-  Redazione P&D  -  13/01/2013

LETTERA APERTA A TOTÒ CUFFARO - Mario IANNUCCI

Psichiatra del Carcere di Sollicciano

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Egregio Collega,

sono uno psichiatra e lavoro in carcere dal 1979. Lavoro "anche" in carcere. Vorrei che mi consentissi, come collega, di darti del tu, nonostante la differenza della nostra posizione: io sono sempre stato soltanto un medico, mentre tu sei stato un arcinoto Governatore di Regione (poco importa che tu non lo sia più: resta sempre, come sai bene, qualcosa del ruolo istituzionale che si è rivestito, non solo nel "titolo" che si conserva). Ho letto, su "Ristretti Orizzonti", l"articolo-intervista di Bruno Vespa, pubblicato originariamente su Panorama. L"ho letto e, nel complesso, l"articolo non mi è piaciuto. Non mi piace granché Bruno Vespa, ma questo è affar mio e la mancanza di simpatia per Vespa non sposta di un millimetro il giudizio sul contenuto dell"articolo e sul suo stile. "Lo stile è l"uomo", come ci ha insegnato Monsieur de Buffon. Una frase che Jaques Lacan ha indicato come possa prendere un valore aggiuntivo se solo si introduce un apostrofo: "l"ostile è l"uomo". Di certo l"accostamento a Silvio Pellico, evocato dal titolo dell"articolo di Vespa (Toto Cuffaro e "le sue prigioni" ), mi pare un po" ardito ("non l"ho scelto io il titolo", mi dirai, forse non lo ha scelto nemmeno Vespa: ma le cose non avvengono mai per caso).

Vorrei parlarti di molte cose in questa mia lettera, ma non c"è né tempo né spazio. La lettera non può che essere breve. Alcune cose te le dirò in maniera diretta, per altre userò delle metafore. Vorrei dirti, in primo luogo, che apprezzo molto il fatto che tu abbia ripreso gli studi, poco importa che si tratti degli studi di giurisprudenza. Il valore della Legge, si sa, è fondante per l"uomo e per la società, anche se l"uso che si fa delle leggi, specie in questa Italia impoverita, è spesso destinato a negare quel valore (della Legge). L"auspicio che formulo è che l"uso che hai fatto, durante la tua attività istituzionale, della vantata competenza in materia di legislazione degli Enti Locali, non sia andata nel senso di una negazione della Legge.

Ti sono anche grato per avere accennato al carattere "leggendario" di quella "rieducazione" carceraria di cui parla l"art. 27 della Costituzione. Io non amo il termine rieducazione, ma sono in ogni caso d"accordo sul carattere del tutto inappropriato di quella riabilitazione (riabilitazione è «termine de" legisti e canonici» - per dirla col Tommaseo - che viene molto usato anche in medicina e che mantiene tutto il senso che ha assunto negli ambiti di origine anche quando, come è accaduto con crescente frequenza negli ultimi anni, viene usato in ambito psichiatrico) cui le pene dovrebbero tendere. Perché una riabilitazione possa avvenire, in un luogo come il carcere dove si ammassa (persino nelle Sezioni di Alta Sicurezza) un disagio esistenziale e psichico così grande, occorre la presenza di "operatori della riabilitazione" estremamente qualificati. Occorre preparare costantemente tutto il personale (anche e soprattutto quello della "sorveglianza") a queste funzioni di riabilitazione. Purtroppo, però, questo non avviene.

Ti sono infine grato perché fai alcune osservazioni sul carcere che io reputo profonde. Ancora più le riterrei profonde se le sentissi sincere. "[Il carcere] - tu scrivi - ti dà il tempo per incontrarti con te stesso, se hai voglia di farlo. Allora parli con la tua anima, con la tua coscienza e trovi dentro di te il clima giusto. Se accetti il carcere, ce la fai. Altrimenti la vita qui dentro è devastante. E bada, per farcela non devi avere rancori, risentimenti. Se io li avessi coltivati, il carcere sarebbe stato un inferno...".

Fino a qui tutto bene, dunque, nell"articolo di Vespa. Passiamo invece ai motivi di dissenso. Il primo motivo è l"identificazione che compi tra i detenuti e le cornacchie (quelle di Apollo e Coronide). Ci spieghi anche il perché.

