-  Redazione P&D  -  18/03/2016

LAVORO SUBORDINATO: ANCHE IL GRAFICO SVOLGE ATTIVITÀ GIORNALISTICA – Cass. 18.3.2016, n. 5456 – Valeria VAGNONI

Anche il grafico svolge attività giornalistica, quando l"elaborazione del segno grafico esprime una valutazione sulla rilevanza della notizia.

Costituisce attività giornalistica qualsiasi forma di manifestazione del pensiero con finalità di informazione, sia che essa si esprima mediante la scrittura, la parola o l"immagine, sia che essa si esprima nella elaborazione di un segno grafico, ben potendo quest"ultimo, nel sottolineare la rilevanza o la preminenza della notizia, incidere, per un verso, sulla qualità e sul valore della comunicazione e, per un altro, concorrere a quella rappresentazione complessiva della realtà che è il risultato ultimo, quanto incessante, dell"attività informativa.

Secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione, è dunque di natura giornalistica anche l"attività svolta dal grafico il quale, mediante la progettazione e la realizzazione della pagina di giornale, come la collocazione del singolo pezzo giornalistico e la scelta delle immagini e dei caratteri tipografici con i quali lo stesso viene riportato sulla pagina, esprime – pur nell"eventuale presenza delle scelte e delle indicazioni degli autori degli articoli e del direttore – un personale contributo di pensiero ed una valutazione sulla rilevanza della notizia (cfr. Cass. civ., sez. lav., 18.3.2011, n. 6303).

Alla luce di tali argomentazioni, la Suprema Corte, nella sentenza in commento, ha accolto la domanda di inquadramento come giornalista professionista, avanzata da un grafico nei confronti di una nota testata giornalistica, in applicazione del principio secondo il quale è da ritenere che un disegno, un"illustrazione o l"uso di un particolare segno grafico, possa costituire idonea espressione dell"attività giornalistica ove concorrente alla formazione del messaggio. Nel caso di specie, ha osservato il Supremo Collegio, le prove documentali e testimoniali raccolte erano risultate concordi nel delineare un"attività del lavoratore come connotata da significativi spazi di autonomia nella realizzazione dei disegni e nello sviluppo dell"idea figurativa, destinata ad illustrare un evento o una notizia o a corredare un articolo: tale autonomia consentiva all"autore una propria personale elaborazione delle informazioni da veicolare, della loro specifica rilevanza, sia pur nel rispetto delle indicazioni del capo redattore, per cui la Corte territoriale aveva correttamente concluso per la qualificazioni dell"attività svolta dal lavoratore come di natura giornalistica.

 

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 18 marzo 2016, n. 5456

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 381 del 6 ottobre 2004 il Tribunale di Roma respingeva l'opposizione proposta dalla S.p.A. Iomissis-nei confronti deL decreto, con il quale à detta società era stato ingiunto il pagamento all'INPGI della somma di euro 56.045,34 oltre accessori a titolo di contributi omessi e sanzioni civili in relazione alla posizione del dipendente A.D.C. e al periodo settembre 1997/settembre 2001.

La sentenza era appellata dalla società.

Con sentenza n. 963 del 21 gennaio 2008, e per quanto di interesse, il Tribunale di Roma respingeva la domanda, con la quale il D.C., inquadrato come grafico impaginatore, aveva chiesto la condanna della S.p.A. -omissis- all'inquadramento come giornalista professionista e a corrispondergli il relativo trattamento economico.

La sentenza era appellata dal D.C..

La Corte di appello di Roma, riuniti i gravami, respingeva l'appello della società avverso la sentenza n. 381; riteneva invece di riconoscere, nel rapporto di lavoro del D.C., i contenuti propri dell'attività giornalistica e così, in riforma della sentenza n. 963, parzialmente accogliendone l'appello, dichiarava il diritto dello stesso all'inquadramento secondo il CCNL giornalisti a decorrere dall'1 settembre 2007, prima come praticante e poi come redattore ordinario, escluso il diritto alle richieste differenze retributive.

