-  Gobbi Cristiano  -  09/04/2013

L'INVALIDITÀ DELL'ATTO TRIBUTARIO - Cristiano GOBBI

L'invalidità dell'atto tributario nel diritto tributario.

 

Le categorie di nullità e annullamento non presentano un corrispettivo nè nel diritto processuale, nè in quello amministrativo, nè, infine in quello tributario.

Nel diritto processuale civile le nullità processuali rispondono a regole proprie che non sono assimilabili agli istituti della nullità o dell'annullamento quali forme di invalidità degli atti sostanziali. Nel diritto amministrativo il procedimento viziato si appella illegittimo.

 

Deve rimane chiaro è che il provvedimento nullo ancorchè viziato non è un quid facti.

 

In ciò risiede una avvertita discrasia rispetto alla categoria dell'inefficacia civilistica. Per l'ordinamento giuridico infatti, il provvedimento nullo è munito delle normali conseguenze della fattispecie provvedimentale e della corrispondente volontà. In alcun modo si avvicina al modello civilistico e quindi ad una inutilis stipulatio.

Il provvedimento illegittimo, anteriormente all'annullamento si appella provvedimento nullo, ossia precariamente efficace. L'atto viziato durante questo torno di tempo di pendenza del termine per l'annullamento è effettivamente efficace.

 

Nel diritto tributario si applica la stessa ricostruzione appena veduta e valevole nel diritto amministrativo. Ne consegue che il provvedimento tributario nullo in alcun modo può essere sussunto nelle categorie civilistiche.

 

L'avviso di accertamento ovvero di liquidazione nullo esiste e produce i suoi effetti ma è data la facoltà al soggetto inciso dal provvedimento di chiederne l'annullamento.

 

Se nel diritto amministrativo l'illegittimità del provvedimento può essere causata da un vizio di incompetenza; di violazione di legge; di eccesso di potere, nel diritto tributario, non esorbitando atti discrezionali, l'illegittimità è unicamente determinata dalla species dei vizi di violazione di legge.

I vizi di legge sono vizi formali. Essi possono riguardare l'iter formativo, il diritto di difesa del contribuente anche in fase amministrativa, la motivazione, il rispetto dei termini, la competenza.

 

In taluni casi un vizio non si presenta così invalidante da determinare la nullità del provvedimento.

Nel diritto tributario l'atto illegittimo non trova alcuna predeterminazione normativa. Non è previamente disponibile un criterio discretivo positivo che discerna i vizi gravi da quelli non invalidanti sebbene l'interprete riesca ad isolare talune norme che prevedono un requisito a pena di nullità.

In questo senso l'articolo che costituisce l'architrave ai fini della ricostruzione della fattispecie è l'art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, laddove al comma terzo, stabilisce che l'accertamento è nullo se l'avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione o ulteriori requisiti previsti dallo stesso articolo.

 

Ulteriore esempio, ma i casi sono molteplici, può trarsi dall'art. 11 della legge  27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del contribuente) che dispone in materia di interpello come qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta dell'Amministrazione finanziaria deve considerarsi nullo.

 

Il problema si pone in tutte quelle ipotesi in cui la nullità non è sancita in alcun modo sebbene il disposto normativo imponga determinati contenuti, garanzie e termini.

 

Un criterio che non può essere tralasciato in queste casi è che la mancanza di un disposto che correli ad un vizio dell'atto l'illegittimità di questo non significa che questa non possa essere pronunciata.

È vero anzi il contrario. Nella maggior parte dei casi il Legislatore nulla dice in relazione a determinati vizi sebbene essi siano riconosciuti pacificamente come invalidanti.

 

L'esempio più fondante di quanto appena premesso può essere individuato nell'art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Al primo comma è previsto che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Il Legistratore tuttavia si è astenuto dal dare compiute indicazioni circa le conseguenze di un vizio di tardiva notificazione.

 

A mente di autorevole dottrina il criterio discretivo idoneo a sussumere la fattispecie concreta viziata nell'alveo dei vizi invalidanti risiede nell'analisi della norma violata. Se questa è dettata a garanzia del contribuente allora non potrà non conseguire l'illegittimità del provvedimento tributario. Per converso non risultano invalidanti le violazioni di norme di legge che non siano finalizzate alla tutela del contribuente.

 

Una tale dommatica non sembra munita di pregio.

 

Sembra sistematicamente più corretto ritenere che l'ultimo comma dell'art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, contenga una regola avente portata generale, di talchè, ad identica conclusione deve pervenirsi tutte le volte che il provvedimento tributario non si presenti conforme al paradigma legislativo che lo concerne.

 

In questo senso quel che rileva è la idoneità dell'atto ad integrare la fattispecie astratta nel cui contesto il medesimo deve essere sussunto ai fini della produzione degli effetti direttamente stabiliti dalla legge. Tale idoneità manca allorchè l'atto non risulta conforme alle prescrizioni normative che lo riguardano. La sanzione che ne deriva non può essere quella della nullità, questa comportando la mancata produzione degli effetti tipici del modello legale.




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