Una società consortile, che gestisce una serie di laboratori di diagnostica, autorizzata e accreditata dal sistema sanitario regionale, ha presentato ricorso contro la decisione di una Asl di non riconoscere le prestazioni sanitarie erogate in regime di convenzione. Nel dettaglio, la società ricorrente ha formulato, tra le altre, le seguenti censure al provvedimento di diniego:
- Il provvedimento di accreditamento rappresenta un “atto di natura concessoria attributiva di un’utilità che non può essere negata sul mero presupposto della saturazione del fabbisogno”;
- L’accreditamento deve garantire il rispetto del principio di concorrenzialità, che “sarebbe funzionale all’elevazione della qualità dell’offerta sanitaria erogata dai privati”;
- Ragionando in termini contrari, “si determinerebbe una sorta di blocco del mercato con l’attribuzione di un privilegio agli operatori” già accreditati;
- Il regolamento regionale demanda alle autorità sanitarie locali di verificare in concreto la struttura dell’offerta e la qualità delle prestazioni disponibili in relazione al fabbisogno;
- Un provvedimento regionale non può “modellare l’offerta in modo da privilegiare quella pubblica senza che vi sia alcuna fonte normativa che abiliti l’Amministrazione a compiere una scelta siffatta”.
Il Tar Campania, sez. I, con sentenza 8 maggio 2023, n. 2806, ha accolto le doglianze della società ricorrente, motivando come segue:
- Dalla disciplina normativa di riferimento (in primis, d. lgs. n. 502/1992 e s.m.i.) discende che l’atto amministrativo su cui si basa il sistema dell’accreditamento in sanità è composto di quattro “distinti sub-procedimenti, tutti a matrice amministrativo-pubblicistica”;
- Essi sono: l’autorizzazione, subordinata alla verifica del fabbisogno; l’accreditamento, subordinato alla verifica del fabbisogno; fissazione del limite delle prestazioni annuali acquistate da parte della regione, cioè il “budget” per singola struttura accreditata; sottoscrizione del contratto annuale di fornitura delle prestazioni;
- Da quanto sopra descritto, discende che senza accreditamento non ricorrono i presupposti necessari per poter contrarre con l’amministrazione pubblica e senza verifica positiva del fabbisogno non è possibile ottenere l’accreditamento;
- L’accreditamento attribuisce a che ne è titolare una posizione concorrenziale di plusvalore rispetto agli altri operatori privati;
- La definizione del fabbisogno finisce per incidere sulle concrete possibilità di conseguire l’accreditamento;
- La mancata predisposizione di meccanismi volti a regolamentare l’accesso al mercato delle strutture sanitarie private non permette a queste ultime, anche se in possesso dei requisiti strutturali, di risultare concretamente contrattualizzate a causa del rilevato esaurimento del fabbisogno sanitario;
- La saturazione del fabbisogno può dipendere da contingenze momentanee senza che si possa escludere che immediatamente dopo la reiezione dell’istanza di accreditamento si possa creare una carenza nell’offerta di servizi e prestazioni che, conseguentemente,,
- porta l’amministrazione sanitaria a concedere l’accreditamento ad un’altra organizzazione;
- L’Autorità antitrust ha richiamato la necessità che anche nel settore sanitario sia garantito un assetto concorrenziale tra le unità private di offerta;
- È pur vero che la Direttiva 123/2006 stabilisce che i servizi sanitari non debbano essere ricondotti tra le attività economiche oggetto di liberalizzazione;
- Tuttavia, i Trattati UE non accettano ingiustificate restrizioni alle libertà fondamentali;
- Anche i soggetti privati erogatori di servizi e prestazioni sanitarie sono riconducibili nella nozione di operatori economici in senso eurounitario;
- Il principio di sussidiarietà, che caratterizza il rapporto tra enti pubblici e soggetti privati in ambito sanitario, non può ammettere restrizioni nell’accesso al mercato delle prestazioni;
- Il fabbisogno, dunque, non può rappresentare un limite di tipo quantitativo e di contingentamento;
- Il fabbisogno costituisce, soprattutto, un parametro qualitativo e funzionale ad accertare la qualità dell’offerta assistenziale di quanti non sono ancora inseriti nel sistema, in forza del principio di sussidiarietà;
- La legge Concorrenza per il 2022 (l. n. 118/2022) impone alle amministrazioni sanitarie di svolgere la selezione dei soggetti privati accreditati “in base a procedure trasparenti e non discrimininatorie”.
I giudici amministrativi campani, in ultima analisi, evidenziano che l’istituto dell’accreditamento, anche se finalizzato ad assicurare l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, non può prescindere – in specie alla luce dell’art. 15 della recente legge n. 118/2022 – dall’osservanza dei principi di concorrenza e imparzialità.
In altri termini, ad una prima lettura della sentenza de qua, sembrerebbe che il principio costituzionale garantito dall’art. 41 (libertà di iniziativa di privata) debba naturaliter trovare un giusto equilibrio con l’altro principio costituzionale (art. 32) riguardante il diritto alla salute.