-  Cardani Valentina  -  20/11/2014

LAVORO IRREGOLARE: LA SANZIONE VA PARAMETRATA ALLA DURATA DEL RAPPORTO - Corte Cost. 254/14 – V. CARDANI

- Lavoro irregolare

- Responsabilità solidale del committente in caso di appalto

- Proporzionalità tra la sanzione e la gravità dell"inadempimento

Le norme al vaglio della Corte Costituzionale nella pronuncia in commento attengono alla responsabilità per la violazione delle norme volte a prevenire l"assunzione di lavoratori in nero e alle conseguenti sanzioni previste dalla legge.

Trattasi dell" art. 29 d.lgs. 276/2003 così come modificato dalla legge 27/12/2006 n. 296 (secondo cui "in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti") e dell"art. art. 36bis d.lg. 223/2006 co. 7 così come modificato dalla legge 27/12/2006 n. 296 (secondo cui: "L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non puo' essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata".

La diatriba, in particolare, riguarda la responsabilità del committente per eventuali sanzioni connesse appunto all"assunzione di lavoratori in nero posta in essere dall"appaltatore.

Entrambe le norme in discorso sono state censurate per il possibile contrasto con il principio di uguaglianza di cui all"art. 3 della Costituzione:

- quanto all"art. 29 del d.lgs. 276/2003 perchè, con la riforma introdotta dal d.l. n. 5 del 2012,è stata esplicitamente l"estensione della responsabilità solidale del committente anche per eventuali sanzioni (e così infatti il novellato art. 29 recita: "(…) restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento"). Pertanto, ammettendo che secondo la normativa previgente – applicata nel caso di specie – il committente rispondesse anche per le sanzioni per violazioni commesse dall"appaltatore, si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra le violazioni commesse ante riforma e quelle successive;

- quanto all"art. 36bis del d.lg. 223/2006 perché, nel determinare l"ammontare della sanzione per il lavoro in nero, non ha tenuto in considerazione la durata del rapporto di lavoro. Tale irragionevole equiparazione, è poi dimostrata dalla successiva modifica introdotta nel 2010, secondo cui: "l'importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore irregolare, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento".

La Consulta ha dunque:

- da un lato, "salvato" la disposizione di cui all"art. 29 d.lgs. 276/2003, giudicando la questione di costituizionalità infondata poiché, secondo costante orientamento della Corte Costituzionale, non vi è contrasto con il principio di uguaglianza ad un trattamento differenziato per fattispecie analoghe purchè in momenti diversi nel tempo;

- dall"altro lato, dichiarato l"illegittimità costituzionale dell"art. 36bis del d.lg. 223/2006 rilevando come la sanzione determinata sulla base dell"art. 36bis prima della modifica intervenuta nel 2010, fosse sproporzionata rispetto alla gravità dell"inadempimento. Ed infatti, la sanzione di cui alla citata norma ha natura "civile" e non "amministrativa", con la conseguenza che deve essere parametrata all"omessa / ritardata regolarizzazione del lavoratore e del conseguente pagamento dei contributi.




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