-  Crovetto Monica  -  12/02/2015

LAVORO PUBBLICO E PRIVATO: CHE NE E' DEL PATTO DI PROVA? - Monica CROVETTO

- Rapporto di lavoro pubblico e privato

- Patto di prova

- Differenze

Nelle due sentenze emesse il 16 gennaio scorso la Sezione Lavoro della Cassazione si è occupata del patto di prova apposto in un contratto di lavoro privato e in uno di lavoro pubblico privatizzato. Nella pronuncia n. 665 la Suprema Corte conferma le statuizioni della Corte d'Appello di Ancona, che ha ritenuto valido e sufficientemente specifico il patto di prova che contenga il rinvio alla categoria del contratto collettivo applicato, che "permette al datore di lavoro di assegnare il lavoratore ad uno degli, eventualmente plurimi, profili rientranti in essa". E la Corte ha aggiunto che proprio "la possibilità di assegnazione a profili diversi tutela meglio il lavoratore, che trova maggiori opportunità di utilizzazione in azienda". Nel caso di specie, infatti, il giudizio di merito aveva accertato che sebbene il prestore fosse stato in un primo momento assegnato alla categoria superiore di verniciatore, questa assegnazione non aveva alterato sostanzialmente l'oggetto complessivo della prestazione pattuita e comunque non aveva influito sul giudizio della prova, risultato negativo, espresso dalla Società datrice di lavoro soltanto con riferimento alle mansioni di caricamento di pezzi su un carrello e di trasporto degli stessi presso le postazioni dei verniciatori, ossia con riferimento ai compiti originariamente pattuiti di operaio generico. Nella pronuncia n. 655 la Suprema Corte ha evidenziato le differenze esistenti in tema di patto di prova tra il lavoro pubblico privatizzato e quello di diritto comune, in primis, per quanto attiene alla relativa disciplina. Infatti, nel rapporto di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, l'istituto della prova è regolato dall'art. 17, comma 1, del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (richiamato dal D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165), che prevede che tutte le assunzioni nel pubblico impiego siano assoggettate all'esito positivo di un periodo di prova. Dunque, contrariamente al lavoro privato, ove l'apposizione del patto di prova avviene o per volontà delle parti o per espressa disposizione della contrattazione colletiva, nel pubblico impiego tale apposizione è disposta ex lege, potendo la contrattazione colletttiva determinarne la sola durata, differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste. Continua la Corte nel ribadire che, nel lavoro pubblico, pur avendo il potere di recesso datoriale natura discrezionale, debba essere in ogni caso "coerente con la causa del patto di prova, che consiste nel consentire alle parti del rapporto di lavoro di verificarne la reciproca convenienza, sicchè, non è configurabile un esito negativo della prova ed un valido recesso qualora le modalità dell'esperimento non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova, ovvero risulti il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite (Cass. 13 agosto 2008, n. 21586)".




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