"[…] Una volta le cornacchie erano bianche e bellissime. Apollo ne scelse una come custode della sua amante Coronide, una principessa arcade. Ma l"indole umana portò Coronide a innamorarsi di un guerriero greco. Apollo furioso uccise con un dardo Coronide che prima di morire gli confessò di aspettare un bambino da lui. Apollo, pentito, estrasse dal ventre della donna il bambino che sarebbe diventato Esculapio, dio della medicina, e punì la cornacchia [che non aveva vigilato bene, come era suo compito] facendola diventare nera e con la voce sgraziata".

Trovo che nessuna cosa possa essere meno opportuna della identificazione fra i detenuti e le cornacchie. Abiti il carcere da un tempo sufficiente per sapere che quei "custodi" che sono venuti meno al loro compito, diventando complici o artefici di malefatte quando avrebbero dovuto vigilare affinché quelle malefatte non avvenissero, in carcere debbono essere ristretti in sezioni speciali, le cosiddette sezioni "protette", poiché non vengono certo veduti di buon occhio dagli altri detenuti. Forse sarebbe bene che tu riflettessi sulla identificazione di te stesso con una "cornacchia". Ma ti prego: non identificare tutti i detenuti con delle "cornacchie".

Il secondo motivo di dissenso riguarda quel "dialogo con l"anima" che, stando a ciò che dici, ti ha portato ad "accettare il carcere". Come mi ha insegnato l"amico Alessandro Margara, "il carcere è il più grande produttore di innocenza che ci sia". Al suo interno è difficile trovare qualcuno "che si dichiari colpevole". Mi capita frequentemente, come puoi capire, di parlare con imputati, sottoposti alla custodia cautelare in carcere, che professano con forza la loro innocenza. Ho assistito taluni carcerati che sono poi stati assolti per non avere commesso il fatto. Agli imputati che si dichiarano ingiustamente detenuti, io mi rivolgo a volte con queste parole: "Lei sa bene se è innocente o colpevole delle accuse che l"hanno portata in prigione. Se è colpevole, provi a immaginare cosa avverrebbe nel caso ammettesse le sue colpe (le sue, non quelle degli altri): il giudice non infierirebbe e le sarebbe consentito l"accesso ai benefici previsti dalle leggi. Se invece è innocente, si batta con le unghie e con i denti per vedere riconosciuta la sua innocenza e ripristinati i suoi diritti che ora vengono calpestati". Come puoi capire, egregio collega, non avrei avuto bisogno di rivolgermi in questo modo, qualora avessi avuto la fortuna di incontrarli, a Silvio Pellico, ad Antonio Gramsci, a Sandro Pertini. Nemmeno a Enzo Tortora, che ho casualmente incrociato durante la mia lunga attività. Sarebbe cosa molto buona, quando si è condannati innocenti, se si riuscisse a non nutrire rancore e risentimento: come uomini, tuttavia, non sempre riusciamo a tenere a bada i nostri sentimenti. Ma non si può e non si deve accettare un giudizio ingiusto, una ingiusta carcerazione. Solo chi è colpevole è bene che "accetti il carcere". Talora non riesce ad accettarlo nemmeno chi è colpevole, magari di una colpa fra quelle che, ahinoi, erano e restano estremamente "comuni" fra i potenti: persino fra coloro che sanno di essere colpevoli, i modi, i tempi e i fini di una prigionia risultano inaccettabili. La lettera-testamento di Gabriele Cagliari, del luglio 1993, la conosci senz"altro. Un"altra cosa, caro collega: siccome sono in carcere da molti anni, quell"invito che, come ti ho detto, rivolgo talora agli imputati che proclamano la loro innocenza, evito di rivolgerlo ai "mafiosi": non siamo degli sprovveduti, né io né i mafiosi, e sappiamo benissimo a quali conseguenze nefaste, per sé e per i propri familiari, porterebbe la risoluzione di quel tipo di complicità nel male (per dirla con Sant"Agostino) che si instaura con il patto mafioso.

