-  Redazione P&D  -  06/12/2012

LE STAMINALI E IL DIRITTO ALLA SALUTE - Federico CARNESECCHI

Senza entrare nel merito della questione morale/etica, o cadere nella tentazione di giudicare od influenzare il lettore entrando in una sfera che è affidata alla coscienza di ognuno, è però interessante ripercorrere alcune delle situazioni di fatto e di diritto che negli ultimi mesi hanno toccato il nostro Paese attraverso  alcune pronunce giurisprudenziali sul punto.

La prima storia da raccontare è quella della piccola Celeste, nata nel 2010.

Subito dopo la nascita le veniva diagnosticata una "Atrofia Muscolare Spinale" (SMA1), malattia di origine neurologica, non rilevabile con le diagnosi prenatali e destinata ad esito infausto evolvendo in una progressiva atrofizzazione dei muscoli fino al blocco delle funzioni respiratorie con esito letale entro il primo anno e mezzo di vita.

I genitori della piccola, attesa la circostanza che, ad oggi, non esiste alcuna cura che sia in grado di arrestare o di far regredire la malattia, venivano però a conoscenza di un Istituto, a Trieste, in cui da tempo sussisteva una terapia basata sull"infusione di cellule staminali di tipo mesenchimali.

Su questi presupposti, i genitori depositavano richiesta per poter usufruire di detta cura e, dopo una serie di problematiche iniziali, Celeste cominciava le terapie e manifestava un miglioramento sorprendente ed inaspettato.

Gli stessi venivano poi a conoscenza dell"esistenza di un"ulteriore terapia medica effettuata mediante la somministrazione di cellule manipolate attraverso il brevetto della Stamina Foundation e della collaborazione della Fondazione con l"Ospedale di Brescia volto alla somministrazione di dette terapia di medicina rigenerativa.

Dopo aver iniziato le cure presso gli Spedali Civili di Brescia la piccola, a detta dei genitori e del medico curante, migliorava a vista d"occhio fino a che un provvedimento dell"Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) del maggio 2012 vietava di "effettuare prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane presso l"Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia in collaborazione con la Stamina Foundation".

I genitori, vista la situazione disperata ed attesi gli inaspettati miglioramenti di loro figlia, instauravano un ricorso ex art. 700 c.p.c. presso il competente Tribunale di Venezia, Sezione lavoro, segnalando come vi fosse, di fondo, poca chiarezza sulla reale natura di queste terapie qualificate dagli stessi come cure compassionevoli e non sperimentazioni cliniche e, in quanto tali, descritte e disciplinate dal decreto Turco del 5 Dicembre 2006.

Ma l"aspetto più interessante di quanto dedotto al fine di dimostrare l"esistenza del fumus consiste nel costante richiamo dell"articolo 32 della Costituzione. (Si vedrà come, sul punto, vi sia un"oscillazione della giurisprudenza)

In particolare, i ricorrenti sottolineavano come Celeste, come tutti i cittadini, ha diritto a tutte le cure che possano in qualche modo alleviare la sua malattia essendo il diritto alla saluto un diritto della personalità assoluto.

Perché allora, sostengono i genitori di Celeste, interrompere delle cure che comportano sulla piccola esclusivamente degli effetti benefici e non esercitare così facendo il diritto sancito in modo inesorabile dall"articolo 32 della nostra Costituzione?

L"unico rimedio prospettato quindi, stante la mancanza di una cura che faccia arrestare la malattia, sarebbe quello di proseguire con delle cure che hanno portato solo effetti benefici per la figlia.

Il Giudice del Lavoro di Venezia, nell"articolata pronuncia, ha accolto il ricorso sottolineando come "il trattamento eseguito non può in alcun modo configurarsi come sperimentazione clinica dal momento che nessuna procedura è stata attivata per la richiesta di autorizzazione all"autorità competente né è stato richiesto parere per sperimentazione clinica al Comitato Etico Competente".

In particolare, "la situazione della piccola rientra non già nella sperimentazione clinica, bensì nei casi in cui, non sussistendo valida alternativa terapeutica, in fase transitoria è consentita la produzione di terapia cellulare anche in laboratori non classificati in classe A".

