L'art. 19 del Testo unico sulle società in partecipazione pubblica assegna alle società pubbliche, ivi comprese quelle in house, un’ampia discrezionalità nei procedimenti di selezione del personale dirigente
Le società c.d. “in house”, in larga parte frutto dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte europea di giustizia, hanno trovato “diritto di cittadinanza” nelle Direttive UE del 2014 in materia di appalti e concessioni, nonché, per quanto riguarda l’ordinamento giuridico italiano, nel d. lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) e nel d. lgs. n. 175/2016 (T.U. sulle società a partecipazione pubblica). In particolare, quest’ultimo provvedimento normativo ha contribuito a fare maggiore chiarezza in ordine alla natura giuridica di questa tipologia speciale di società e alla disciplina (civilistica) applicabile alle medesime.
L’art. 193, d. lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) e l’art. 16, d. lgs. n. 175/2016 (Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica) identificano le società in house quali organismi strumentali della P.A. ai quali quest’ultima, a seguito di valutazione di congruità e di convenienza economico-finanziaria, può affidare l’esercizio di servizi di interesse pubblico.
Agli articoli sopra richiamati, si aggiunge poi l’art. 19, comma 1, d. lgs 175/2016, che dispone: “Salvo quanto previsto dal presente decreto, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi”. Il comma 2 del medesimo articolo stabilisce che “le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001”.
Ne consegue un’ampia discrezionalità in capo alle società partecipate in ordine al reclutamento del personale, ivi compreso quello dirigenziale.
E’ quanto emerge dalla sentenza del Tar Campania, sez. I, 28 febbraio 2022, n. 1371, con la quale i giudici amministrativi hanno ribadito quanto segue:
In ultima analisi, il Tar ha confermato che alle società partecipate, comprese quelle in house, si applicano le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato, salvo quanto non derogato dalle disposizioni del d. lgs. n. 175/2016.