-  Sassano Francesca  -  15/02/2015

LEGISLAZIONE SANITARIA E RIFORME: LA DOCUMENTAZIONE SANITARIA NEGLI ISTITUTI PENITENZIARI – Francesca SASSANO

 - La legislazione sanitaria e la necessità di una riforma

 - Anche alla luce della non corretta tenuta e gestione della documentazione sanitaria negli istituti penitenziari.

 - Una nuova deriva normativa: la disapplicazione della L.38/2010 nelle carceri.

 

Sommario: 1. Premessa. – 2. Brevi cenni storici dell"assistenza sanitaria in carcere: dal decreto legislativo 230/99 alla Commissione Tenebra al d.p.c.m. 1 aprile 2008.. – 3. Lo stato attuale della legislazione in relazione alla l.38/2010 e alla gestione della cartella clinica nelle strutture carcerarie .

 

1.            Premessa

Dal 14 giugno 2008, le competenze sanitarie della medicina generale e specialistica penitenziaria, presso il Ministero della Giustizia, sono state trasferite al Sistema sanitario nazionale e quindi alle Regioni e alle Asl.

Il D.P.C.M. 30 maggio 2008 ha realizzato il trasferimento delle competenze sanitarie , iniziato con il D.Lgs. n. 230/19992[1],con la riconduzione della sanità penitenziaria nel Servizio sanitario nazionale.

L"aver legislativamente ricondotto la sanità penitenziaria a una visione organica di sistema ha rappresentato non solo una maggiore tutela della salute dei detenuti ma anche una migliore sinergia con tutte le componenti sanitarie e di volontariato , che necessariamente gravitano intorno al sistema " carceri".

La L. 354 del 1975, che ha istituto la struttura penitenziaria, ha subito posto attenzione alla tutela del diritto alla salute e alla determinazione di competenze.

Oggi la questione sanitaria è ai primissimi posti nella lista del dolore carcerario, ove vi sono malati gravissimi che hanno bisogno d"interventi urgenti ma che non riescono a curarsi adeguatamente per mancanza di personale, di specialisti, di medicinali.

Gli stessi ambienti carcerari di cura sono assolutamente inadeguati, privi d"igiene, di attrezzature, di climatizzazione, ciò per espressa denuncia degli stessi operatori sanitari penitenziari.

La domanda di salute che proviene dalle carceri trova voce nei suicidi dei detenuti in continuo aumento, nella storia di malattie sconfitte nella società ma ancora pericolose tra i reclusi ed oggi anche nella disapplicazione per i detenuti degenti della L.38 del 2010.

"Occorre considerare che l"affermazione dei principi espressi in sede di Consiglio d"Europa[2] con diverse risoluzioni sulla stringente necessità di avere un trattamento sanitario per i detenuti e le persone private della libertà personale equivalente o identico alle persone in stato di libertà, hanno attivato tutti i paesi dell"Unione a considerare questo problema e a programmare normative in tal senso. L"Italia, insieme alla Francia, alla Germania e altri Paesi sono stati i primi a legiferare in tema di sanità penitenziaria rendendo applicabili all"interno delle carceri tutte le opzioni disponibili sul territorio per i cittadini liberi. Particolare attenzione è stata posta in tutti gli Stati membri all"assistenza e al recupero dei tossicodipendenti e alle loro comorbilità psichiatriche e infettive, alla tutela dei minori coinvolti in attività criminali, alle donne detenute".[3]

Con la legge 833 del 1978 si è istituito il Servizio sanitario nazionale e la salute d"ogni individuo (anche detenuto) deve essere assicurata, nel rispetto della dignità della persona umana.

Il diritto alla salute del detenuto è un diritto inviolabile dell"uomo e l"istituto penitenziario in quale formazione sociale è il luogo in cui lo stesso deve esprimersi.

In passato la responsabilità della gestione e l"organizzazione dei servizi sanitari interni alle carceri è era del Dipartimento dell"amministrazione penitenziaria in chiave di specialità legislativa .[4]

Coniugare in ambito carcerario il diritto alla salute con la funzione del sistema detentivo appare in primo impatto difficile, soprattutto nel superamento dei pregiudizi connessi al principio di autorità espresso con la struttura penitenziaria.

L"avere , quindi, portato fuori della stessa, almeno come previsione normativa , la cura del detenuto è sicuramente un"apertura dialettica e politica del sistema legislativo.