A sostegno della propria decisione la Corte affermava di condividere l'orientamento, per il quale, sostanziandosi l'attività giornalistica nella mediazione tra il fatto e la diffusione dello stesso e potendo assumere differenti forme e strumenti, era da ritenere che potesse costituirne idonea espressione anche un disegno, un'illustrazione e l'uso di un particolare segno grafico, ove concorrente alla formazione del messaggio: caratteri, questi, che erano, ad avviso della Corte, presenti nell'attività svolta dal D.C., alla stregua delle risultanze delle prove orali e documentali.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la S.p.A. li -omissis-, affidandosi a sei motivi; hanno resistito con controricorso il D.C. e l'-omissis-.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, individuato nel carattere tecnico-professionale delle riviste, alle quali il dipendente ha collaborato: carattere che esclude che le stesse possano considerarsi testate giornalistiche, anche alla stregua di quanto previsto dall'art. 28 I. n. 69/1963.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e cioè sulla definizione di attività giornalistica: sono, infatti, notizie in senso giornalistico - secondo la giurisprudenza di legittimità - quelle destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale nei confronti della generalità dei lettori, intesi come massa indifferenziata dei cittadini, che vengono sollecitati a prendere conoscenza di tematiche meritevoli di essere conosciute perché attuali e di interesse generale; mentre le notizie, nel senso così delineato, risultano assenti nelle pubblicazioni tecniche, professionali o scientifiche, le quali non perseguono fini di informazione della pubblica opinione.

Con li terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 28 1. n. 69/1963: la Corte ha riconosciuto la natura giornalistica dell'attività svolta dal D.C. senza considerare che, in base a tale norma, le testate tecniche, professionali e scientifiche, non hanno natura giornalistica e possono, quindi, essere redatte anche da personale non inquadrato come giornalista.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2070 c.c.: la sentenza impugnata, infatti, avendo ritenuto la natura giornalistica delle mansioni svolte, ha affermato il diritto del dipendente ad essere inquadrato nell'ambito del CCNL giornalisti, anziché in quello delle aziende grafiche ed editoriali, così come specificamente indicato nella lettera di assunzione, così violando l"art. 2070 c.c., il quale conferisce prevalenza alla volontà delle parti.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, individuato nella eccepita nullità del rapporto di lavoro giornalistico per violazione di norma imperativa (art. 45 1. n. 69/1963) fino alla data di iscrizione all'albo e senza possibilità di attribuire efficacia sanante alla successiva retrodatazione da parte dell'organismo professionale competente.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia, in relazione a quanto esposto nel motivo che precede, anche violazione e falsa applicazione degli artt. 43 I. n. 69/1963, 1418 e 2126 c.c.

II primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente, in quanto relativi a questioni connesse, sono infondati e devono essere respinti.

Premesso che nel giudizio di cassazione è sindacabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto - incensurabile in tale sede, se congruamente motivato - la relativa valutazione, si osserva che la sentenza impugnata, da un lato, ha fatto esatto riferimento ai principi elaborati in materia dalla giurisprudenza di legittimità e, dall'altro, facendone corretta applicazione alla fattispecie in esame, è pervenuta, con una motivazione adeguata e coerente, a qualificare come giornalistica l'attività svolta dal D.C..

In particolare, la sentenza ha richiamato il consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale è di natura giornalistica anche l'attività svolta dal grafico il quale, mediante la progettazione e la realizzazione della pagina di giornale come la collocazione del singolo pezzo giornalistico e la scelta delle immagini e dei caratteri tipografici con i quali lo stesso viene riportato sulla pagina, esprime - pur nell'eventuale presenza delle scelte e delle indicazioni degli autori degli articoli e del direttore - un personale contributo di pensiero ed una valutazione sulla rilevanza della notizia (v. da ultimo Cass. 18 marzo 2011, n. 6303).