Questi  i motivi per i quali il Giudice ordinava all"Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia di riattivare il trattamento di infusione di cellule staminali con la metodica già applicata.

Questa prima pronuncia ha segnato un passaggio fondamentale che ha dato speranza a molte persone, bambini specialmente, afflitti da malattie degenerative per le quali, allo stato, non esiste alcuna terapia in grado di arrestarne il naturale decorso.

Situazione analoga riguarda il piccolo Daniele.

Il bambino è nato con una malattia neurodegenerativa, in questo caso malattia di "Nieman Pick di tipo A", incurabile e di infausto esito.

Anche Daniele aveva iniziato la cura con le cellule sopra descritte mostrando segni di miglioramento e, dopo l"interruzione dovuta al provvedimento di AIFA, le sue condizioni peggioravano a tal punto da costringere i genitori, quale ultima possibilità, ad adire il competente Tribunale di Matera per chiedere, in via d"urgenza, che venisse ordinato agli Ospedali Civili di Brescia la somministrazione delle cellule staminali al loro bambino.

Il Giudice del Lavoro competente, giungendo all"accoglimento del ricorso, motiva la pronuncia seguendo un ragionamento ricco di spunti. In particolare.

Il punto di partenza è il bilanciamento di interessi divergenti che sono, da un lato, il diritto individuale alla salute in tutte le sue manifestazioni e, dall"altro, l"interesse pubblico alla salute, entrambi disciplinati dall"articolo 32 della Costituzione.

Il primo è il diritto che viene perseguito dal soggetto individuale, in questo caso il piccolo Daniele, il secondo è l"interesse che viene perseguito da AIFA attraverso la propria ordinanza.

In questa contrapposizione di interessi – continua il Giudice – bisogna trovare un necessario bilanciamento.

Nella fattispecie risulta evidente che "il diritto individuale alla salute non abbia nell"immediato altra chance (trattandosi di persona colpita da patologia grave e priva di valida alternativa terapeutica), a differenza dell"interesse collettivo alla salute (…) che ben può essere, invece, salvaguardato con misure intermedie, non incidenti sulla possibilità del singolo di proseguire la terapia".

Per tali motivi, la salvaguardia del diritto individuale alla salute prevale, in questo caso, su quello collettivo poiché, viceversa, non potrebbe trovare soddisfazione alcuna.

La pronuncia apre uno spunto di riflessione interessante sul bilanciamento tra diritto individuale e diritto collettivo alla salute. Si vedrà come, anche questa contrapposizione può, talvolta, venire superata

Altra storia da raccontare riguarda la piccola Sofia.

La bimba, al pari di Celeste, è afflitta da malattia neurodegenerativa incurabile e, come ultima speranza,  i genitori, in via d"urgenza, adivano il competente Tribunale di Firenze - Sezione Lavoro- affinché venisse ordinato agli Spedali Civili di Brescia di somministrare a loro figlia le predette cure compassionevoli consistenti nel trapianto di cellule staminali mesenchimali utilizzando il protocollo Stamina.

Perché, domandano i genitori nel ricorso ex art. 700 c.p.c. introduttivo, alla piccola non possono essere garantiti il diritto a non soffrire ed il diritto ad ottenere delle cure lecite se questi sono dei diritti inviolabili così come specificato nell"articolo 2 della Costituzione? ("La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell"uomo(…)")

Perché, specialmente, di fronte alle cure compassionevoli accordate ad altri bambini, le stesse non dovrebbero essere a lei somministrate essendo pacifico che, articolo 3 della Costituzione, " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

Perché, infine, un genitore dovrebbe vivere con il rimorso per tutta la propria vita di non aver fatto tutto il possibile, di non aver omesso alcun tentativo, al fine di tutelare quello che è un altro diritto sancito in modo inequivocabile sempre dalla Costituzione, art. 32, quale il diritto alla salute?