Infatti , l'analisi della normativa relativa alla medicina penitenziaria, evidenzia che l'attività rivolta alla tutela e al mantenimento del bene salute sia presupposto imprescindibile per la corretta esplicazione dei fini istituzionali detentivi.

Lo Stato, pur avendo il compito di gestire attraverso l"Amministrazione penitenziaria , l'esecuzione penale, ha il dovere di garantire il rispetto di quella dimensione personale soprattutto attraverso l'attività di tutela della salute della popolazione detenuta,. Se così non fosse, l'esecuzione della pena verrebbe illegittimamente ad incidere sul diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto (art. 32) e si risolverebbe in un trattamento contrario al senso di umanità (art. 27).

Soprattutto nelle carceri la risposta sanitaria deve essere efficace ed avvalersi di un modello organizzativo adeguato al fenomeno del sovraffollamento, della promiscuità, del mutamento etnico della popolazione, della tossicodipendenza, dell'infezione da HIV, del disagio mentale Questi fattori disfunzionali ma esistenti all"interno della realtà carcaeraria accresceno la sofferenza del detenuto ad essi si aggiunge la disapplicazione della L.38 del 2010: alcuna rilevazione e/o cura del dolore come patologia è esistente nel panorama sanitario – carceri, quasi che esso fosse una repubblica a parte , rispetto a quella italiana, per la quale la legge è in vigore a applicata attraverso il sistema sanitario.

 

 

2.            Brevi cenni storici dell"assistenza sanitaria in carcere: dal decreto legislativo 230/99 alla Commissione Tenebra al d.p.c.m. 1 aprile 2008.

Nel 1946, l"Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nell"atto costitutivo dichiara che la salute è "uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non consiste soltanto nell"assenza di malattie o infermità. Il possesso del migliore stato di sanità che si possa raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun essere umano, qualunque sia la sua razza, la sua religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione economica e sociale. I Governi hanno la responsabilità della sanità dei loro popoli: essi per farvi parte devono prendere le misure sanitarie e sociali appropriate".

L"assistenza sanitaria in carcere ha una lunga storia che può prendere , per amore di sintesi, le mosse dal 1931, anno in cui veniva emanato il Regolamento per gli istituti di prevenzione e pena.

Esso prevedeva un medico all"interno di ogni istituto penitenziario e l"assistenza sanitaria non era ancora un "diritto" dell"individuo.

Essa è divenuto tale con la Costituzione italiana del 1948, e solo nel 1958 fu istituito il Ministero della Salute mentre il Servizio sanitario nazionale bisogna attendere al 1978.

La legge 9 ottobre 1970, n. 740 ha disciplinato il rapporto di lavoro del personale sanitario degli istituti penitenziari ed ha consentito la possibilità per gli operatori sanitari penitenziari di continuare a svolgere la loro opera professionale negli istituti penitenziari.

La legge di Riforma penitenziaria (n. 354/75), cinque anni dopo, ha disciplinato la materia, formndo il c.d. "Ordinamento penitenziario".

Nella previsione della riforma tutte le strutture devono avere la presenza garantita di servizi sanitari adeguati alle esigenze della popolazione detenuta, e di specialisti in psichiatria:

Tale normativa era però carente della indicazione dei criteri applicativi.

La salute dei reclusi era però sempre una competenza del Ministero della giustizia.

La legge 833/1978, con il Servizio sanitario nazionale, nella sua disciplina, non menziona e la medicina penitenziaria avente carattere autonomo.

Fino agli anni 1990 e ad eccezione del Testo Unico sugli stupefacenti la materia sanitaria non è interessata da mutamenti normativi di profilo organizzativo.

La legge 30 novembre 1998, n. 419, avente ad oggetto "Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l"adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale", è volta al riordino della medicina penitenziaria. In forza di essa viene emanato il D.Lgs. 22 giugno 1999, n. 230 che, determina il passaggio del personale sanitario e delle risorse dal Dipartimento dell"amministrazione penitenziaria al SSN.

Il decreto si compone di 9 articoli.. L'art. 1 titolato "Diritto alla salute dei detenuti e degli internati" al 1º comma recita: "I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, all" erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali".

E" affermato il diritto alla salute dei detenuti e degli internati, al fine di assicurare loro condizioni uniformi per tutti i livelli d"assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale (PSN) con l'esclusione, per la popolazione detenuta di partecipazione alle spese di prestazione sanitaria

La norma specifica il principio di globalità delle prestazioni previsto dall'art. 1 della legge 833/78, prevedendo in funzione dell'eguaglianza, il collegamento al PSN per l'individuazione dei livelli di assistenza uniformi e degli obiettivi a livello locale.

