-  privato.personaedanno  -  31/07/2014

LORIENTAMENTO SESSUALE E DONAZIONE DI SANGUE: IL CASO FRANCESE – Alfonso FABBRICATORE

Destano un certo interesse le conclusioni non vincolanti dell"avvocato generale nella causa C-528/13 del 17 luglio 2014 presso la Corte di giustizia dell"Unione europea.

Nell"anno 2009 un cittadino francese vedeva precludersi la possibilità di donare il sangue perché omosessuale. Da una panoramica sul diritto d"oltralpe emerge che è esclusa permanentemente la possibilità di compiere tale nobile gesto agli uomini che intrattengano o abbiano intrattenuto rapporti omosessuali, al fine di garantire la tutela della salute pubblica e scongiurare, almeno in parte, il rischio di trasmissione di malattie infettive. Per questi motivi l"uomo si è rivolto al tribunale di Strasburgo chiedendo se tale esclusione sia in linea con la direttiva 2004/33/CE del 22 marzo 2004 (in applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo)  che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti.

In effetti, ciò che balza immediatamente all"occhio, è che nella direttiva poc"anzi richiamata non v"è alcun riferimento che possa giustificare l"esclusione del donatore in base al proprio orientamento sessuale.

L"unica preclusione, citata all"allegato III, si riferisce a quelle "persone il cui comportamento sessuale le espone ad alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili col sangue".

Comportamento, dunque, e non già orientamento. Orbene, come non manca di ricordare l"avvocato generale, tra comportamento ed orientamento sessuale vi sono evidenti differenze, del resto per quest"ultimo deve intendersi "la maniera in cui un individuo si comporta, ossia il suo modo di agire; il comportamento sessuale può così definirsi, in particolare, attraverso le abitudini e le pratiche sessuali dell"individuo interessato, in altri termini mediante le condizioni concrete nelle quali i rapporti sessuali si realizzano".

Di conseguenza, la disciplina francese (ovvero di un Paese che nell"aprile del 2013 ha approvato la legge sul matrimonio tra persone dello stesso sesso!), che pur sembrerebbe perseguire l"importante obbiettivo di tutela della salute pubblica, rischia, tuttavia, di andare ben oltre, introducendo, di fatto, una ingiusta disparità di trattamento e discriminando il donatore innanzitutto in quanto "uomo" e, soprattutto, in quanto "omosessuale".

Maggiori perplessità emergono, ancora, se viene preso in considerazione che la direttiva, senza distinzioni di sorta, stabilisce che "tutti" gli individui che abbiano avuto rapporti a rischio, indipendentemente dalla natura del rapporto stesso, non possano donare il sangue per un periodo determinato dalla malattia in questione e dalla disponibilità di adeguati esami di controllo.

Oltretutto la preclusione non è permanente, bensì, anche in questi casi, ha durata temporanea e disciplinata, anch"essa, all"allegato III della direttiva.

Per questi motivi, a mio avviso, le conclusioni dell"avvocato generale meritano di essere accolte. In particolare se il problema vero è costituito dall"individuazione del "comportamento sessuale a rischio", allora la valutazione da parte dei centri ematologici deve riguardare, in concreto, tutte quelle circostanze che possano delineare un pericolo reale per la salute pubblica, evitando di incappare in aprioristici divieti, oltretutto privi di fondamento logico.

Del resto, se a rilevare sono le "abitudini sessuali" della persona, è del tutto ininfluente che questa abbia intrattenuto rapporti omosessuali o, viceversa, eterosessuali.

Paradossalmente dovrebbe essere negata definitivamente la possibilità di contribuzione alla raccolta del sangue all"individuo che anche sporadicamente abbia avuto rapporti omosessuali protetti e, viceversa, prevedere una inidoneità temporanea per quei soggetti che intrattengano rapporti eterosessuali non protetti, quand"anche questi siano consumati con costanza e regolarità.




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