-  Mazzon Riccardo  -  30/05/2014

L'ATTIVITA' EDILE (ANCHE DI RECINZIONE CANTIERE O SCAVO) E' ATTIVITA' PERICOLOSA EX ART. 2050 C.C.? - Riccardo MAZZON

Per recente giurisprudenza, l'attività edilizia è pericolosa, ai fini indicati dall'articolo 2050 del codice civile, quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose e scavi profondi e interessanti vaste aree; non lo è, invece - a meno di ulteriori elementi concreti che possano far modificare il giudizio al quale è chiamato il magistrato:

"l'attività edilizia può essere qualificata attività pericolosa ex art. 2050 c.c. (con conseguente applicabilità della relativa presunzione - cfr. amplius il volume "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012 -) quando, per la sua natura e per le caratteristiche dei mezzi usati, evidenzi una rilevante probabilità di cagionare danni anche per mera omissione di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare alla stregua delle norme di comune diligenza e prudenza" (Trib. Monza 29 agosto 2003, GMil, 2004, 56)

qualora sia pacifico in causa che si è a fronte di un'operazione di scavo su una limitatissima superficie (nella fattispecie concreta oggetto della seguente pronuncia, in particolare, la superficie appariva estesa un solo metro quadro, in zona agricola, lontano da altre costruzioni: pertanto, non poteva invocarsi la presunzione di cui alla predetta disposizione, nell'ipotesi del tranciamento di una linea telefonica, occorso durante lavori di scavo estesi su una modesta superficie):

"in applicazione della disposizione di cui all'art. 2050 c.c. sono pericolose oltre alle attività che tali sono qualificate dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, anche le diverse attività che comportino là rilevante probabilità del verificarsi del danno, per la loro stessa natura e per le caratteristiche dei mezzi usati. A tale riguardo l'attività edilizia è pericolosa (ai fini indicati da detta norma) quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose e scavi profondi e interessanti vaste aree. È palese, per l'effetto, la erronea interpretazione dell'art. 2050 c.c. data dalla sentenza del giudice del merito che ritenga di potere applicare, la disciplina questa ultima disposizione, qualora sia pacifico in causa, che non si è a fronte di rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose e scavi profondi e interessanti vaste aree, ma di una operazione di scavo su una limitatissima superficie" (Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2009, n. 8688, GDir, 2010, 44; GCM, 2009, 4, 614; FI, 2009, 10, 2680).

Peraltro, è opportuno evidenziare come l'attività edilizia presenti una tale varietà d'esecuzione e una tale vastità di mezzi utilizzabili

"ai fini della responsabilità sancita dall'art. 2050 c.c., debbono essere ritenute pericolose, oltre alle attività previste dall'art. 46 e ss. del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza ed alle attività prese in considerazione per la prevenzione degli infortuni o la tutela dell'incolumità pubblica, anche tutte quelle altre che, pur non essendo specificate o disciplinate, abbiano tuttavia una pericolosità intrinseca o comunque dipendente dalla modalità di esercizio o dai mezzi di lavoro impegnati, ivi compresa quella edilizia che per le attrezzature, impalcature, ponteggi ecc. ed i macchinari (e scavatrici, betoniere, ruspe ecc.) utilizzati, impone a chi la esercita un obbligo di particolare prudenza al fine di evitare danni a persone o cose" (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 1987, n. 8304, GCM, 1987, fasc. 11)

che, in effetti, risulta difficile immaginare situazioni prive di quelle caratteristiche richieste dalla giurisprudenza (cfr. capitolo diciassettesimo del presente volume) onde configurare tout-court la pericolosità concreta di tale attività: si pensi, quale esempio emblematico, al mero allestimento di cantiere,

"rientra tra le attività pericolose di cui all'art. 2050 c.c. anche quella edilizia. Un cantiere, anche di piccole dimensioni, per la presenza di ponteggi, di materiali sparsi e di ostacoli di vario tipo, costituisce situazione di pericolo per le persone estranee, con il conseguente obbligo per chi lo ha allestito di adottare tutte le misure necessarie per evitare danni a terzi. Spetta, dunque, a chi ha allestito il cantiere l'onere della prova liberatoria di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno" (Trib. Padova, sez. II, 26 ottobre 2006, n. 2406, MGI, 2009)

anche nella sua fase statica:

