-  Redazione P&D  -  13/06/2016

La violazione del consenso informato come fonte autonoma di risarcimento - Cass. Civ. 10414/2016- Carla Nicoletti

La mancata acquisizione del consenso informato è fonte di autonomo risarcimento del danno anche qualora l"intervento chirurgico sia riuscito e fosse da considerarsi necessario.

Il caso di cui viene ad occuparsi la Cassazione è quello di una paziente, affetta da anni da crisi di cefalee, che si sottopone ad un intervento chirurgico di "settoetmoidosfenectomia decompressiva neurovascolare entronasale radicale di terzo grado". L"intervento non era stato risolutivo ma ,al contrario, aveva aggravato la situazione di salute della donna essendo insorte ulteriori e rilevanti problematiche.

La paziente, pertanto, conveniva in giudizio il medico sostenendo la inadeguatezza dell"intervento effettuato nonché la sua aggressività (avendo comportato l"asportazione di strutture anatomiche integre) e sostenendo, altresì, la lesione del suo diritto ad essere adeguatamente informata circa i rischi dell"operazione.

Chiedeva, dunque, il risarcimento del danno biologico e anche di quello morale, esistenziale, estetico, relazionale, alla libertà personale e alla salute.

In primo grado la domanda attorea trovava accoglimento sulla base della considerazione che, pur essendo stato l"intervento correttamente eseguito, lo stesso si era rivelato inadeguato rispetto alla patologia dell"attrice, la quale non era stata neppure compiutamente informata circa le probabili conseguenze negative.

Medico e Casa di cura venivano, pertanto, condannati al pagamento dei danni quantificati in CTU e calcolati sulla base delle Tabelle di Milano, la quale , come noto, è considerata comprensiva del danno morale e di ogni profilo non patrimoniale richiesto in citazione.

Veniva, invece, rigettata la domanda di risarcimento proposta dai congiunti della donna in quanto infondata. Questa decisione veniva confermata anche in sede di appello.

Avverso la sentenza di secondo grado la paziente propone ricorso per Cassazione lamentando diversi motivi di doglianza, ma, di certo, quello di maggior pregio è il secondo.

Con il secondo motivo di ricorso, infatti, la donna lamenta il mancato riconoscimento, come autonoma voce di risarcimento, della lesione del diritto al consenso informato sostenendo che esso costituisca un danno autonomamente risarcibile a prescindere dal danno alla salute.

Tale motivo viene giudicato come fondato.

La Suprema Corte riprende il consolidato principio in base al quale il paziente ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla mancata acquisizione del consenso informato in relazione ad un intervento, ancorché esso risultasse necessitato e pur se l"esito sia stato integralmente risolutivo della patologia. La paziente è stata, infatti, privata della propria libertà di autodeterminazione e tale pregiudizio non è compensato neppure dall"esito favorevole dell"intervento.

"[…]il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest"ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l"intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l""id quod plerumque accidit", in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il necessario nesso di casualità tra l"intervento e l"evento lesivo (Cass. n. 27751/2013)".

L"acquisizione del consenso è prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l"intervento, di conseguenza la sua violazione determina un danno suscettibile di ulteriore risarcimento in quanto vi è stata una lesione dell"autodeterminazione delle scelte terapeutiche.

Con la descritta pronuncia viene, dunque, confermato l"ormai consolidato principio di diritto secondo cui il consenso svolge una funzione di sintesi fra due diritti fondamentali della persona: quello alla autodeterminazione e quello alla salute.

Anche se l"esito dell"intervento è stato positivo o anche se la lesione subita non sia ricollegabile alla violazione del consenso stesso, sono, pertanto, risarcibili le conseguenze dannose derivanti dalla violazione del diritto inviolabile alla autodeterminazione.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film