Costituisce, infatti, attività giornalistica - come deve ora essere ribadito - qualsiasi forma di manifestazione del pensiero con finalità di informazione, sia che essa si esprima mediante la scrittura, la parola o l'immagine, sia che essa si esprima nella elaborazione di un segno grafico, ben potendo quest'ultimo, nel sottolineare la rilevanza o la preminenza della notizia, incidere, per un verso, sulla qualità e sul valore della comunicazione e, per altro, concorrere a quella rappresentazione complessiva della realtà che è il risultato ultimo, quanto incessante, dell'attività informativa.

La sentenza, inoltre, esaminate le produzioni documentali e le prove testimoniali, le quali erano risultate "concordi nel delineare un'attività" dell'appellato "come connotata da significativi spazi di autonomia nella realizzazione dei disegni e nello sviluppo della idea figurativa destinata ad illustrare un evento o una notizia o a corredare un articolo", autonomia che "come confermato dal materiale prodotto, consentiva all'autore una propria personale elaborazione delle informazioni da veicolare, della loro specifica rilevanza, sia pur nel rispetto delle indicazioni del capo redattore", ha coerentemente, alla stregua dei principi di diritto richiamati, concluso per la qualificazione dell'attività svolta dal D.C. come di natura giornalistica e per il diritto dello stesso ad essere inquadrato, nell'ambito del CCNL giornalisti FINSI-FIEG, prima come praticante e poi (a decorrere dall'1/9/2000) come redattore ordinario.

Né, a fronte di tale accertamento, vale il richiamo della ricorrente all'art. 28 I. 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), nella parte in cui prevede che all'albo dei giornalisti è annesso l'elenco "di coloro che, pur non esercitando l'attività di giornalista, assumano la qualifica di direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici".

Tale norma, infatti, si limita a stabilire che i soggetti che assumano la qualifica di direttori responsabili delle pubblicazioni nella stessa indicate, anche ove non esercitino (pur non esercitando) l'attività di giornalista, debbano essere iscritti in un apposito elenco.

E' invece escluso, secondo il senso delle parole adoperate e la loro disposizione nella costruzione sintattica, che la norma voglia significare che i direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico non esercitino, per ciò solo (e cioè per il fatto di essere responsabili di tale genere di pubblicazioni), l'attività di giornalista, posto che tale opzione interpretativa, che potrebbe, in ipotesi, trovare una qualche validazione nella mera sequenza "non esercitando l'attività di giornalista", viene a scontrarsi con la presenza, all'inizio della frase, dell'avversativa "pur".

A più forte ragione, la norma in argomento, che riguarda la formazione dei soli elenchi speciali, non può essere letta, non contenendo alcun elemento utile e idoneo a tal fine, nel senso di prevedere che la redazione dei periodici o delle riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, debba essere composta da non giornalisti; essa, al contrario, non è in alcun modo in grado di escludere che coloro che collaborano in tali redazioni possano essere inquadrati come giornalisti, ricorrendone le condizioni, come nel caso di specie.

Deve essere respinto anche il quarto motivo di ricorso.

Al riguardo, appare dirimente osservare, anche ove si condivida l'orientamento contrario all'applicabilità della norma di cui al 10 comma dell'art. 2070 c.c. ai contratti collettivi di diritto comune, che la società ricorrente, la quale - come è pacifico - aderisce alla FIEG, è obbligata per appartenenza sindacale all'applicazione del CCNL giornalisti, di cui la stessa FIEG risulta firmataria.

Infondati sono infine il quinto e il sesto motivo, che, implicando questioni connesse, possono anch'essi farsi oggetto di esame congiunto.

Secondo consolidato orientamento di questa Corte, è, infatti, da ritenere che l'attività di giornalista, svolta da soggetto non iscritto al relativo albo e, pertanto, invalida, siccome prestata in difetto di un requisito essenziale, ma non illecita nell'oggetto e nella causa, conservi, in ogni caso, efficacia e rilevanza giuridica per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione (art. 2126 c.c.), con diritto del lavoratore al previsto trattamento retributivo e previdenziale (cfr., fra le altre, Cass. 25 giugno 2009, n. 14944).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate per ciascuna delle altre parti in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.000,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge.




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