-  Rossi Stefano  -  05/02/2017

Limiti di bilancio e diritti fondamentali delle persone con disabilità - Corte cost. n. 275/2016 - Stefano Rossi

La sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 2016 trae origine da una controversia tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara, a seguito della richiesta di quest"ultima del versamento, da parte della prima, di una quota pari al 50% delle risorse necessarie e documentate per il servizio di trasporto degli studenti disabili (annualità 2006-2012). La Regione aveva infatti erogato finanziamenti per somme di oltre un miliardo di euro inferiori a quelle documentate dalla Provincia. Il rifiuto al completo rimborso del 50% delle spese sostenute per il servizio di trasporto trovava fondamento, per la Regione, nell"art. 6, 2-bis co., della legge Regione Abruzzo n. 78 del 1978 (Interventi per l"attuazione del diritto allo studio), così come integrato dall"art. 88, 4° co., della legge Regione Abruzzo 26 aprile 2004 n.15 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo, Legge finanziaria regionale 2004), ove si prevedeva l"erogazione di quel contributo solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa». In sostanza, il contributo regionale teso a rendere effettivo il diritto degli alunni disabili ai servizi di trasporto e assistenza scolastica sarebbe del tutto aleatorio e rimesso ad atipiche e indefinite esigenze finanziarie di bilancio.

La Provincia di Pescara adiva il Tar per l"Abruzzo, chiedendo l"integrale versamento del 50% della somma erogata, laddove il mancato finanziamento delle spese sostenute avrebbe determinato, nel tempo, un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, così da compromettere l"erogazione dell"assistenza specialistica e dei servizi di trasporto.

Il Tribunale amministrativo abruzzese, con ordinanza del 19 marzo 2014, sollevava questione di legittimità costituzionale nei confronti dell"art. 6, 2-bis co., della legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78, aggiunto dall"art. 88, 4° co., della legge della Regione Abruzzo 26 aprile 2004, n. 15, nella parte in cui prevedeva che, per gli interventi di cui all"art. 5-bis della legge regionale n. 78 del 1978, la Giunta regionale avrebbe garantito un contributo del 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa.

Il Tribunale appunta la sua attenzione sulla illegittimità costituzionale dell'art. 6 comma 2-bis della L.R. Abruzzo n. 78 del 1978, per contrasto con l'art. 38 della Costituzione, commi 3 e 4, a mente dei quali «Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato»; ed inoltre per contrasto con l'art. 10 della Costituzione, in relazione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall"Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e ratificata e resa esecutiva dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, il cui art. 24 statuisce che gli Stati Parti «riconoscono il diritto delle persone con disabilità all"istruzione».

Ad un esame sommario, la norma di cui all"art. 6 comma 2-bis della L.R. Abruzzo n. 78 del 1978 si limita solo a ripartire tra due enti territoriali l"onere del servizio di assistenza agli studenti disabili. In realtà, condizionando il finanziamento del 50% delle spese già sostenute dalle Provincie (e approvate o comunque non contestate dalla Regione, secondo il paradigma di cui all"art. 5-bis della legge regionale n. 78 del 1978) a generiche e indefinite previsioni di bilancio regionale, viene a realizzare una situazione per cui le Provincie stesse non possono contare su tale percentuale di finanziamento in modo sistematico e certo, ma il rimborso parziale di quanto speso diviene una posta aleatoria e incerta, totalmente rimessa a scelte finanziarie arbitrarie della Regione, niente affatto orientate da una predeterminata scala di valori e beni-interessi da soddisfare.

In tal modo, l"effettività del diritto allo studio degli studenti disabili, previsto dalla Costituzione, viene viceversa rimessa dalla legge regionale ad arbitrari stanziamenti di bilancio di anno in anno decisi dall"ente territoriale, il quale potrebbe quindi destinarli a tutela di beni-interessi che non godono di tutela piena ed incondizionata come il diritto allo studio degli studenti disabili.

Si deve assumere come dato incontestato, pertanto, la circostanza che, condizionando detto finanziamento, in quanto non reso obbligatorio in misura fissa e determinata, a generiche ed immotivate scelte di mera allocazione di fondi, la norma della legge regionale ha finito per condizionare a tali scelte, arbitrarie e immotivate, il diritto degli alunni disabili a fruire dei servizi di trasporto scolastico, senza alcun criterio precostituito a salvaguardia della effettività del diritto alla frequenza scolastica, anche in caso di disabilità non fronteggiabili autonomamente dalle famiglie.