Fra il "pentimento" previsto dalle norme sui "collaboratori di giustizia" e il pentimento interiore (la teshuvah, il "ritorno" che porta all"accettazione della condanna) ci corre un oceano. Nella "presentazione" che di te hai fatto negli anni (riguarda la tua foto, mentre, sorridente fra sostenitori affamati, "sposti il vassoio di cannoli") e che continui a fare, io non vedo traccia di quella sottomissione alla Legge (a Euristeo) e di quella fortificazione attraverso le prove che consentono a Eracle di emendare le sue colpe, la folle "strage dei suoi figli" (si fa "strage dei propri figli" anche pervertendo l"uso delle Istituzioni). Manasse (II Cron 33), negli ultimi tempi della sua vita, fu un giusto re di Giuda. Ma agli inizi del suo regno aveva restaurato l"idolatria e addirittura "sacrificato i suoi figli". Allora il Signore fece sconfiggere Giuda dai capi dell"esercito del re d"Assiria, che catturarono Manasse con uncini e lo condussero prigioniero a Babilonia. Manasse, "nella sua angoscia, implorò il Signore, suo Dio, e si umiliò profondamente davanti al Dio dei suoi padri. Lo pregò e Dio si lasciò placare. Esaudì le sue suppliche e lo ricondusse a Gerusalemme nel suo regno". Manasse, nel suo cuore, aveva davvero "accettato e rispettato la sentenza" e la punizione, ma non perché era "frutto del lavoro delle istituzioni". Le istituzioni che sbagliano vanno arditamente combattute: ce lo insegnano Silvio Pellico e gli altri.

La citazione del Vecchio Testamento, così come i riferimenti al Mito, non vogliono avere, collega che mi stai senza dubbio a cuore per la condizione nella quale ti trovi, alcun valore "rieducativo" e didattico. So bene che siamo tutti peccatori e non scaglierò non la prima pietra e nemmeno le successive. Ma per favore caro collega, appena uscirai dal carcere o anche prima se potrai, riguarda le tue foto con i cannoli, ascolta i comizi nei quali parli di cannoli, di cassate e di mousse. Poi, dopo avere dialogato con la tua anima fuori dai riflettori, restituisci a tutti noi l"immagine di un mentsh, di un uomo responsabile, che fa le cose giuste, non di cameriere che "sposta cannoli".

Questo è l"auspicio che mi sento di formulare, augurando a te ogni bene, a tua moglie medico, a tuo figlio che lo diverrà, e anche a te, di essere sempre degli ottimi medici nel solco di Esculapio e di Ippocrate, a tua figlia che studia giurisprudenza di riconoscersi costantemente nel valore della Legge.

 

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Giustizia: Toto Cuffaro e "le sue prigioni"... perché la rieducazione carceraria è una leggenda

di Bruno Vespa

Panorama, 4 gennaio 2013

"Lo sai che le cornacchie una volta erano bianche e bellissime? Apollo ne scelse una come custode della sua amante Coronide, una principessa arcade. Ma l"indole umana portò Coronide a innamorarsi di un guerriero greco. Apollo furioso uccise con un dardo Coronide che prima di morire gli confessò di aspettare un bambino da lui. Apollo, pentito, estrasse dal ventre della donna il bambino che sarebbe diventato Esculapio, dio della medicina, e punì la cornacchia facendola diventare nera e con la voce sgraziata".

Totò Cuffaro alza lo sguardo; "Qui intorno a Rebibbia il cielo è pieno di cornacchie. Ma in fondo cornacchie siamo anche noi detenuti. Un tempo eravamo belli e puri come l"uccello di Apollo. Poi ci siamo sporcati e la società ci ha affidato a un custode incolpevole, il carcere. La rieducazione carceraria è una leggenda. Il carcere non ha i mezzi e le strutture. Ma ti dà il tempo per incontrarti con te stesso, se hai voglia di farlo. Allora parli con la tua anima, con la tua coscienza e trovi dentro di te il clima giusto. Se accetti il carcere, ce la fai. Altrimenti la vita qui dentro è devastante. E bada, per farcela non devi avere rancori, risentimenti. Se io li avessi coltivati, il carcere sarebbe stato un inferno...".

Cuffaro ha raccontato la storia dell"uccello punito da Apollo in un bel libro (Il candore delle cornacchie) che mi dedica scrivendo accanto alla firma "detenuto in Rebibbia". "Volevo una copertina rigida, ma in carcere un libro così non sarebbe entrato. Si teme che dento la rilegatura possa nascondersi droga. Qui la droga ente nascosta nei posti più impensabili, la biancheria dei bambini, i reggiseni delle nonne...". Ha scontato due anni dei sette inflittigli per associazione mafiosa: ha detto a un amico di non andare a casa di un sospettato di mafia perché sarebbero stati intercettati. Carcere semiduro: niente permessi, meno colloqui, meno telefonate degli altri detenuti. Più di 100 parlamentari

sono andati a trovarlo in carcere: il senso dì colpa della classe politica per una vicenda assurda. "La mia cella? Lina stanza 4 metri per 5 che divido con 3 compagni: un ergastolano per duplice omicidio e alni due condannati per traffico di stupefacenti, rapina e truffa. Andiamo d"accordo, altrimenti la vita sarebbe complicata. Giuseppe, il "truffatore", cucina la cena. A pranzo usiamo il vitto del carcere. La sera, alle 6 del pomeriggio, integriamo. Io lavo i piatti, pulisco la cella e il bagno. Ci mettono a disposizione i detersivi, ma se qualcuno tenta il suicidio bevendo candeggina, magari non ce la passano per un mese. Un altro compagno una volta alla settimana fa le pulizie di fondo. Il quarto lavora nella cucina del carcere. Io dormo 2 o 3 ore per notte.

