-  Valeria Cianciolo  -  27/03/2017

La voltura catastale non comporta accettazione tacita di eredità- di Valeria Cianciolo

Nota a Tribunale di Torino, ordinanza 7 marzo 2017

La presentazione della domanda di voltura comporta o meno accettazione tacita ai sensi dell'art. 476 cod. civ.?

Secondo il Tribunale di Torino: "Trattandosi di un atto legalmente dovuto, la cui inosservanza è formalmente sanzionata, la voltura catastale non può essere ricondotta all"alveo degli atti di accettazione tacita di eredità, dal momento che questi ultimi presuppongono un comportamento concludente, da parte del chiamato, la cui esecuzione deve essere rimessa al suo libero arbitrio."

In linea di principio, si ha accettazione tacita ogniqualvolta il chiamato compia un atto che presupponga "necessariamente la sua volontà di accettare e che egli non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede" e la norma in esame indica come debba atteggiarsi il comportamento del chiamato per far si che vi sia inequivocabilmente accettazione. Come è stato precisato, l"accettazione tacita si ha per effetto della esplicazione "di una personale attività dell"interessato che ponga in essere un qualche atto di disposizione incompatibile con la volontà di rinunciare e che egli non avrebbe avuto il diritto di fare se non in quanto erede".

Preliminarmente, risulta opportuno chiarire che la voltura catastale rappresenta la rilevazione relativa alle mutazioni concernenti gli intestatari dei beni censiti nel catasto. La voltura catastale deve essere obbligatoriamente presentata, ogni qualvolta si verifichi un trasferimento, tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata, avente ad oggetto la proprietà o altro diritto reale limitato di un bene immobile che sia censito presso l'Ufficio del Territorio, nonché quando si realizza un trasferimento, ai sensi dell'art. 31 del d.legis. 346/1990 (Testo Unico sull'imposta delle successioni e donazioni), in caso di successione mortis causa, da coloro che sono tenuti alla presentazione della denuncia di successione. Il termine per eseguire la voltura è di trenta giorni dalla avvenuta registrazione degli atti o dalla presentazione della denuncia di cui si è detto.

Coloro i quali abbiano presentato presso l'Agenzia delle Entrate la denuncia di successione, adempimento da compiersi entro dodici mesi, sono, dunque, tenuti anche alla presentazione della voltura catastale in un lasso di tempo ancor più breve. Appare evidente, quindi, che denuncia di successione e voltura catastale sono adempimenti collegati tra di loro, anche se non in maniera biunivoca, in quanto si può prescindere dalla voltura in caso di presentazione di denuncia di successione, ma, perché si abbia voltura catastale relativamente ad una vicenda successoria, deve essere stata inevitabilmente già presentata la denuncia di successione. Si sarebbe, quindi, portati a ritenere che a detti adempimenti, legislativamente prescritti, siano riconducibili gli stessi effetti. La dottrina tradizionale[1], però, ricollega effetti differenti alla denuncia di successione ed alla voltura catastale.

Normalmente la dottrina si limita a richiamare pronunce giurisprudenziali, più o meno recenti, e a ribadire, quale assunto indiscusso e sostanzialmente senza ulteriori argomentazioni, come la presentazione della denuncia di successione non comporti accettazione tacita[2] e come la successiva voltura catastale produca, invece, le conseguenze di cui all'art. 476 cod. civ. .

Detto assunto deriva dalla considerazione secondo cui la denuncia di successione avrebbe natura meramente fiscale, a differenza della voltura, alla quale si ricollegherebbero anche effetti civilistici.

La dottrina più recente[3], invece, nell'analizzare specificamente la questione, ha preso le distanze sia dalla posizione appena riportata, sia dal conforme orientamento giurisprudenziale, che di qui a poco si esporrà, arrivando, attraverso considerazioni critiche, a diversa conclusione. Seppure tale dottrina concordi con il ritenere la presentazione della denuncia di successione un adempimento meramente fiscale (e, quindi, riconosca che essa non possa avere risvolti ulteriori civilistici), essa considera le due fattispecie - denuncia di successione e domanda di voltura catastale - sorrette dalla medesima ratio. Entrambi gli adempimenti, dunque, non potrebbero comportare accettazione tacita, in quanto anche la voltura catastale avrebbe rilevanza dal punto di vista esclusivamente fiscale. Si sottolinea, inoltre, come giammai le risultanze catastali possano fungere da elemento idoneo e sufficiente ad evincere la titolarità di un diritto reale, pieno o limitato, su di un bene immobile.

L'indirizzo giurisprudenziale sulle conseguenze in termini di accettazione tacita derivanti dalla presentazione della denuncia di successione e della voltura catastale trae origine da una sentenza della fine degli anni novanta[4].