Il SSN deve assicurare ai detenuti a norma del 2º comma:

a.         livelli di prestazioni analoghi a quelli garantiti ai cittadini liberi;

b.         azioni di protezione, di informazione e di educazione ai fini dello sviluppo della responsabilità individuale e collettiva in materia di salute;

c.         informazioni complete sul proprio stato di salute all'atto d'ingresso e di dimissione dal carcere e durante il periodo di detenzione;

d.         interventi di prevenzione, cura e sostegno del disagio psichico e sociale;

e.         assistenza sanitaria della gravidanza e della maternità, anche attraverso il potenziamento dei servizi di informazione e dei consultori, nonchè appropriate, efficaci ed essenziali prestazioni di prevenzione, diagnosi precoce e cura alle donne detenute o internate;

f.          l'assistenza pediatrica e i servizi di puericultura idonei ad evitare ogni pregiudizio, limite o discriminazione alla equilibrata crescita o allo sviluppo della personalità, in ragione dell'ambiente di vita e di relazione sociale, ai figli delle donne detenute o internate che durante la prima infanzia convivono con le madri negli istituti penitenziari.

Per i detenuti stranieri, il 5º comma recita che "hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai cittadini liberi, a prescindere dal regolare titolo di permesso di soggiorno in Italia".

La legge prevede, a tal fine, l'iscrizione obbligatoria al SSN limitatamente al periodo detentivo. L'iscrizione e l'identità del soggetto erogatore dell'assistenza consentono così di evitare quei fenomeni di mancanza d"assistenza che caratterizzava lo straniero, prima e dopo la dimissione dal carcere. Questi non sarà più sconosciuto alle istituzioni sanitarie pubbliche.

Per quanto concerne il ticket il 6º comma dispone l'esclusione di tutti i reclusi dal sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria per le prestazioni erogate dal SSN, favorendo un eguale accesso alle prestazioni sanitarie senza dover ricorrere all'attestazione dell'esenzione per patologia d'organo.

L'art. 2 al secondo comma specifica che: "L'assistenza sanitaria ai detenuti e agli internati è organizzata secondo i principi di globalità dell'intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarietà dei servizi e delle prestazioni, di integrazione della assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuità terapeutica".

Il terzo comma dell'art. 2 del Decreto 230/99 stabilisce il principio della separazione delle competenze tra le AASSLL e l'amministrazione penitenziaria e all" art. 3 specifica le competenze degli organi del SSN:

a.         il Ministero della Sanità esercita le competenze in materia di programmazione, di indirizzo e coordinamento del SSN negli istituti, già desumibile dalla legge 833/78;

b.         le Regioni esercitano le competenze in ordine alle funzioni di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari regionali negli istituti penitenziari e il controllo sul funzionamento degli stessi;

c.   alle AASSLL sono affidati la gestione e il controllo dei servizi sanitari negli istituti.

Questa legge ha stabilito anche il trasferimento del personale, delle strutture e delle risorse economiche proprie dell'Amministrazione penitenziaria al SSN.

Con decreto 16 maggio 2002 del Ministero della giustizia emanato di concerto con il Ministro della Salute venne istituita la "Commissione mista di studio per il rinnovamento del Servizio sanitario penitenziario" per "pervenire all"adozione di un nuovo modello legislativo" per " innovare i metodi organizzativi e la qualità del servizio sanitario penitenziario, tenendo conto dei risultati delle sperimentazioni effettuate".

Si pensava, all"epoca, ad un modello "intermedio" rispetto al precedente, viste le difficoltà applicative, mantenendo in capo ai medici dell"amministrazione la medicina di base e riservando la medicina specialistica, l"assistenza farmaceutica e ospedaliera al Sistema sanitario nazionale.

Solo nel maggio 2007, veniva costituito, presso il Ministero della Salute, un gruppo tecnico coordinato dallo stesso sottosegretario Gaglione e composto dal sottosegretario alla Giustizia, dai Capi della segreteria e da Dirigenti dei due Dicasteri indicati, nonché da componenti delegali dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome, con l"obiettivo di redigere una proposta di Dpcm attuativo di quanto previsto dal precedente D.lgs 230/99.

Con la G.U n. 126 del 30 maggio 2008 veniva pubblicato il Dpcm. 01 aprile 2008 avente ad oggetto "Le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, delle attrezzature, arredi e beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria" in attuazione dell"art. 2, legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008).