"ai fini dell'imputazione della responsabilità per danni derivanti da attività pericolosa ex art. 2050 c.c., il carattere della pericolosità di un'attività edilizia è ravvisabile non solo nel caso di cantiere attivo (fase dinamica), ma anche se questo è inattivo (fase statica), soprattutto quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o di spostamento di masse terrose, nonché scavi profondi ed interessanti vaste aree, con la creazione (nella specie, per la costruzione di uno stadio) di notevoli dislivelli" (Cass. civ., sez. III, 3 novembre 1995, n. 11452, GCM, 1995, fasc. 11).

A riprova di quanto testé affermato stà il fatto che la giurisprudenza è intervenuta, in argomento, con frequenza straordinaria, dirimendo fattispecie riguardanti, ad esempio:

  • la caduta accidentale di calcinacci dalla carrucola, sollevata dal montacarichi (nel caso di specie, nel giudizio di opposizione al verbale di irrogazione di sanzione amministrativa, è risultata carente la prova che un evento esterno all'influenza dell'imprenditore aveva causato la caduta accidentale di calcinacci dalla carrucola sollevata dal montacarichi);

"premesso che l'impresa edile esercita un'attività pericolosa da cui, ai sensi dell'art. 2050 c.c., va esente se prova di aver tutto il possibile per evitare il danno, se l'evento lesivo si è verificato perché nella serie causale si è inserita l'attività umana, la responsabilità è quella propria da custodia regolata dall'art. 2051 c.c., il quale considera come causa esimente il fortuito, il fatto del terzo o quello stesso danneggiato. In definitiva il danno deve essere stato prodotto da qualcosa che è all'esterno dell'influenza del proprietario/custode" (GdP Bari 11 giugno 2010, n. 5048, Giurisprudenzabarese.it, 2010) 

  • l'attività di sabbiatura (nella specie, espletata su muri perimetrali di un edificio);

"l'attività di "sabbiatura" è indiscutibilmente qualificabile come "pericolosa" ai sensi dell'art. 2050 c.c., stante la natura dell'attività esercitata ed i mezzi adoperati, aggravata dal comportamento consistito nel proseguire i lavori nella consapevolezza, giusta denuncia ex art. 1655 c.c., che gli accorgimenti presi non siano per nulla idonei a proteggere oggetti e persone dalla pericolosità dell'attività svolta" (GdP Bari, sez. VI, 8 giugno 2010, n. 4922, Giurisprudenzabarese.it, 2010) 

  • la sostituzione di guaina bituminosa mediante utilizzo di bombole a gpl;

"l'attività di sostituzione di guaina bituminosa mediante utilizzo di bombole a gpl deve qualificarsi come attività pericolosa, sia per la natura dei mezzi adoperati, sia per la natura stessa dell'attività, fonte di pericolo superiore a quello normalmente connesso all'esercizio di altre attività imprenditoriali" (Trib. Tivoli 13 aprile 2010, n. 537, Redazione Giuffrè, 2010) 

  • il sollevamento di un pesante tetto;

"l'attività di sollevamento di un pesante tetto, da una costruzione preesistente, è operazione estremamente delicata, come tale comportante un pericolo per persone e cose ben più intenso di quello già di per sé sempre presente nell'attività edilizia, di talché essa ricade sotto la previsione di cui all'art. 2050 c.c., che pone una presunzione di responsabilità, vincibile unicamente con la prova che sono state "adottate tutte le misure idonee a evitare il danno" (Trib. Bolzano, sez. lav., 9 marzo 2006, Redazione Giuffrè, 2010) 

  • l'installazione di impianto elettrico in casa di abitazione;

"in tema di responsabilità per esercizio di attività pericolosa (nella specie, installazione di impianto elettrico in casa di abitazione), la presunzione di colpa a carico del danneggiante posta dall'art. 2050 c.c. presuppone il previo accertamento dell'esistenza del nesso eziologico -la cui prova incombe al danneggiato - tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, non potendo il soggetto agente essere investito da una presunzione di responsabilità rispetto ad un evento che non è ad esso in alcun modo riconducibile" (Cass. civ., sez. II, 9 marzo 2006, n. 5080, GCM, 2006, 5) 

