Pubblica amministrazione  -  Alceste Santuari  -  25/08/2022

L’art. 56 Codice del Terzo settore e l’utilizzo dei beni pubblici – Tar Lazio 10886/2022

Si è soliti pensare che le modalità di coinvolgimento attivo degli Enti del Terzo settore siano principalmente quelle relative alla progettazione, realizzazione e gestione di servizi o attività di interesse generale.

Gli istituti collaborativi di cui agli artt. 55 e seguenti del Codice del Terzo settore, tuttavia, possono applicarsi anche all’utilizzo e gestione di beni di proprietà pubblica.

Nel caso in commento, un comune ha ritenuto di esperire la procedura prevista dall’art. 56 del Codice del Terzo settore, che prevede che le amministrazioni pubbliche e gli Enti del Terzo Settore possono stipulare convenzioni “finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato” (comma 1), a condizione che i secondi siano individuati dalle prime mediante procedure comparative riservate, da svolgersi “nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento” (comma 3) e che le convenzioni siano complete di una serie di contenuti, meglio precisati nello stesso articolo, tra i quali clausole attinenti la regolazione dei “rapporti finanziari riguardanti le spese da ammettere a rimborso fra le quali devono figurare necessariamente gli oneri relativi alla copertura assicurativa, le modalità di risoluzione del rapporto, forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità, la verifica dei reciproci adempimenti, nonchè le modalità di rimborso delle spese, nel rispetto del principio dell'effettività delle stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all'attività oggetto della convenzione.”

In forza dell’art. 56, dunque, l’ente locale ha approvato un avviso di manifestazione di interesse e uno schema di convenzione per l’affidamento della gestione di un museo, individuando, conseguentemente, l’oggetto dell’affidamento, i criteri di valutazione e la composizione della commissione tecnica valutatrice.

L’esito della procedura (assegnazione della gestione del museo ad una associazione) è stato contestato da un’altra associazione, che l’ha impugnata avanti al giudice amministrativo. Il Tar Lazio, sez. seconda bis, con la sentenza 2 agosto 2022, n. 10886, ha respinto il ricorso motivando quanto segue:

  1. La mera inclusione all’interno del bando di un telescopio e di altri strumenti di proprietà o di impianti realizzati dall’associazione ricorrente su area di proprietà del comune su area dell’Ente non implica effetto alcuno sulla consistenza e tutelabilità del diritto di proprietà, ai fini delle corrispondenti azioni di diritto civile (come ad esempio ai fini di un’azione di rivendica o altre forme di tutela della corrispondente situazione giuridica);
  2. Il comune non aveva alcun obbligo di affidare la gestione all’associazione che operava da tempo sull’area individuata nell’avviso, specie considerando che non intercorreva tra la medesima associazione e l’ente locale alcun accordo formalizzato, bensì una deliberazione di giunta cui non ha fatto mai seguito la sottoscrizione di un contratto, che – come noto – richiede la forma scritta “ad substantiam”;
  3. tuttavia, poiché l’ente locale e la ricorrente hanno di fatto eseguito la delibera comunale, il fatto che la ricorrente ha occupato e gestito il bene in conformità al disciplinare (ancorchè non sottoscritto), implica non tanto che il periodo trascorso è privo di effetti, ma solo che il relativo rapporto è precario ed è come tale revocabile in ogni tempo;
  4. si tratta della revocabilità da parte del comodante che è caratteristica intrinseca del contratto di comodato (o uso gratuito e precario dell’area);
  5. non può configurarsi in capo all’occupante detentrice del bene alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto o alla preferenza rispetto ad altri concessionari, quindi neppure un titolo per poter contestare l’avvio di una formale procedura di assegnazione tramite evidenza pubblica;
  6. la ricorrente non può far valere l’illegittimità dell’avviso di manifestazione di interesse nel presupposto che il bene che ne ha formato oggetto non fosse disponibile (in tutto o in parte);
  7. l’avvio di una procedura ad evidenza pubblica supera qualsiasi contatto o rapporto intercorso tra l’assegnataria dell’attività e l’ente locale, attraverso il quale l’associazione avrebbe potuto avanzare una propria autonoma proposta di utilizzo ovvero gestione dell’area comunale. Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del decreto del Ministero del Lavoro n. 72 del 2021, la co-progettazione può essere anche di iniziativa da parte degli enti di terzo settore, a seguito della quale l’ente pubblico, qualora ne riconosca l’interesse generale, procede con la pubblicazione di una avviso di manifestazione di interesse rivolto a tutti i potenziali interessati;
  8. fermi restando ovviamente profili di responsabilità personale o soggettiva di amministratori o funzionari dell’Ente, laddove dovessero verificarsene i presupposti, per comportamenti o fatti estranei al procedimento;
  9. il caso di specie riguarda una procedura avente ad oggetto “l’affidamento procedimentalizzato di un bene di proprietà dell’Ente, con contestuale servizio di gestione, riservato a favore di organismi del c.d. Terzo Settore (organizzazioni non lucrative)”;
  10. il procedimento è improntato ai principi di cui all’art. 30 comma 1 del D.Lgs. 50/2016 (ossia principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza) come richiamati e recepiti nell’art. 56 del d.lgs. 117/2017 (“codice del terzo settore”);
  11. nell’avviso, l’ente locale ha evidenziato il relativo criterio selettivo in tre parametri specifici, ciascuno dei quali è stato oggetto di un apprezzamento, sia pure svolto in maniera non numerica, ma in termini discorsivi, ossia mediante espressione di un giudizio di valore, che non risulta incongruo o manifestamente sproporzionato o irragionevole;
  12. La valutazione delle proposte progettuali ai sensi dell’art. 56 CTS prescindono, “tra i criteri di comparazione delle proposte (in tutto o in parte), dall’elemento prezzo, indispensabile invece nelle procedure di mercato”;
  13. L’assenza di comparazione fondata sull’elemento prezzo risulta coerente con il coinvolgimento degli enti del Terzo Settore, i quali sono caratterizzati “dalla mancanza di lucro” e, pertanto, non è ipotizzabile ovvero opportuno “affidare la selezione dei contraenti a forme di ribasso o di selezione mediante offerta economicamente più vantaggiosa che si risolverebbero (fermi i costi) in una compressione della qualità delle prestazioni”;
  14. In assenza di criteri di valutazione matematico-economici, i parametri delle selezioni dei contraenti ai fini della stipula delle convenzioni ex art. 56 del d.lgs. 11/2017, possono sostanziarsi in criteri predeterminati affidati, nella loro applicazione, a motivazioni discorsive e non (o non solo) numeriche, nel quale i commissari che hanno condotto la valutazione delle proposte, hanno espresso giudizi articolati e non manifestamente incongrui o contraddittori.

 

Il caso in esame presenta alcuni profili di indubbio interesse, in particolare se si pensa che riguarda l’affidamento di un bene immobile comunale cui si è aggiunta anche la gestione di un polo museale locale. In primo luogo, merita segnalare la volontà dell’ente locale di ricorrere all’art. 56 del Codice del Terzo settore, ritenuto procedura adeguata e coerente per assegnare la proprietà pubblica e la relativa gestione ad un’associazione. In secondo luogo, l’articolo in parola permette, in una dinamica combinata, di rispondere a due esigenze, segnatamente, la “presa in carico” di un bene di proprietà pubblica e la sua gestione a fini generali. In terzo luogo, la procedura ex art. 56 CTS permette di valorizzare le proposte progettuali formulate dai soggetti non lucrativi che operano in determinati settori, consentendo, allo stesso tempo, una autentica e sana competizione tra le stesse (il termine competere deriva dal latino “cum-petere”, che esprime convergenza, direzione comune tra quanti concorrono).

In ultima analisi, il rapporto collaborativo delineato nell’art. 56 del CTS identifica il paradigma sussidiario, antitetico a quello autoritativo, a quello per prestazione e, infine, a quello di regolazione per la concorrenza, che permette alle pubbliche amministrazioni di “ingaggiare” le organizzazioni non profit, caratterizzate da non lucratività e dal perseguimento di finalità di interesse generale, in progetti, attività e servizi definiti da un alto grado di cooperazione e condivisione.

 




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