Sicchè, pur restando in ipotesi il numero degli alunni disabili un dato costante (se non in crescita), il finanziamento del servizio potrebbe essere ridotto in modo repentino e incontrollato, di anno in anno, rendendo del tutto variabile ed inattendibile la pianificazione dell"organizzazione del servizio stesso da parte delle Provincie, con intuibili ripercussioni sull"organizzazione delle famiglie e sulla possibilità di queste di poter scegliere soluzioni alternative per assicurare la frequenza scolastica dei propri figli.

Sulla illegittimità di una scelta di tal genere, la Corte costituzionale si è già pronunciata con la sentenza n. 80 del 2010, con la quale si è dichiarata l"illegittimità costituzionale dell"art. 2, 413 co., della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), nella parte in cui ha fissato un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; nonchè l"illegittimità costituzionale dell"art. 2, 414° co., della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui ha escluso la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente. A tal fine, la Corte costituzionale ha evidenziato che il diritto del disabile   all"istruzione si configura come un diritto fondamentale, la cui fruizione è assicurata ai disabili proprio attraverso «misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicap la frequenza degli istituti d"istruzione» (richiamando a tal fine Corte cost., sent. n. 215 del 1987).

Più in particolare, nella sentenza n. 80 del 2008, la Corte ha evidenziato che, benchè il legislatore nell"individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone con disabilità goda di discrezionalità (ex plurimis, sent. nn. 431 e 251 del 2008, ord. n. 269 del 2009), tuttavia detto potere discrezionale non ha carattere assoluto e trova un limite nel «[...] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (sent. n. 251 del 2008 che richiama sentenza n. 226 del 2000), che può essere inteso quale limite invalicabile per l"intervento normativo discrezionale del legislatore. Nell"ambito di tale nucleo invalicabile, debbano senz"altro collocarsi tutti gli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto fondamentale all"istruzione del disabile grave, vale a dire non solo le misure di sostegno scolastico ma anche quelle, parimenti essenziali, di assistenza integrativa e di trasporto. Sicchè, anche per il trasporto degli alunni disabili, dovrebbero valere le conclusioni raggiunte dalla sentenza n. 80 del 2008, trattandosi di servizi che sono funzionali a rendere effettivo il diritto all"inclusione della persona con disabilità e che spesso sono l"ultimo presidio per favorire la partecipazione degli alunni al percorso educativo. In tale prospettiva nella richiamata sentenza n. 80 del 2008 il Giudice delle leggi ha sostenuto che il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo di diritto allo studio e all"educazione degli alunni disabili è tale anche a fronte di esigenze finanziarie e di bilancio, e quindi tale nucleo minimo non è finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali.

Nel caso di specie, il legislatore ha rimesso al mero arbitrio delle autorità regionali di finanziare o meno il servizio di assistenza e trasporto ai disabili, senza salvaguardare il nucleo minimo di tutela il cui venir meno comporterebbe senz"altro la elisione del diritto allo studio. Per fronteggiare le esigenze di bilancio, la Regione potrebbe altresì definire differenti alternative ripartendo diversamente le risorse, laddove per gli studenti disabili non si prospettano spesso grandi opzioni, sicchè, anche volendo porre sullo stesso piano costituzionale il bene-interesse allo studio e quello all"equilibrio della finanza pubblica, se ne desume una sproporzione di tutela a favore di quest"ultimo interesse, che è ritenuto sempre prevalente anche quanto potrebbe essere perseguito con altre misure non incisive sul primo.

Sulla questione di legittimità posta dal giudice a quo la Corte costituzionale si è pronunciata con una sentenza (n. 275 del 2016) di accoglimento che solleva una pluralità di questioni di assoluto rilievo in tema di diritti fondamentali, in particolare in relazione ad ipotesi di potenziali conflitti tra diritti costituzionalmente garantiti e conflitti tra norme poste a tutela dei diritti della persona e altri principi costituzionali.

La Corte sottolinea come il diritto all"istruzione del disabile sia consacrato nell"art. 38 Cost., e spetti al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale.

Valorizzando il paradigma della dignità umana e del pieno sviluppo della persona, il giudice costituzionale conferma la rilettura in chiave espansiva dell"art. 38 Cost. in grado di trarne profili sconosciuti ad una interpretazione letterale, valorizzando una tutela della persona che va ben oltre le sue primarie esigenze materiali di sussistenza per conseguire il risultato di una piena integrazione sociale, assicurando la «libertà nonostante la disabilità» (R. BELLI, Introduzione, in ID. (a cura di), Libertà inviolabili e persone con disabilità, Milano 2000, 7.).