Quando mi sveglio, mi accendo una lucetta avvolta nella carta igienica per non disturbare gli altri e leggo, scrivo, rispondo alle lettere: 170 in 15 giorni dopo che il Corriere della sera ha fatto una bella recensione al mio libro. Perché scrivo a matita? Hai mai provato a scrivere sdraiato con la biro? Dopo un minuto l"inchiostro non scende più.

Sono medico, ma ho deciso di studiare legge. Sono al terz"anno, ho dato 11 esami, la media è molto alta. Vengono i professori dalla Sapienza. Oliviero Diliberto, il leader dei Comunisti italiani, mi ha dato 30 e lode all"esame di istituzioni e di diritto romano.

Il professor Cerri per darmi la lode in diritto costituzionale mi ha fatto un"ultima domanda sui conflitti di attribuzione tra Stato e regioni a statuto speciale. Capirai, sono stato 7 anni presidente della Regione siciliana... Eppure, sembra incredibile, Cerri non mi ha riconosciuto. Quando approfondivo, lui mi ha chiesto: ma lei queste cose come le sa? E io: le ho lette sul suo libro, professore. Lui: ma nel mio libro non ci sono scritte... Non so se poi qualcuno gli abbia chiarito il mistero, ma per me è stato meraviglioso questo ritorno nella normalità dell"anonimato, dopo tanti anni sotto i riflettori.

D"altra parte i detenuti alla normalità ti abituano subito: qui non si fanno sconti, sei subito uno come gli altri. Dicevamo della mia giornata. Alle 8 e mezzo esco dalla cella con il mio k-way rosso e vado a correre per un"ora e mezzo, la mia razione d"aria. Mi vedi in forma? Nei 2 anni di detenzione ho perso 31 chili. Prima cenavo all"una di notte, andavo a letto alle 2, alle 7 già ricevevo gente. E ingrassavo. Dopo la corsa, doccia e studio.

Nel pomeriggio altra "aria" e poi 3 ore di studio e di lezione. Cena e televisione, solo la sera per evitare gli eccessi. Una volta alla settimana, c"è il colloquio con la famiglia. Per il detenuto la festa non è Natale o Pasqua: è il colloquio. Quando in fondo al corridoio urlano il tuo nome e dicono di prepararti al colloquio entri in una specie di incantesimo. Passi davanti alle celle dei tuoi compagni e loro si affacciano dalle sbarre e dicono: "Buon colloquio!".

Io, condannato per mafia, ho diritto a 4 ore di colloquio al mese, 2 meno degli altri. E 2 telefonate al mese, contro 4 o 6 degli altri. Utilizzo le telefonate per parlare con i miei genitori, soprattutto con mio padre che sta morendo. A ottobre mi hanno consentito di vederlo un"ultima volta a Raffadali. (Il papà di Cuffaro è morto il 31 dicembre, ma al figlio non è stato possibile assistere ai funerali del 2 gennaio perché il giorno di Capodanno non c"era nessun magistrato di turno che leggesse la richiesta di permesso, ndr).

Qui ogni venerdì vengono mia moglie e i miei figli. Potrebbero venire una volta per 4 ore, o 2 volte per 2 ore. Mia moglie vuole venire ogni settimana: è medico, paga questi viaggi con le notti in ospedale e parte da Palermo per stare un"ora sola con me. Il regolamento ci consente di tenerci per mano. Una telecamera ci filma, senza audio.

E appena lei mi lascia, ricomincia l"attesa per il venerdì successivo. Vengono anche i due figli, il maschio che studia medicina e la femmina che si è laureata a luglio in legge. Ho letto l"indomani sul Corriere della sera che aveva avuto la lode con encomio pubblico. Nonostante quello che mi è successo, mia figlia continua nella sua vecchia idea di fare il magistrato e s"è già iscritta ai corsi preparatori. È una nemesi storica e sono molto contento di avere fatto capire ai miei figli il valore delle istituzioni".