  • l'esecuzione di lavori su strada pubblica (la pronuncia che segue è stata rilasciata con riferimento a fattispecie di lavori stradali eseguiti su di un marciapiedi senza l'adozione di cartelli di pericolo e di appositi ripari, come stabilito dall'art. 8, lett. b) d.P.R. n. 393 del 1959, vigente all'epoca dei fatti):

"l'esercente di un'attività di esecuzione di lavori sulla pubblica strada - da considerarsi pericolosa, ex art. 2050 c.c., costituendo i lavori stessi fonte di pericolo per gli utenti - è assoggettato alla presunzione di responsabilità di cui alla norma codicistica in relazione dei danni subiti dagli utenti della strada a causa e nello svolgimento dell'attività stessa, presunzione, peraltro, superabile mercè la dimostrazione di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, in ordine alla scelta delle quali egli dispone di un margine di discrezionalità (da esercitare facendo uso della normale prudenza e tenendo conto dello sviluppo della tecnica e delle condizioni pratiche in cui l'attività si svolge) sempre che non sia la legge stessa ad imporre l'obbligo di adottare talune misure, sicché detta presunzione torna ad operare nei confronti dell'esercente che abbia adottato misure diverse da quelle prescritte da norme legislative o regolamentari, senza che, in tal caso, vi sia possibilità di valutare l'idoneità di quelle, diverse, eventualmente adottate" (Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2003, n. 7298, DResp, 2004, 181; GI, 2004, 974; GCM, 2003, 5).

Ulteriormente:

  • la sistemazione di linee elettriche a bassa tensione nel sottosuolo di un agglomerato urbano (nella specie, protette con mattoni di cotto concavi);

"la sistemazione di linee elettriche a bassa tensione nel sottosuolo di un agglomerato urbano, con adeguata cautela non è attività pericolosa, mentre lo è l'esecuzione di lavori di scavo con mezzo meccanico idoneo a danneggiare le opere di servizio sistemate nel sottosuolo suddetto (come condutture fognarie, acquedotti, linee elettriche e telefoniche); pertanto, nell'ipotesi di linee elettriche danneggiate dallo scavo, valutata come colposa e pericolosa l'attività dello scavatore, questi va condannato al risarcimento del danno, ai sensi degli art. 2043 e 2050 c.c." (GdP S.Anastasia 9 settembre 2002, GM, 2003, 248)  

  • il controllo e la verifica di ancoraggio dell'intonaco delle facciate di un edificio;

"i lavori di controllo e verifica di ancoraggio dell'intonaco delle facciate di un edificio, se comportano la caduta al suolo di calcinacci, costituiscono, per le modalità della loro esecuzione, attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c." (GdP Perugia 25 luglio 1997, RGU, 1998, 450) 

  • lavori edilizi che importino modificazione dei luoghi adibiti a pubblico passaggio (nella specie, è stata ritenuta pericolosa l'attività di una impresa che, nell'esecuzione di lavori edilizi, aveva creato un dislivello - prima inesistente - tra il marciapiede e il sedime viario);

"l'esecuzione dei lavori edilizi che importino modificazione dei luoghi adibiti a pubblico passaggio costituisce attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c.: oltre a quelle considerate tali dalla legge, debbono infatti considerarsi pericolose, a norma dell'art. 2050, tutte le attività nelle quali sia obiettivamente riscontrabile una pericolosità intrinseca, sia in relazione alle modalità e agli strumenti con cui sono esercitate, sia in relazione alla circostanza che il loro svolgimento determini, in luoghi in cui abbia accesso il pubblico, modificazioni tali da renderli pericolosi; costituisce esercizio di attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c., l'attività d'impresa che per i metodi usati, per gli strumenti adoperati, per le immutazioni arrecate allo stato dei luoghi cui ha accesso il pubblico, sia suscettibile di esporre gli utenti della pubblica via al rischio di una errata percezione del pericolo" (Cass. civ., sez. III, 8 novembre 1996, n. 9743, SI, 1997, 190; GCM, 1996, 1482) 