Già in precedenza la Corte aveva sottolineato «come sul tema della condizione giuridica del portatore di handicaps confluiscano un complesso di valori che attingono ai fondamentali motivi ispiratori del disegno costituzionale; e che, conseguentemente, il canone ermeneutico da impiegare in siffatta materia è essenzialmente dato dall"interrelazione e integrazione tra i precetti in cui quei valori trovano espressione e tutela» (sentenza n. 215 del 1987). Conseguentemente i parametri costituzionali da considerare sono, per un verso, il combinato disposto degli art. 34, comma 1, e 2 Cost., che è utilizzato dalla Corte per rilevare che la scuola è una delle formazioni sociali in cui vanno garantiti i diritti fondamentali dell"uomo, e, per altro verso, il combinato disposto sempre dell"art. 2 con l"art. 3 Cost. sulla rimozione degli ostacoli di ordine anche sociale al pieno sviluppo della personalità. In questo quadro assiologico, «riconoscendo in via generale l"istruzione come diritto di tutti i cittadini, l"art. 34, primo comma, Cost. pone un principio nel quale la basilare garanzia[…] apprestata dall"art. 2 Cost. trova espressione in riferimento a quella formazione sociale che è la comunità scolastica. L"art. 2, poi, si raccorda e si integra con l"altra norma […] di cui all"art. 3, secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle persone dei cittadini» (Corte cost. n. 215 del 1987). L"art. 38 Cost., a sua volta, sancisce il diritto all"educazione di inabili e minorati, non solo in quanto strumento funzionale alla loro formazione professionale, ma soprattutto in quanto principio volto ad integrare la disposizione contenuta nell"art. 34: il diritto all"educazione non va dunque inteso in senso stretto, ma come un vero e proprio diritto ad una piena socialità del ragazzo portatore di handicap. Pertanto l"istruzione, anche superiore, essendo il mezzo per raggiungere il più ampio fine dell"educazione, deve essere assicurata pure ai disabili, perché ciò corrisponde ad una precisa direttiva costituzionale.

Se ne desume una visione comprensiva del diritto all"istruzione delle persone con disabilità che si risolve in un mero diritto di accesso, pur indiscriminato, ad un servizio, nella misura in cui «l"inserimento nella scuola e l"acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel "pieno sviluppo della persona umana" che» gli artt. 2 e 3 Cost. «additano come meta da raggiungere» (sent. 215 del 1987).

La Corte, nel seguito della sentenza in commento, ricorda la natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall"art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall"Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, il quale impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel «rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (Corte cost. sent. 80 del 2010) nei quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l"effettività del medesimo diritto.

La disposizione della Convenzione Onu impone infatti agli Stati, al fine di garantire il diritto all"istruzione per le persone con disabilità, una serie di obblighi positivi che si concretizzano nell"obbligo di assicurare: a) la non esclusione dei disabili, a causa della loro disabilità, dalla istruzione primaria gratuita o dall"istruzione secondaria; b) l"accesso ad un"istruzione primaria e secondaria integrata sulla base di eguaglianza con gli altri; c) il sostegno necessario al fine di agevolare la loro effettiva istruzione; d) l"adozione di misure di supporto individualizzato in ambienti che favoriscano il progresso scolastico e la socializzazione del disabile.

A fronte di questo quadro ordinamentale il legislatore regionale si è assunto l"onere di concorrere, al fine di garantire l"attuazione del diritto, alla relativa spesa, lasciando incerta nell"an e nel quantum la misura della contribuzione, il che la rende aleatoria, traducendosi negativamente sulla possibilità di programmare il servizio e di garantirne l"effettività, in base alle esigenze presenti sul territorio.

L"effettività del diritto al servizio di assistenza e trasporto, garantito dal precetto contenuto nell"art. 38, 3° e 4° co., Cost., non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto, nel quadro dei compositi rapporti amministrativi e finanziari degli enti territoriali coinvolti.

A tale contestazione, la difesa formulata dalla Regione ha replicato osservando come ogni diritto, anche quelli incomprimibili, debbano essere sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili.

