-  Santuari Alceste  -  23/10/2012

LE POLITICHE SOCIALI SENZA FONDI – Alceste SANTUARI

Il Governo Monti, in linea con i precedenti esecutivi, anche con gli ultimi provvedimenti elaborati, interviene in modo significativo sulle politiche sociali, stabilendo tagli ai fondi che, nella ratio del legislatore della 328 del 2000 dovevano, al contrario, rappresentare le fondamenta della costruzione del sistema di welfare.

 

Secondo alcune proiezioni si tratta di fondi che a far data dal 2013 (l"anno prossimo) non dovrebbero più esistere (cfr. articolo di Cristiano Gori, Il Sole 24 Ore, Lunedì 22 ottobre, "Politiche sociali, il piatto piange", p. 12).

 

A ciò si aggiunga la riduzione delle risorse a disposizione per gli interventi a favore degli anziani, in specie non autosufficienti, nonché l"aumento dell"IVA (dal 4 al 10%) per le prestazioni socio-sanitarie rese da cooperative sociali.

Ma il quadro deve essere completato dai veri e insostituibili protagonisti delle politiche di welfare, specie nell"ambito del riparto di competenze Stato-Regioni post riforma Titolo V, segnatamente, i Comuni. I quali, compressi tra IMU, patto di stabilità e riduzioni dei fondi a loro disposizione, si ritrovano nella imbarazzante condizione di non poter più assicurare i servizi ai propri cittadini. La prima conseguenza, non solo di carattere erogativo, ma forse più importante, di carattere cultural-costituzionale, è l"affievolirsi del diritto ad esigere i diritti essenziali delle prestazioni.

 

Correttamente Gori nell"articolo sopra citato si chiede: ma si tratta davvero di un esito obbligato quello che conduce alla riduzione degli stanziamenti a favore delle politiche sociali? Condividiamo la risposta negativa che Gori fornisce, evidenziando che forse il welfare inteso quale set di interventi a favore delle persone in stato di bisogno/più deboli/infragilite proprio in ragione della sua "intrinseca debolezza" storica, rispetto, per esempio, al comparto della sanità, maggiormente "difeso" anche sotto il profilo istituzionale, sia il più esposto ai tagli e alle riduzioni di spesa.

E" tuttavia venuto il momento di ribadire con forza che il sistema di welfare, ovviamente in uno con altri comparti sociali ed economici, è il pilastro su cui si regge la coesione sociale.

 

Rimaniamo fermamente convinti che, ancor più in questa fase di stallo e transizione socioeconomica e culturale, vada ripensato il modello sociale e, alla luce dei cambiamenti sociali ed economici (precarietà lavorativa ed economica, disoccupazione giovanile, scarsa mobilità sociale, invecchiamento della popolazione e basso tasso di natalità, difficoltà di conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, fenomeni di immigrazione, emergere di nuovi rischi e di nuove povertà), co-costruito un nuovo progetto di welfare che sappia fare fronte ai vecchi rischi e affrontare contestualmente quelli nuovi. Si ritiene che in tale prospettiva il ruolo degli enti locali, da un lato, e delle organizzazioni non profit, dall"altro, sia fondamentale non solo per promuovere la partecipazione e supportare le istanze dei cittadini ma anche per essere attori protagonisti della governance che è necessaria per affrontare la complessità crescente della società attuale.

Tutto ciò ovviamente se si smetterà di considerare il welfare (e con esso gli enti locali territoriali) anelli deboli della catena.




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