  • l'allestimento di un'impalcatura sulla facciata di un edificio (nella specie, è stata ritenuta pericolosa, ai fini di cui all'art. 2050 c.c., l'attività di allestimento di un'impalcatura sulla facciata di un edificio);

"costituisce attività pericolosa quella che, per le caratteristiche dei mezzi utilizzati, comporta la rilevante possibilità del verificarsi di un danno" (Trib. Milano 17 novembre 1994, GIUS, 1995, 266) 

  • il rifacimento di un intonaco;

"per "attività pericolose", in relazione al cui svolgimento dell'art. 2050 c.c. stabilisce una presunzione di responsabilità per chi le esercita, devono intendersi quelle che sono qualificate tali dalla legge di pubblica sicurezza o da altre specifiche norme oppure che abbiano insita la pericolosità nei mezzi adoperati o nella loro stessa natura. Ne consegue che non possa considerarsi "attività pericolosa" quella di rifacimento di un intonaco, anche se ricompresa, ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, fra quelle per le quali è obbligatoria l'assicurazione contro gli infortuni, trattandosi di una normativa che intenda assicurare un'indennità a coloro che subiscono incidenti sul lavoro, ma che non implica che le attività contemplate siano intrinsecamente pericolose, dipendendo al contrario la pericolosità soltanto dalle modalità di esercizio delle attività o dei mezzi impiegati per espletarle, senza che ulteriori disposizioni normative, quali la legge di pubblica sicurezza o le norme contro gli infortuni sul lavoro (d.P.R. n. 547 del 1955 e n. 302 del 1956) contengano particolari regole in relazione alle attività svolte con la calce, al di fuori delle generiche regole, dirette ad evitare danni agli addetti ai lavori, variabili a seconda del genere di lavoro svolto" (Cass. civ., sez. III, 17 dicembre 1991, n. 13564, GCM, 1991, fasc. 12) 

  • il rifacimento di un traliccio dell'energia elettrica, in luogo di quello caduto;

"le attività prese in considerazione, per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni, dal d.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164 rientrano fra le attività pericolose ai fini di quanto disposto dall'art. 2050 c.c.; pertanto, ai sensi di tale norma, dei danni subiti dall'Enel per avere dovuto procedere al rifacimento di un traliccio dell'energia elettrica in luogo di quello caduto in occasione dello sbancamento del terreno sul quale questo era stato installato, è responsabile il proprietario di tale terreno qualora risulti che la caduta del traliccio sia stata provocata, direttamente e con stretto e prevedibile nesso causale, dall'esecuzione di opere di sbancamento, tenuto anche conto della natura del mezzo meccanico all'uopo impiegato e delle condizioni di perfetta stabilità del manufatto predetto, e risulti, inoltre, che il danneggiante non abbia fornito la prova, a lui facente carico, di avere osservato, per evitare il danno, le cautele descritte dall'art. 12 del citato d.P.R. n. 164 del 1956 in tema di lavori di "splateamento e sbancamento", nel mentre l'osservanza delle cautele medesime si palesava indispensabile anche in relazione alla circostanza che lo sbancamento era eseguito a breve distanza dal traliccio" (App. Brescia 24 marzo 1988, RGEnel, 1989, 156) 

  • la realizzazione di un porto:

"va confermata la sentenza di merito che, in relazione ai danni subiti dai proprietari di una villa investita da una mareggiata, abbia riconosciuto la responsabilità dell'ente pubblico (nella specie, Agensud) che aveva deliberato la realizzazione di un porto in quella zona e, quindi, svolto compiti di finanziamento e di controllo sull'esecuzione dell'opera, da cui erano derivati l'erosione di terreni litoranei e il ravvicinamento del mare all'abitazione, originariamente edificata a una distanza significativa dalla costa" (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2007, n. 10300, FI, 2007, 6, 1685). 