Il Dipartimento dell"amministrazione penitenziaria aveva in precedenza assicurato che entro febbraio 2008 i Provveditori regionali avrebbero fatto pervenire gli elenchi aggiornati delle attrezzature, degli arredi e dei beni strumentali di proprietà dell"Amministrazione penitenziaria trasferiti alle Aziende sanitarie, in base alle competenze territoriali (art. 4 del citato Dpcm).

La parziale applicazione del D.p.c.m. 1 aprile 2008 è stata denunciata sino alla fine del dicembre 2009.

Per l"anno 2010 la situazione non appare ancora di svolta e altri problemi urgono sul tavolo delle trattive: l"inserimento della sanità penitenziaria nel Patto per la salute, la redazione di un Piano nazionale per le carceri italiane da concordare fra ministero della Giustizia e Conferenza Stato-Regioni, l"attivazione di un Osservatorio nazionale sulla salute dei detenuti e degli internati negli Opg, la riserva del 50% dei fondi della Cassa delle ammende per programmi alternativi alla detenzione presentati dalle regioni.

Alle Regioni viene anche chiesta la definizione di moduli organizzativi della sanità penitenziaria suddivisi, per istituto presente nella regione, essendo il servizio sanitario penitenziario articolazione del sistema sanitario regionale e aziendale: ciò per garantire stabilmente un servizio di cure primarie in ogni carcere, di modo che l"assistenza sanitaria sia garantita 24 ore su 24 in maniera continuativa.

" Un ulteriore contributo a questa fase di transizione è arrivato dalla Conferenza Unificata con l"accordo sottoscritto il 26 novembre 2009. In esso si elencano le strutture sanitarie esistenti con indicazione dello stato funzionale26, si fornisce la loro classificazione secondo il modello precedente al transito al SSN, si definiscono i criteri da seguire nella realizzazione dei modelli di sanità penitenziaria ed in particolare viene sottolineata la necessità della creazione di un rete sanitaria Regionale e Nazionale che vada dagli ambulatori per la cura, soprattutto di patologie croniche, all"interno di ciascun Istituto penitenziario, ai posti-letto negli ospedali esterni, ai reparti ospedalieri detentivi (già realizzati a Milano, Roma, Viterbo, Napoli) con autonomia organizzativa e gestionale, ai CDT (Centro Diagnostico e Terapeutico nella vecchia denominazione del Ministero della Giustizia) realizzati all"interno degli Istituti Penitenziari, ai reparti per detenuti HIV, a quelli per disabili, per minorati psichici, ai reparti di osservazione psichiatrica, agli Istituti o sezioni a custodia attenuata"[5]

 

 

 

3. Lo stato attuale della legislazione in relazione alla L.38/2010 e alla gestione della cartella clinica nelle strutture carcerarie .

 

Legge 38 del 2010 riconosce l"Italia come uno dei Paesi all"avanguardia nella "lotta al dolore". Essa prevede – per l"effettività dei diritti e delle prestazioni assistenziali concrete –un ruolo centrale delle Autonomie locali. Di questa processo applicativo, non vi è stato inizio all"interno delle strutture carcerarie per i detenuti degenti ( come richiede la legge 38/2010) e dovrebbe essere esteso legislativamente al più presto a tutti i detenuti, anche non degenti, atteso che anche all"interno delle strutture carcerarie la competenza legislativa è delle Regioni[6]

Lo Stato, nelle carceri, non può gravarsi di responsabilità aggiuntive e deve superare la chiara percezione di una terapia del dolore "a due velocità": quella del mondo ideale – delineato nella Legge – e quella della vita reale, nella quale non mancano le difficoltà e i disservizi, soprattutto se il ritardo dipende dalla mancata implementazione della struttura deputata a garantire il "diritto a non soffrire". Nelle strutture detentive, poi, questa normativa è sconosciuta perché disapplicata completamente, sebbene essa sia in vigore e siano state individuate competenze regionali.

La legge impone l"utilizzo appropriato di tutti i farmaci analgesici adeguati al trattamento del tipo di sofferenza nel quale è più patente la carica patologica del dolore: il dolore cronico. Esso è la principale manifestazione del dolore come vera e propria malattia, (non più dolore nocicettivo), ma malfunzionamento del sistema di ricezione o di trasmissione dell"impulso doloroso, ad essersi ammalato è il sistema stesso di percezione del dolore. Questi casi sono i più diffusi numericamente e i più limitanti per la qualità di vita dei pazienti.