La Suprema Corte ha sancito che "l'accettazione tacita dell'eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato all'eredità che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale. Infatti in tal caso l'atto (voltura catastale) rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell'imposta, ma anche dal punto di vista civile per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi. Soltanto chi intenda accettare l'eredità, in effetti, assume l'onere di effettuare la voltura catastale e di attuare il passaggio della proprietà dal de cuius a sé stesso". La decisione sopra riportata è stata, poi, seguita da due successivi arresti[5] che, pur originate da diverse fattispecie, ne hanno sostanzialmente confermato il principio enunciato, dando così origine ad un orientamento giurisprudenziale, che oggi potrebbe dirsi consolidato[6].

In contrapposizione a questo "granitico" indirizzo giurisprudenziale si pone la decisione della II Sez. civile del Tribunale di Torino in esame, che si discosta da tale indirizzo.

Punto di partenza del tessuto argomentativo dell"ordinanza è l"analisi del combinato disposto degli artt. 28, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ("Testo unico delle disposizioni concernenti l"imposta sulle successioni e donazioni") e 3, commi 2-3, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650 ("Perfezionamento e revisione del sistema catastale"), per cui coloro che sono tenuti alla presentazione delle denunce di successione – indicati nel comma 2 dell"art. 28, d.lgs. n. 346/1990, laddove i primi ad essere menzionati sono i chiamati all"eredità – devono richiedere la voltura catastale entro trenta giorni dalla denuncia. Orbene, l"osservanza di quest"adempimento (imposto per i beni iscritti tanto nel catasto dei terreni quanto nel catasto edilizio urbano, in forza del rinvio operato dall"art. 14, D.P.R. n. 650/1972) è presidiata, ai sensi dell"art. 12, D.P.R. n. 650/1972, da una sanzione pecuniaria che, "seppur di esiguo valore", assume un rilievo decisivo rispetto alla tesi sostenuta dal giudicante circa l"inidoneità della voltura catastale ad integrare l"accettazione tacita d"eredità ex art. 476 c.c.; ciò in quanto la sanzione connota in termini di obbligatorietà l"adempimento de quo (nonché il rispetto del relativo termine), escludendo così la volontà di accettare, che il comportamento concludente di accettazione tacita deve per sua natura necessariamente presupporre. Così, per usare le parole del giudice torinese, "trattandosi di un atto legalmente dovuto, la cui inosservanza è formalmente sanzionata, la voltura catastale non può pertanto essere ricondotta all"alveo degli atti di accettazione tacita di eredità, dal momento che questi ultimi presuppongono un comportamento concludente, da parte del chiamato, la cui esecuzione deve essere rimessa al suo libero arbitrio".[7]

L'aderire all'una piuttosto che all'altra delle ricostruzioni dottrinarie che sono state esposte nel precedente capitolo, ai fini della risoluzione della problematica in esame non ha, tutto sommato, alcuna rilevanza.

Se si reputasse che l'accettazione tacita abbia natura giuridica di atto in senso stretto, non si potrebbe comunque ritenere che l'avvenuta voltura sia di per sé, isolatamente considerata, idonea a realizzare gli effetti di cui all'art. 476 cod. civ. Laddove, invece, se ne volesse sostenere la negozialità, come negozio di attuazione ovvero più semplicemente come negozio giuridico, si imporrebbe, quantomeno, una analisi ben più approfondita del singolo caso, per valutare la sussistenza dell'animus, non essendo certamente sufficiente, in proposito, la mera presentazione della domanda di voltura. Al più, potrebbe costituire un indizio per l'interprete, da valutare nel complesso del comportamento tenuto dal delato, così come per la presentazione della denuncia di successione ha fatto la giurisprudenza dinanzi richiamata.

Tuttavia, ci si è poco soffermati sul motivo per il quale, ove anche si aderisse a quest'ultima ricostruzione, la presentazione della voltura catastale non potrebbe essere comunque ritenuta idonea a comportare una accettazione tacita di eredità.