Perché, in buona sostanza, non fare tutto il possibile atteso che dette terapie non sono nocive ed, anzi, comportano dei (seppur lievi) sollievi?

Il Giudice del Lavoro di Firenze, accogliendo il ricorso, inaudita altera parte , ordinava di conseguenza all"Ospedale Civile di Brescia di provvedere alla somministrazione delle cellule staminali a Sofia secondo la metodologia impiegata in detta struttura sanitaria.

In questo filone giurisprudenziale che parrebbe quasi unanime nel riconoscere la natura sperimentale delle terapie e l"esigenza che, nel caso in cui non venissero riprese/iniziate le cure, verrebbero violati dei principi cardine del nostro sistema giuridico, è interessante analizzare la pronuncia del Giudice del Lavoro di Roma che, al contrario, ha rigettato il ricorso proposto della signora Maria Cristina.

Alla Signora, all"età di 54 anni, è stata riscontrata una malattia neurodegenerativa (la SLA) e, dopo aver iniziato anch"essa la terapia presso l"Ospedale di Brescia con il metodo Stamina, è rimasta coinvolta dall"ordinanza AIFA con cui le cure sono state interrotte.

A seguito di ricorso introduttivo, il Giudice del Lavoro di Roma, rigettava il ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto. Ed in particolare.

Senza soffermarsi sulla natura compassionevole piuttosto che sperimentale delle cure, nella sostanza il Giudice argomenta che il c.d Decreto Turco concernente l"applicazione delle cure compassionevoli subordina il loro utilizzo ad alcuni requisiti che, nel caso di specie, non sono stati integrati in quanto, la signora, è affetta da una malattia differente rispetto a quelle che interessavano i bambini sopra citati e richiamati nel ricorso (Cleste in primis) e la documentazione medica al riguardo è relativa all"efficacia della somministrazione di cellule staminali mesenchimali solo nei confronti dei bambini.

Un"analogia non è pertanto possibile, essendo le situazioni di fatto totalmente estranee tra loro.

Interessante, inoltre, la motivazione addotta dal Giudice del lavoro relativa all"invocato art. 32 della Costituzione.

Proprio confermando e rimarcando quanto sopra detto, senza violare o affievolire il diritto alla salute soggettivo della ricorrente, il Giudice afferma che, non essendovi dati scientifici che attestino la bontà e la credenzialità delle terapie in relazione a soggetti adulti colpiti da malattie diverse da quelle dei piccoli pazienti, non vi sono riscontri sull"efficacie del trattamento e quindi "se è vero che l"art. 32 Cost. non impone un modello astratto di medicina, è anche vero che un ragionevole bilanciamento tra il diritto soggettivo alla salute ed il principio, immanente nel nostro ordinamento, della indisponibilità della vita e dell"integrità psico-fisica della persona, può trovarsi solo a condizione di fondare le scelte del trattamento terapeutico su elementi circostanze di fatto il più possibile oggettive e controllabili, su circostanze falsificabili. Ciò esclude in radice un approccio soggettivo/intuitivo non fondato sulle evidenze cliniche del trattamento ma sulla speranza, o più in generale, sulla mera fiducia del guaritore".

La presente pronuncia, si discosta da quelle precedenti perché, secondo quanto motiva il Giudicante, diverse sono le situazioni oggettive (il tipo di malattia presentato) e soggettive (soggetti adulti e non bambini) risultando palese l"impossibile analogia

È fondamentale, per concludere, ripercorrere le ultime due vicende di questo breve esposto perché, segnando una linea di continuità con le pronunce riguardanti Celeste, Sofia e Daniele, arrivano ad un esito che è da considerarsi rivoluzionario.

La piccola Desiree, afflitta anch"essa da SMA1 – ATROFIA MUSCOLARE SPINALE,  non ha mai goduto del controllo del proprio corpo.

La situazione di partenza, analoga a quella di Celeste, è tale per cui, nonostante i vari tentativi espletati non vi è, allo stato, una cura in grado di far arrestare o anche solo regredire la malattia.