Si ripropone l"annoso tema dei limiti di bilancio e della loro incidenza sui diritti sociali, definiti come diritti "finanziariamente condizionati", su cui la Corte si è già espressa in diverse pronunce assumendo orientamenti altalenanti. Così la Corte, al fine di valorizzare l"interesse alla ragionevole ed equilibrata gestione delle risorse finanziarie, ha elaborato il principio della "gradualità" nell"attuazione dei diritti a prestazioni positive, e in particolare dei diritti sociali, i quali vengono necessariamente ad essere condizionati, nella loro attuazione, dal bilanciamento con altri interessi tutelati dalla Costituzione, tenuto conto dei limiti oggettivi derivanti dalle risorse organizzative e finanziarie disponibili (sent. n. 248 del 2011 nella quale si constata come «l"esigenza di assicurare l"universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese si è scontrata e si scontra attualmente con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che è possibile destinare nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale»).

Il principio di gradualità – esaltando la strutturale dinamicità dei diritti sociali (la «riserva del ragionevole e del possibile») – prescrive che la valutazione dei livelli di protezione sociale non possa, comunque, prescindere dal contesto materiale ed economico nel quale i medesimi devono calarsi. L"argomento economico tende invece a configurare il diritto sociale quale variabile dipendente dalla concreta situazione economica del momento.

Il Giudice costituzionale, al contempo, ha quasi sempre riaffermato la salvaguardia del contenuto essenziale costituzionalmente garantito, almeno per i diritti sociali per i quali la Carta costituzionale fornisce più saldo appiglio, e ha cerca di enuclearlo rapportandolo al valore della dignità della persona, che lo rende intangibile a prescindere da qualunque bilanciamento.

Un esempio calzante è offerto dalla sentenza 80/2010 sul diritto degli alunni disabili a poter usufruire del supporto dell"insegnante di sostegno in una misura quantitativamente adeguata e rapportata alla gravità della loro disabilità. La norma dichiarata costituzionalmente illegittima – introdotta non a caso da una legge finanziaria – interveniva sulla precedente normativa in materia di sostegno scolastico ai disabili, anche in questo caso irrigidendola, vale a dire prevedendo un tetto massimo invalicabile nel numero di insegnanti di sostegno che potevano essere impiegati da ogni istituto scolastico in base al rapporto docenti-alunni. La disposizione escludeva la possibilità, precedentemente prevista, di derogare a tale limite, ricorrendo a contratti a tempo determinato, qualora ciò si rendesse necessario per fornire supporto a studenti in condizione di disabilità particolarmente grave.

La Corte ha dichiarato illegittima tale ultima disposizione, poiché la sua rigidità poteva portare ad escludere del tutto per i disabili gravi il godimento dei diritti all"istruzione e all"assistenza, sanciti dalle norme costituzionali. In particolare, declinando un diritto alla socializzazione o all"inclusione per la persona con disabilità, ha affermato che «in attuazione dell"art. 38, terzo comma, Cost., il diritto all"istruzione dei disabili e l"integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l"assistenza, l"integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)», la quale «attribuisce al disabile il diritto soggettivo all"educazione ed all"istruzione a partire dalla scuola materna fino all"università»; e che «la partecipazione del disabile "al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato (sentenza n. 215 del 1987)"» (sentenza n. 80 del 2010).

Sempre nella stessa pronuncia la Corte, dopo aver censurato la rigidità della norma, dà anche atto della rilevanza della dimensione organizzativa della erogazione delle prestazioni ai fini della tutela dei diritti sociali: in sostanza si è riconosciuto il ruolo valutativo, programmatorio e decisionale della pubblica amministrazione nella realizzazione della garanzia dei diritti sociali.

Ammettere uno spazio di discrezionalità all"amministrazione non comporta una degradazione del diritto in interesse legittimo, laddove – al contrario – il riconoscimento di uno spazio di intervento dell"amministrazione pubblica costituisce una necessità per farne strumento per la rimozione degli ostacoli che in concreto, nelle singole e differenziate situazioni, non consentono il pieno sviluppo della persona, a cui l"attività amministrativa in ambito sociale funzionalmente dovrebbe tendere.

D"altronde, come nota la Corte nella sentenza del 2016, «sebbene il legislatore goda di discrezionalità nell"individuazione delle misure per la tutela dei diritti delle persone disabili, detto potere discrezionale trova un limite invalicabile nella necessità di coerenza intrinseca della stessa legge regionale contenente la disposizione impugnata, con la quale viene specificato il nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati. Dunque il livello delle prestazioni dovute, mentre appare salvaguardato dalla legge regionale nel suo complesso ed in particolare nella parte che prevede una pianificazione del fabbisogno degli interventi, nonché un preciso rendiconto degli oneri sostenuti, risulta poi vanificato dalla prescrizione contraddittoria che subordina il finanziamento (da parte regionale) degli interventi alle politiche ed alle gestioni ordinarie del bilancio dell"ente». Pertanto, l"indeterminatezza del finanziamento determina un vulnus all"effettività del servizio di assistenza e trasporto, come conformato dal legislatore regionale, con conseguente violazione dell"art. 38, 3° e 4°, Cost.

