-  Redazione P&D  -  30/01/2015

LO STIGMA DELLA DIVERSITA' Giuseppe FEDELI

ROMA - Da 12 anni è maestro di danza e da cinque lavora nelle scuole come titolare di progetti formativi. Ora è stato costretto a rinunciare all'incarico perché omosessuale. Teatro dell'ennesimo episodio di discriminazione è Passignano, sul lago Trasimeno, in Umbria, dove il dirigente scolastico dell'istituto comprensivo di Passignano e Tuoro "Dalmazio Birago" si è visto recapitare una lettera in cui un gruppo di genitori affermava che il maestro "non è la persona adatta all'insegnamento perché non ha i requisiti necessari", ma in realtà perché gay. Il giovane insegnante, racconta il quotidiano Il Corriere del'Umbria, ha mandato anche lui una lettera nella quale ha annunciato la sua rinuncia all'incarico. "Per quanto riguarda la mia professionalità - ha scritto il maestro spiegando i motivi della sua decisione - sostengo di non dovermi rimproverare nulla, in quanto conosco le mie capacità e i miei limiti, e nella mia vita non ho mai cercato di essere chi non sono. I miei diplomi ed attestati di danza mi permettono di insegnare le discipline che propongo in maniera amatoriale. Non è assolutamente vero che io non posso fare quello che faccio. La cosa più incresciosa riguarda però la mia sfera privata".
"Sapere che ci sono ancora persone che sarebbero disposte a fare l'esonero dei propri figli dal progetto da me presentato - ha continuato l'insegnante - a causa del mio 'stile di vita', lo ritengo davvero squallido; soprattutto quando nella mia vita ho sempre cercato di farmi conoscere per le mie capacità e non per altro. Non si tratta di un pettegolezzo, ma della mia vita".

Ma il dirigente scolastico e con lui la scuola tutta prende quindi una posizione netta, di sostegno all'insegnante: "Per noi è un grande rammarico e un forte dispiacere - spiega Mariani - sapere che il ragazzo si sia dimesso dal progetto. Sappiamo anche che è molto amato dagli studenti e ora sarà difficile spiegare loro che il progetto danza quest'anno non si farà". E per dare un segnale inequivocabile aggiunge: "Abbiamo deciso che se non sarà lui a farlo non lo farà nessuno. Il progetto rimane comunque nell'offerta formativa perché la scuola non si può rendere complice di un simile attacco alla sfera personale".

Roma: "Un vero e proprio comportamento omofobico" oltre che "intollerabilmente reiterato" da parte della pubblica amministrazione nella vicenda della patente sospesa a un giovane che si era dichiarato gay alla visita di leva. I fatti: Danilo Giuffrida, alla visita di leva nel 2005 dichiarò la sua omosessualità all'ospedale militare di Augusta. L'informazione venne trasmessa alla motorizzazione che dispose un "nuovo esame di idoneità psico-fisica" sulla base del fatto che il giovane gay non avrebbe avuto i "requisiti psicofici richiesti" per guidare. Patente sospesa. Giuffrida si rivolse così all'avvocato Giuseppe Lipera che iniziò la battaglia giudiziaria.

Il Tar di Catania sospese il provvedimento, sostenendo che l'omosessualità "non può considerarsi una malattia psichica" e restituì al giovane l'idoneità di guida. Giuffrida presentò anche domanda di risarcimento danni ai ministeri della Difesa e dei Trasporti, ottenendo, in primo grado, 100 mila euro. Troppi soldi a detta della Corte d'appello di Catania che, il 12 dicembre 2010, ridusse la somma a 20 mila euro. Oggi la Suprema Corte ha disposto un nuovo processo d'appello, sostenendo che 20 mila euro sono troppo pochi per una vittima di omofobia.

Per questo la Cassazione ha disposto che l'uomo riceva un congruo risarcimento. La sentenza, depositata di recente, è la 1126 della Terza sezione civile. I giudici di piazza Cavour hanno accolto il ricorso di Danilo Giuffrida, catanese oggi trentaquattrenne, disponendo un nuovo giudizio davanti alla Corte d'appello di Palermo che dovrà riquantificare, al rialzo, il risarcimento di 20 mila euro accordatogli nel secondo grado di giudizio per la violazione della privacy e per la discriminazione sessuale. Nel dettaglio, la Suprema corte ha ricordato che "il diritto al proprio orientamento sessuale, cristallizzato nelle sue tre componenti della condotta, dell'inclinazione e della comunicazione (coming out) è oggetto di specifica e indiscussa tutela da parte della stessa Corte europea dei diritti dell'uomo fin dalla sentenza Dudgeon/Regno Unito del 1981". Nel caso in questione, poi, "nonostante il malaccorto tentativo della Corte territoriale di edulcorare la gravità del fatto, riconducendola ad aspetti soltanto endo-amministrativi, non pare revocabile in dubbio che la parte lesa sia stata vittima di un vero e proprio (oltre che intollerabilmente reiterato) comportamento di omofobia". La "gravità dell'offesa", hanno rilevato i giudici di Piazza Cavour, "appare predicabile con assoluta certezza". E, articolo 2 della Costituzione alla mano, ha ricordato "il diritto costituzionalmente tutelato alla libera espressione della propria identità sessuale quale essenziale forma di realizzazione della propria personalità".

I fatti parlano -e si commentano- da sé. Un'emarginazione che puzza di "progrom". Sub specie aeternitatis, seguendo la catechesi di Padre Maggi (anche lui nell"occhio del ciclone per l""eterodossia" del suo credo), "Il Signore guarda i cuori, non i genitali delle persone".

Ma, a parte alcune voci isolate, in una società omologata e prona al diktat dei "MasterChef" e compagnia cantante, che guarda con sgomento e paura un ragazzo autistico (il quale, in contesti tribali di pelle nera meno paludati ma molto più senzienti, viene visto come soffio dello Spirito), figuriamoci…

In ultima analisi, meglio "diversi" che pecore (absit iniuria ovinis...): qui sotto (di certo per chi scrive, da sempre nestore e corifeo della "singolarità") non ci piove




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