L'analisi deve, allora, essere necessariamente incentrata sulla diversa funzione che hanno nel nostro ordinamento le risultanze catastali e quelle dei registri immobiliari, perché l'orientamento giurisprudenziale che si è andato sempre più consolidando, e che trova a suo sostegno le opinioni della dottrina più risalente, finisce col basarsi sul presupposto (invero non condivisibile) secondo cui la  voltura catastale di un bene immobile appartenente al de cuius in favore degli eredi (rectius: delati) sarebbe atto rilevante ai fini del riconoscimento della proprietà dei beni rientranti nell'asse. In breve, a voler sostenere che l'accettazione tacita prescinda dall'elemento volontaristico, ciò implicherebbe che la valutazione della idoneità del relativo comportamento debba avere ad oggetto il solo atto compiuto. Ma tale elemento sembra mancare del tutto nella richiesta di voltura. Nel nostro ordinamento, la semplice intestazione catastale dei beni non può costituire elemento idoneo sul piano del riconoscimento del diritto di proprietà: solo le risultanze dei registri immobiliari presso l'Agenzia del Territorio sono, in effetti, strumento incidente sulla titolarità del diritto di proprietà .

Spesso, vi è addirittura divergenza tra le risultanze catastali e quelle dei registri immobiliari, tanto che vi è, oggi, un obbligo, legislativamente sancito per il notaio rogante, di effettuare, come già accennato, una verifica preliminare alla stipula. Non si vede, quindi, come si possa attribuire, senza alcuno spunto di carattere normativo, immediata rilevanza, ai fini del trasferimento, alla semplice presentazione della voltura. In ogni caso, insomma, la conclusione in parola non può essere basata solo ed esclusivamente sulla rilevanza che nel nostro ordinamento assume il sistema catastale, in quanto, , lo scopo dello stesso sicuramente non è quello di incidere sulla titolarità della proprietà.

La questione in oggetto inoltre svela, anche secondo un recente studio del consiglio nazionale del notariato[8] contraddizioni non nuove nel delicato rapporto tra il diritto civile e il diritto pubblico (in generale e tributario in particolare).

Il consiglio notarile sottolinea come l"esecuzione della voltura catastale possa avvenire su impulso di (a seguito della domanda di) uno solo dei chiamati, nella più totale inerzia, in tal senso, degli altri chiamati all"eredità.



[1] GIANNATTASIO, Delle successioni. Disposizioni generali - Successioni legittime, I, in Commentario del codice civile, I, Torino, 1959, 103; C.M.BIANCA, op.cit.,535; BARBERO, Sistema Istituzionale del diritto privato, II, Como- Milano, 1946, 813 ss.; GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2009, 451

[2] V., ad es., PALAZZO, Le successioni, I, nel Trattato a cura di Iudica e Zatti, Milano , 2000, 257.

[3] VISALLI e VITTORIA, La voltura catastale attua il passaggio della proprietà degli immobili? Riflessioni, in Giust. civ., 2003, I, 1094.

[4] CASS., 7 luglio 1999, n. 7075, in Rep. Foro it., 1999, voce Successione ereditaria, n. 57. Nel caso in questione, la Cassazione si è trovata a dover dirimere una controversia sorta tra più fratelli, chiamati alla eredità paterna, avente ad oggetto la titolarità dell'unico cespite ereditario. I chiamati all'eredità avevano esperito azione per ottenere la divisione giudiziale del bene ereditario, occupato in via esclusiva da uno dei condividenti, il quale veniva convenuto in giudizio, perché ritenuto di ostacolo alle operazioni divisorie.

Il convenuto, a sua volta, asseriva di essere unico erede, in quanto gli altri chiamati non avevano fatto altro che presentare la denuncia di successione, pagarne le relative imposte ed effettuare la voltura, disinteressandosi in seguito totalmente del bene. Egli sosteneva, cioè, che gli atti posti in essere dai fratelli fossero inidonei a configurare un'ipotesi di accettazione tacita ex art. 476 cod. civ.

[5] CASS., 22 marzo 1999, n. 2663, in Riv. notar., 1999, 1538, con nota di BARBAGALLO; CASS., 11 maggio 2009, n.10796, in Riv. notar., 2010, 214.

[6] Nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Milano sez. IV civ., 12 febbraio 2013, n. 1994; App. Roma, sez. III civ., 24 febbraio 2012; App. Firenze, sez. I civ., 30 agosto 2005, n. 1198

[7] La natura di tipo (esclusivamente) fiscale-tributario delle funzioni svolte dal catasto sia stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza, sia civile (cfr. Trib. L"Aquila 24 marzo 2015, n. 286), sia amministrativa [v., Cons. Stato sez. VI, 9 febbraio 2015, n. 631; Cons. Stato sez. V, 17 giugno 2014, n. 3096; T.A.R. Parma (Emilia-Romagna), sez. I, 25 agosto 2016, n. 248].

 

[8] CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO studio n. 148-2012/C, La devoluzione dell"eredità nella successione ab intestato: la rinuncia di uno dei chiamati - Questioni vecchie e nuove a proposito dell"art. 522 del codice civile, approvato dalla commissione studi civilistici del 14 giugno 2012.




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