-  Santuari Alceste  -  27/01/2012

LIN HOUSE (RACCOLTA RIUFIUTI) NON E UN MODELLO CONTRATTUALE - Alceste SANTUARI

Una società che per anni ha gestito il servizio di raccolta e conferimento dei rifiuti in un territorio comunale in virtù di affidamento a trattativa privata impugna i provvedimenti attraverso cui un comune ha disposto l"abrogazione di una gara aperta per l"assegnazione del servizio in parola.

La procedura ad evidenza pubblica era stata bandita sul presupposto che, ai sensi dell"art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, il ricorso a formule di gestione "in house" doveva ritenersi confinato ad ipotesi eccezionali. Come è noto – e come abbiamo ricordato anche su questo sito – il referendum di giugno 2011 ha abrogato l"art. 23-bis citato, riportando "in auge" le modalità di affidamento in house. Così ha pensato di procedere il comune di Isola Rizza (Veneto) che ha quindi approvato un atto di indirizzo per il conferimento in house del servizio in questione, deliberando, l"acquisto di quote della società individuata quale affidataria del servizio.

 

La società ricorrente ha individuato come segue le proprie doglianze nei confronti del Comune:

  1. la deliberazione comunale è antecedente al DPR che ha conclamato l"abrogazione dell"art. 23-bis quale esito referendario;
  2. la normativa non consente ai comuni di affidare "in house" il sevizio di gestione dei rifiuti.

 

Il TAR Veneto, Sez. I, con sentenza 14 dicembre 2011, n. 1823 ha rigettato i gravami presentati dalla ricorrente.

In primis, attribuendo puro valore dichiarativo al DPR di luglio 2011, i giudici amministrativi sostengono che i provvedimenti adottati dal Comune in parola si collocano in un arco temporale nel quale erano già noti gli esiti del referendum di giugno (rectius: l"abrogazione dell"art. 23-bis e, conseguentemente, della possibilità di affidare i servizi pubblici locali secondo la modalità in house).

Per quanto, invece, attiene al profilo della presunta impossibilità per i comuni di affidare il sevizio in argomento a società in house, i giudici amministrativi – richiamando la giurisprudenza della Corte europea di giustizia – evidenziano che non "c"è pertanto contratto – e non si applicheranno allora le regole comunitarie a tutela della concorrenza nella scelta del contraente – laddove l"Amministrazione si rivolga, per reperire una determinata prestazione, ad un soggetto che, pur essendo formalmente dotato di personalità giuridica diversa dall"Amministrazione" è comunque sottoposto al controllo analogo da parte di quest"ultima. Si ricorda che il controllo analogo corrisponde a quel livello di controllo penetrante che l"Amministrazione svolge come se fosse esercitato nei confronti di proprie strutture interne. Difettando – continuano i giudici amministrativi – un contratto, quale relazione intersoggettiva, nel caso dell"affidamento in house si deve propendere per l"identificazione di un rapporto organico (o di delegazione interorganica), facendo assurgere la prestazione di cui trattasi quale "vicenda tutta interna alla pubblica amministrazione".

Il TAR Veneto precisa che per quanto riguarda i profili caratterizzanti il controllo analogo specifica importanza rivestono le clausole statutarie della società affidataria, le quali debbono contemplare le modalità e gli strumenti attraverso i quali la P.A. può agevolmente svolgere la propria funzione di controllo (svolgimento di servizio nei confronti del socio pubblico; entrate prevalenti se non totali derivanti dallo svolgimento di quel servizio a favore del socio pubblico; presenza di soli soci pubblici nella compagine societaria, benché non sussista un divieto assoluto all"apertura a soggetti privati).

Da ultimo, la sentenza evidenzia che, anche a voler ritenere l"affidamento in house non conforme alla disciplina sui servizi pubblici locali, esso rimane comunque prorogato fino al 31 dicembre 2012, termine quest"ultimo sostituito a quello precedente del 31 marzo 2012 dall"art. 25, del d.l. n. 1/2012 (decreto sulle liberalizzazioni c.d. "Cresci Italia").

 




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