Questi i motivi per i quali i genitori della bambina, visto anche il precedente di Celeste, adivano il competente Tribunale di Trento, Sezione Lavoro, affinché venisse ordinato agli Ospedali di Brescia di somministrare le cellule a Desireè

Il Giudice del Lavoro, nella propria pronuncia, che giungerà all"accoglimento del ricorso, accoglie totalmente la deduzione dei ricorrenti circa il presupposto della "insostituibilità" e cioè la circostanza della mancanza di altri ed ulteriori rimedi terapeutici avverso la patologia richiamata e circa la "indispensabilità" del trattamento proposto stante il rapporto tra i benefici ipotizzabili ed i rischi prevedibili dal trattamento offerto.

Solo questioni di carattere sostanziale e non formale potrebbero ostare al prospettato trattamento terapeutico.

Invero - prosegue il Giudice - l"ordinanza AIFA con cui le somministrazioni di cellule staminali sono state interrotte, fonda la propria ragion d"essere su motivazione parzialmente contraddittorie e riguardante inadempimenti di obblighi meramente formali non prendendo in considerazione i reali benefici che da tali cure sono scaturiti per altri giovani pazienti quali Celeste.

Motivi questi, ritenuti sufficienti, per accogliere il predetto ricorso ed ordinare agli Spedali Civili di Brescia la somministrazione  della terapia cellulare in favore anche della minore Desiree.

L"orientamento delle pronunce sembra delinearsi costantemente verso una precisa presa di posizione su quella che è la vera natura delle terapie con cellule mesenchimali e quelli che sono i diritti costituzionalmente garantiti e che non possono, secondo molti, essere superati da un provvedimento di natura amministrativa che fonda le proprie ragioni su vizi più di forma che di sostanza.

Da ultimo, non sicuramente di importanza, vi è la pronuncia, anzi le pronunce, del Tribunale di Marsala.

Dopo un ricorso ex art. 700 c.p.c., presentato dai genitori del piccolo Gioele afflitto anche egli da una malattia neurodegenerativa che veniva integralmente accolto con una succinta motivazione e con l"ordine impartito agli Ospedali di Brescia di somministrare le terapie cellulari al piccolo, seguiva l"udienza di comparizione parti.

Il Giudice Delegato, confermando ed integrando l"ordine già emanato inaudita altera parte, emanava un"ordinanza che può ritenersi un"evoluzione delle pronunce descritte e per molti versi innovativa.

Scrive il Giudice "appare conclamato il quadro fattuale sotteso all"invocato trattamento e appare tanto più  evidente la soluzione giuridica da adottare nel caso concreto non potendosi non apprestare la tutela cautelare negli specifici termini prospettati da parte ricorrente.

Gli interessi giuridici che verrebbero, infatti, irrimediabilmente calpestati in caso contrario sono, innanzitutto, il diritto alla saluta e alla vita individuale, essendo evidente che il diniego della specifica cura determinerebbe una vistosa e inammissibile perdita di chance di sopravvivenza e miglioramento della vita, oltre che un"assurda e paradossale disparità di trattamento del piccolo Gioele; verrebbe inoltre irrazionalmente compresso il diritto al miglioramento della vita e della salute collettiva, essendo evidente che  la limitazione in via autoritativa del trattamento sui casi disperati come quello in esame (…), sottrarrebbe spazio di avanzamento al progresso medico scientifico , a detrimento del miglioramaneto delle condizioni di vita generali".

Per queste ed altre motivazioni, il Giudice Delegato ordinava agli Ospedali Civili di Brescia di procedere immediatamente alla somministrazione delle cellule, eventualmente prelevate anche da altri pazienti e prodotte secondo la metodologia Stamina.

Non vi sono, secondo chi giudica, delle ragioni che possano in alcun modo interferire con quelli che sono dei diritti che non possono non essere garantiti. E questo, non solo nell"interesse del singolo soggetto che usufruisce di tali metodiche ma anche, e qui è insita la vera novità della pronuncia, nell"interesse della collettività per il miglioramento delle condizioni di vita generali configurando, indirettamente, una possibile convergenza tra interessi che parevano molto, troppo, distanti tra loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




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