La Corte con queste considerazioni viene a confermare come, nella materia finanziaria, non esista «un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi», nella misura in cui, in sede di redazione e gestione del bilancio, vengono determinate, anche attraverso i semplici dati numerici contenuti nelle leggi di bilancio e nei relativi allegati, scelte allocative di risorse «suscettibili di sindacato in quanto rientranti "nella tavola complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte"» (sent. n. 10 del 2016). Cosicché «non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale» (sent. n. 260 del 1990).

Tornando al tema del bilanciamento tra limiti finanziari e garanzia dei diritti, si deve rilevare come, qualora si proceda a bilanciare direttamente le ragioni finanziarie e quelle dei diritti sociali, il bilanciamento in questione dovrebbe essere "ineguale", nel senso che l"efficienza economica deve comunque cedere, ancorché nei limiti del rispetto dei comuni princìpi di proporzionalità e non-eccessività. Ciò in ragione della circostanza che garantire, nell"esercizio del controllo di costituzionalità sulle leggi, «la misura minima essenziale di protezione delle situazioni soggettive che la Costituzione qualifica come diritti, misura minima al di sotto della quale si determinerebbe, con l"elusione dei precetti costituzionali, la violazione di tali diritti» (sent. n. 27 del 1998); in questi termini la discrezionalità del legislatore «non ha carattere assoluto e trova un limite nel […] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (sent. 80/2010).

Né si può richiamare in senso contrario il limite delle somme iscritte in bilancio ai sensi dell"art. 81 Cost. nella misura in cui, una volta normativamente identificato, «il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all"educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l"equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione» (sent. n. 275 del 2016).

Sicchè i termini della questione vanno invertiti, attribuendo la prevalenza ai diritti. La Costituzione impone che le esigenze sociali prevalgano sulle esigenze economico-finanziarie, nel senso che il fine del soddisfacimento dei diritti sociali della persona non può essere messo sullo stesso piano del mezzo costituito dall"efficienza economica (M. Luciani, Sui diritti sociali, in R. Romboli (a cura di), La tutela dei diritti fondamentali davanti alle corti costituzionali, Torino, Giappichelli, 1994, 569). Quest"indicazione resta sostanzialmente valida nonostante che la costituzionalizzazione dell"equilibrio di bilancio comporti il rischio di un abbassamento delle garanzie dei diritti fondamentali (F. Bilancia, Note critiche sul c.d. "pareggio di bilancio", in www.rivistaaic.it, 2/2012, 3).

La distribuzione dei diritti costituzionali lungo una scala gerarchica non è ammissibile poiché incompatibile con il carattere pluralista e aperto della nostra Costituzione. Il minimum vitale dovrebbe rappresentare l"estensione, appunto essenziale, del diritto sociale che il legislatore è tenuto a garantire, indipendentemente dall"interesse costituzionale con cui il diritto medesimo deve, di volta in volta, essere bilanciato. Quanto esposto significa che se la Corte, come sembra, ritiene opportuno rinviare al «contenuto essenziale» del diritto sociale per sindacare le scelte legislative, tale strategia dovrebbe quindi rimanere ferma a prescindere dal parametro costituzionale di volta in volta concorrente.

Tale percorso argomentativo conferma l"assunto del giudice a quo, secondo cui «in quanto spese non obbligatorie, quantomeno non in misura fissa, i contributi regionali per il trasporto dei disabili possono essere ridotti già nella fase amministrativa di formazione delle unità previsionali di base, senza che di ciò vi sia alcuna evidenza o limite idoneo a dare effettività ai diritti previsti dalla Costituzione e sottesi a tale servizio di trasporto». Per l"effetto l"art. 6, 2-bis co., della legge reg. Abruzzo n. 78 del 1978 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente all"inciso «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa», sicchè l"adeguamento alla sentenza appare confinato unicamente alla necessaria individuazione delle risorse da destinare alle spese di trasporto dei disabili verso i luoghi deputati all"istruzione.

 

 

 

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film