"Dove ho sbagliato? Di una cosa sono certo: non ho mai favorito la mafia. Sono stato condannato con l"accusa di avere detto a Mimmo Miceli, candidato del mio partito, l"Udc, alle elezioni del 2001: perché vai a casa di Giuseppe Guttadauro che è intercettato? (Guttadauro, poi rivelatosi un boss mafioso, è medico ed era collega di Miceli, anch"egli medico, nell"ospedale civico di Palermo). In primo grado mi diedero 5 anni per favoreggiamento e violazione del segreto d"ufficio. In appello l"accusa sostenne che Guttadauro, grazie alla soffiata, aveva scoperto le microspie che aveva in casa vanificando anni di indagine e fui condannato a 7 anni per avere favorito l"intero fenomeno mafioso.

La Cassazione ha confermato, nonostante il parere contrario del procuratore generale. Quando mi si accusa di rapporti con Michele Aiello (manager della sanità condannato a 15 anni per associazione mafiosa) si dimentica che Aiello andava a cena con Antonio Ingroia. Entrai al ristorante, li vidi insieme e me ne andai perché Ingroia mi aveva indagato. Ho raccontato queste cose da Santoro, Ingroia mi ha querelato e il processo è in corso. Le foto con i cannoli?

L"accusa di avere voluto festeggiare la condanna di primo grado perché non mi avevano riconosciuto colpevole di avere favorito la mafia? La sentenza era stata pronunciata sabato e io avevo indetto per lunedì mattina una conferenza stampa per annunciare le mie dimissioni. Entrato nella sala delle riunioni con i giornalisti, vidi un vassoio di cannoli sul tavolo, portato come ogni lunedì da un signore di Agrigento.

Invece di dire a un commesso di spostarlo, lo feci io come un cretino. I giornalisti sono testimoni che non ho offerto cannoli a nessuno, ma i flash dei fotografi mi fissarono col vassoio in mano e l"effetto fu devastante. Gli errori che mi riconosco? Troppo disponibile ad abbracciare e baciare la gente, a stingere qualche mano sbagliata senza accorgermene.

Quello che è stato definito cuffarismo, clientelismo sfrenato era ricevere fino alle 2 di notte persone che magari aspettavano dalle 2 del pomeriggio e alla fine non mi chiedevano niente, se non di potere dire di avere bevuto un caffè col presidente della Regione. Se scendi tra la gente, in Sicilia corri sempre il pericolo dì sbattere contro la persona sbagliata.

E io sono andato a sbattere contro la mafia senza avere mai voluto favorirla. Perciò auguro a Rosario Crocetta che non gli succeda quello che è capitato a 13 su 15 dei suoi predecessori. Se anche lui inciampasse in qualche guaio giudiziario, sarebbe un ulteriore colpo mortale per la Sicilia. Mi auguro che abbia voglia di governare e lo faccia bene. Io? La politica è stata la mia vita fin da quando ero ragazzo, la seguo anche adesso, scontando la legge del contrappasso".

"Eppure la politica è molto cambiata. La De e il Pei avevano le correnti, ma sui temi di fondo erano unitissimi. Adesso i partiti si stanno aggregando più su un"idea economica della rappresentanza che su un ideale. In ogni partito c"è tutto e il contrario di tutto. E scegliere è più complicato. Crocetta è stato eletto con un sesto dei voti con cui sono stato eletto io. Avevo previsto che più di metà dei siciliani non sarebbe andata a votare e ho azzeccato.

Prendi mia madre, democristiana da sempre. Se votava Udc dava il voto a Crocetta, ma se votava Pdl votava Nello Musumeci, che viene dall"estrema destra. A livello nazionale, speravo che Mario Monti mettesse insieme tutti i moderati, dall"Udc al Pdl e invece adesso il moderato che vota Udc rischia di vedere il suo partito alleato di Nichi Vendola.

Eppure, se potessi, mi ributterei in politica con i rischi che comporta. Vuoi mettere l"arricchimento che ti dà stare in mezzo alla tua gente? E invece sto qui, col peso di una interdizione perpetua dai pubblici uffici che mi impedirà perfino di fare il medico dentro un ospedale. A proposito del carcere che reinserisce nella società. Aspetto l"autunno per chiedere che venga attenuato il rigore della pena per mafia ed eventualmente essere poi ammesso ai servizi sociali. Quando uscirò, rimarrò vicino ai detenuti e tornerò alla mia azienda agricola vicino a Piazza Armerina. Le arance, i fichi d"india. Ah, i fichi del secondo fiore".




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