La Corte EDU ha da sempre svolto un funzione di presidio dei diritti dei detenuti, ed anzi questo costituisce uno dei filoni più articolati della giurisprudenza di Strasburgo. Infatti, è un principio fermo nella giurisprudenza della Corte che, in linea di principio, la carcerazione non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla CEDU. L"O.M.S. ha emanato delle direttive intitolate Principio di equivalenza delle cure, con cui ha sancito l"esigenza di garantire al detenuto le stesse cure mediche e psico-sociali che sono assicurate a tutti gli altri membri della comunità. Da esso discendono due corollari che devono essere perseguiti dai servizi sanitari: la garanzia "dell"equità del diritto" alla salute senza discriminazione alcuna o condizione di detenzione, valevole per tutti i cittadini; la garanzia "dell"equità delle cure", cioè la "garanzia dell"accesso" a cure uguali per tutti. Il diritto alla salute comprende anche l"aspetto prettamente medico (diritto alle informazioni sulle stesse, alla comunicazione con i congiunti, all"accesso ai dati riguardanti le cure praticate), al diritto al mantenimento della propria identità psico-fisica, al diritto alla salubrità dell"ambiente, al diritto degli indigenti (quasi tutti i detenuti, lo sono e indipendentemente dal reato commesso) alle cure gratuite, al diritto di accesso alle strutture.

Ciò deve valere necessariamente anche per la legge 38 del 2010. Questa disapplicazione si coniuga ed evidenzia un'altra criticità all"interno delle strutture carcerarie , quella relativa alla corretta tenuta della cartella clinica.

Con il DG RER n. 2 del 11.1.2010 si sono definiti gli obiettivi della sanità in ambito penitenziario, in rapporto alle diverse attività e discipline mediche alla luce della gestione della documentazione sanitaria di competenza regionale e quindi del rispetto degli standard di corretta tenuta e gestione della documentazione sanitaria definiti dalla DGR RER n. 1706/09.

In tempi politici di grande velocità andrebbe anche posta l"attenzione sulla valutazione di compatibilità del software attuale quale adeguato interfaccia tra II.PP. e AUSL affinchè lo strumento informativo individuale sia finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche significative relative ad un paziente e ad un singolo episodio di ricovero. Una corretta tenuta della cartella clinica non è solo un diritto del detenuto , ma anche garanzia per l"operatore.

La realtà è molto diversa da quello che si rinviene nelle previsioni di legge.

Nella regione Toscana – ha riferito il direttore del Dipartimento dell"amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, nel corso di un"audizione alla Camera dei Deputati presso la Commissione parlamentare d"inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, il 3 febbraio 2010 - "orientativamente, nel primo semestre del 2009 sono state portate dai vari centri di detenzione agli ospedali 534 persone; nel secondo semestre del 2009 ne sono state portate 777, per un totale di circa 1.300. Questo significa che un medico dell"azienda sanitaria locale – non più un medico penitenziario - ha disposto la visita ospedaliera per circa 1.300 persone. A fronte di questo dato, ci sono stati circa 200 ricoveri. Quindi, sono uscite dalle varie carceri della Toscana 1.321 persone e ne sono tornate indietro più di 1.100, dal momento che ne sono state trattenute per ricovero solo 206. Questo significa o che il medico che ha visitato le persone detenute ha largheggiato, oppure che la struttura sanitaria ha una forte resistenza al ricovero, cosa che mi sembra abbastanza improbabile".

Appare indispensabile non solo una corretta applicazione delle normative virtuose, ossia a tutela dei diritti costituzionali dei singoli, detenuti e non, ma è anche Indispensabile che negli accordi di gestione tra le due amministrazioni (a livello regionale e locale) siano previste voci relative anche alla documentazione sanitaria (oltre alle reciproche comunicazioni di dati sanitari o giudiziari), con modalità che rispettino i diritti/doveri di ciascuna e permettano lo svolgimento al meglio dei diversi compiti istituzionali cui sono preposte.

 

 

 

 

 



[1] " Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria" (G.U. 30 maggio 2008, n. 126) e D.Lgs. 22 giugno 1999, n. 230, "Riordino della medicina penitenziaria a norma dell"art. 5, della legge 30 novembre 1998, n. 419" (in G.U. 16 luglio 1999, n. 165, suppl. ord. n. 132).