Quanto all'attività di scavo, è opportuno altresì notare come la giurisprudenza, pur prevalentemente ritenendo che sia necessario vagliare la pericolosità di tale attività caso per caso,

"l'attività di escavazione non costituisce attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c., salvo che sia eseguita in luoghi o situazioni particolari che comportino pericolo per gli altri, o salvo che siano impiegati macchinari in sè pericolosi" (Trib. Spoleto 15 gennaio 1997, RGU, 1997, 417)

tende ad estendere la responsabilità da essa scaturente, non limitandola al proprietario del terreno

"il proprietario che faccia eseguire sul suo fondo un'attività pericolosa di scavo ed il tecnico da lui designato quale direttore dei lavori (ai fini della responsabilità per attività pericolose di cui all'art. 2050 c.c. costituiscono attività pericolose non solo quelle che tali sono qualificate dalla legge di p.s. o da altre leggi speciali, ma anche quelle altre che comportano la rilevante possibilità del verificarsi del danno, per la loro stessa natura e per le caratteristiche dei mezzi usati, non solo nel caso di danno che sia conseguenza di un'azione ma anche nell'ipotesi di danno derivato da omissione di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare in relazione alla natura dell'attività esercitata alla stregua delle norme di comune diligenza e prudenza. Pertanto, di regola, l'attività edilizia, massimamente quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o spostamento di masse terrose e scavi profondi ed interessanti vaste aree, non può non essere considerata attività pericolosa ai fini indicati nella detta norma) rispondono in solido (art. 2055 c.c.) dei danni cagionati a terzi essendo in particolare il direttore dei lavori, quale ausiliario e mandatario del proprietario, obbligato ad attuare quella stessa sorveglianza e quella medesima ingerenza alle quali è tenuto il proprietario e comunque tenuto a norma dell'art. 2043 c.c. ad adoperarsi affinché l'attività sia eseguita a regola d'arte ed in guisa da non arrecare danni a terzi (a meno che questa non sia svolta a sua insaputa e fuori della sua sfera di sorveglianza) tali principi trovano applicazione anche nell'ipotesi in cui il proprietario del fondo abbia stipulato un contratto da appalto con terzi per l'esecuzione di detta attività, posto che egli, per il divieto di eseguire lavori di escavazione sul suo fondo, che cagionino danni al vicino, è tenuto a rispondere direttamente, unitamente ai suoi ausiliari e collaboratori, del danno derivato alla proprietà aliena, e ciò indipendentemente dal suo diritto di agire in rivalsa nei confronti dell'appaltatore" (Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 1988, n. 6739, GCM, 1988, fasc. 12) 

o all'esecutore,

"nell'esercizio di attività pericolosa, quale è quella edile, l'onere probatorio facente capo al danneggiante, al fine di andare esente da responsabilità, consiste nel dimostrare di aver adottato tutte le cautele idonee ad evitare il danno. Ne consegue che l'impresa di costruzioni deve essere ritenuta responsabile dei danni causati alla Telecom se, pur in assenza di segnalazioni del cavo danneggiato, in violazione delle normali regole di diligenza, ha iniziato gli scavi senza aver chiesto alla Telecom indicazioni sull'ubicazione dei cavi sotterranei" (Trib. Savona 6 agosto 2005, Redazione Giuffrè, 2005)

ma coinvolgendo anche progettista e direttore dei lavori - si confronti, a tal proposito, la seguente pronunci, dove si legge che nei confronti del titolare della ditta esecutrice di un'opera in materia edilizia e dell'architetto progettista della stessa, chiamati in causa dal committente proprietario dell'immobile, la domanda del danneggiato attore in causa deve ritenersi automaticamente estesa trattandosi di chiamata in garanzia c.d. propria, dovendosi osservare che, in capo agli stessi, sussiste responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 2050 c.c.,

"sia sotto il profilo della progettazione che sotto quello dell'esecuzione quando si tratta di attività edilizia, pericolosa per sua natura, da svolgersi in uno stabile di civile abitazione, che in concreto abbia inciso sulla stabilità di una sua parte. Su tali soggetti grava l'onere di provare "di avere adottato tutte le misure idonee" ad evitarli, evenienza che, se non provata, comporta che essi rispondono in via diretta e solidale con il committente ai sensi dell'art. 2055 c.c." (Trib. Milano 29 settembre 2004, GiusM, 2004, 80) -.




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