrive all"imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa. Non solo: qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all"imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone. Inoltre, il giudice può vietare all"imputato di comunicare con qualsiasi mezzo sia con la persona offesa sia con le ulteriori persone appena individuate. Certo, il legislatore si rende conto che la frequentazione dei luoghi citati può essere necessaria per motivi di lavoro o per esigenze abitative: il tal caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

Il soggetto responsabile di stalking è tenuto a cambiare strada se incontra la vittima, anche casualmente. È quanto emerge dalla sentenza 9 settembre 2013, n. 36887 della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ciò indipendentemente dal fatto che quel luogo sia elencato nella misura cautelare del divieto di avvicinamento emesso dai giudici in attesa del processo.

Sul punto, si registra un contrasto giurisprudenziale in merito al contenuto concreto delle limitazioni correlate alla misura ex art. 282 ter c.p.p.

Secondo un primo orientamento, il giudice sarebbe sempre tenuto a modellare la misura in relazione alla situazione di fatto, con la conseguenza che il PM, nella richiesta, deve rappresentare al giudice, oltre agli elementi essenziali per l'applicazione della misura, anche gli aspetti di "contorno", che possono assumere una importanza fondamentale al fine dell'applicazione dei provvedimenti di allontanamento o di divieto di avvicinamento. In relazione ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima o dai parenti di questa, la norma pretende che siano individuati solo "luoghi determinati", posto che solo in questo modo il provvedimento assume una connotazione completa, completezza che costituisce una garanzia per il giusto contemperamento tra le esigenze di sicurezza della vittima ed il minore sacrificio della libertà di movimento della persona sottoposta alle indagini (sentenza Cass. pen., sez. VI, 7 aprile 2011, n. 26819).

Altra impostazione, al contrario, ritiene che la misura cautelare del divieto di avvicinamento ben possa contenere anche prescrizioni riferite direttamente alla persona offesa ed ai luoghi in cui essa si trovi, aventi un contenuto coercitivo sufficientemente definito nell'imporre di evitare contatti ravvicinati con la vittima, la presenza della quale in un certo luogo è sufficiente ad indicare lo stesso come precluso all'accesso dell'indagato (sentenza Cass. pen., sez. V, 16 gennaio 2012, n. 13568).

Con la sentenza in esame gli ermellini aderiscono a quest'ultimo orientamento, affermando come, nella misura del divieto di avvicinamento, "assume primaria importanza la garanzia della libertà di movimento e di relazioni sociali della persona offesa da possibili intrusioni dell'indagato, che facendo temere la vittima per la propria incolumità finiscano per condizionare e pregiudicare la fruizione di queste libertà".

In conclusione, nella misura cautelare in commento, la predeterminazione tassativa dei luoghi frequentati dalla vittima risulterebbe dissonante con le finalità della stessa, ponendosi come una inammissibile limitazione del libero svolgimento della vita sociale della vittima di stalking, che costituisce il principale oggetto di tutela della disposizione. La vittima, infatti, sarebbe costretta, in caso contrario, a contenere la propria libertà di movimento nel novero dei luoghi indicati ovvero ad essere esposta, esorbitando dagli stessi, "ad una condizione di pericolo per la propria incolumità che si presuppone essere stata riconosciuta sussistente anche al di fuori del perimetro della ricorrente frequentazione della persona offesa".

I menzionati provvedimenti sono comunicati all"autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell"eventuale adozione dei provvedimenti di competenza in materia di armi e munizioni, alla persona offesa ed ai servizi socio-assistenziali del territorio.

Peraltro, la trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare comporta non una sanzione criminale, bensì la possibilità, per il giudice, di disporne la sostituzione ovvero il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell"entità, dei motivi e delle circostanze della violazione (art. 276, co. 1 c.p.p.).

 




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