[2] Nel 1987, il Consiglio d'Europa, ha adottato le c.d. Regole minime europee in materia penitenziaria, sulla base di un precedente documento del 1976 concernente il trattamento dei detenuti. La finalità è di stabilire una base di regole minime su tutti gli aspetti dell'Amministrazione penitenziaria "che siano essenziali per assicurare delle condizioni umane di detenzione e un trattamento positivo". Nel Preambolo, si prospetta, inoltre, la possibilità di una evoluzione di tali norme, attraverso l'impegno a "definire criteri di base realistici, che permettano alle amministrazioni penitenziarie di giudicare i risultati ottenuti e di misurare i progressi in funzione di più elevati standard qualitativi" nella dichiarata convinzione che l'ambiente e le condizioni personali sono determinanti nei progetti trattamentali di rieducazione. Nell'art. 1 si legge che "la privazione della libertà deve eseguirsi in condizioni materiali e morali che salvaguardino il rispetto della dignità umana e in conformità con queste regole". E ancora all'art. 3: "la finalità del trattamento dei detenuti deve essere quella di salvaguardare la salute e la dignità". Particolare attenzione viene rivolta alle caratteristiche degli istituti, degli ambienti e dei regimi di vita negli stessi e alla tutela della salute del detenuto attraverso una serie di regole sulla prevenzione, sul servizio sanitario generico e specialistico.

[3] Cfr. A. Salvati - Il passaggio dell"assistenza sanitaria in carcere al sistema sanitario nazionale- da Riv . Amministrazione in cammino

[4] Consiglio di Stato, Sez. III, 7.7.1987. Tale parere, inoltre, considera il medico penitenziario parte integrante del trattamento e come mezzo particolarmente incisivo per far acquisire fiducia verso l'Amministrazione penitenziaria da parte dei detenuti.

 

 

[5] Cfr. A. Salvati - Il passaggio dell"assistenza sanitaria in carcere al sistema sanitario nazionale- da Riv . Amministrazione in cammino

[6] DPCM 1°aprile 2008 (Trasferimento al SSN delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strum. in materia di SP (GU 30.5.08, in vigore dal 14.6.08) Art. 2, comma 1: "Le regioni assicurano l"espletamento delle funzioni trasferite … attraverso le Aziende sanitarie locali… nel cui territorio di competenza sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili" Art. 3: il personale che esercita funzioni sanitarie nell"ambito del Dip. dell"AP e della G.M. è trasferito alle AUSL (cmq tenuto ad osservare   ord. Penit.); Art. 4: attrezzature, arredi, beni strumentali afferenti alle attività sanitarie sono trasferiti alle AUSL – locali concessi in uso a titolo gratuito; Accordo CU - 20.11.2008:Previsione di accordi e protocolli di intesa per definire le forme di collaborazione tra componente sanitaria e ordinamento penitenziario, a livello: REGIONALE (RER – Provveditorato regionale) LOCALE (AUSL – singolo istituto);Accordo CU - 20.11.2008: Diario clinico cartaceo e cartella clinica possibilmente informatizzata e adottata sull"intero territorio nazionale e di competenza delServizio Sanitario, costituiscono lo strumento per raccolta e gestione dei dati sanitari e la loro consultazione è tutelata dalla vigente normativa sulla privacy. AP e GM accedono, secondo modalità concordate, ai dati sensibili sanitari dei detenuti per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali; Accordo CU - 20.11.2008: Aree di collaborazione rispetto alle quali rappresentanti della Sanità e dell"AP/GM devono assumere IMPEGNI FORMALI: -   Condivisione dati sanitari (in particolare per collocazione e trattamento di soggetti con particolari problematiche sanitarie, spt se nuovi giunti); - Trasferimento di dati giudiziari al personale sanitario (quando necessario per migliore gestione sanitaria delle persone detenute)- Accordo CU - 26.11.2009 (all.A) … in capo all"AP e alla GM residuano alcune funzioni sanitarie: 1) Trasferimento per motivi di salute (la valutazione tecnica medica entra a far parte della valutazione complessiva della sede ritenuta più idonea dall"AP); …si conviene che AP e GM hanno necessità di accedere a tutti i dati sanitari del singolo detenuto INDISPENSABILI per una corretta collocazione dello stesso nel sistema… … il SSR fornisce, a livello di singolo istituto…, tutte le informazioni sanitarie relative al singolo detenuto, necessarie a corretta allocazione, gestione e trattamento, nonché per finalità istituzionali di competenza… la direzione dell"istituto comunica alla AUSL i dati giudiziari quando necessari alla gestione sanitaria Rinvio a protocollo operativo su modalità di comunicazione - DG RER n. 2 del 11.1.2010 -




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