-  Valeria Cianciolo  -  23/03/2016

Matrimoni di donne musulmane con uomini italiani. Una scelta difficile se non impossibile - Tribunale di Castrovillari 16.02.2016 n. 368 – Valeria Cianciolo

L'Italia è caratterizzata oggi, più che in altri periodi storici, dalla presenza di tradizioni e culture varie e differenti, conseguente agli intensi flussi migratori che vi si sono diretti a partire circa dagli anni '80.

La questione delle unioni matrimoniali tra donne musulmane e uomini non musulmani assume particolare importanza nell'attuale società italiana. Riguardo ai matrimoni con islamici, sono soprattutto donne cattoliche che sposano uomini musulmani, sebbene nell"ultimo decennio c"è stata una crescita di donne musulmane che sposano uomini cattolici. È il segnale di un cambiamento culturale.

Ma come funziona il matrimonio misto per una persona di fede musulmana?

La religione islamica proibisce all'uomo musulmano il matrimonio con una donna pagana o politeista, ma lo permette invece con una donna kitabiyyah, appartenente cioè, ad una delle tre fedi "del Libro" (Ebraismo, Cristianesimo ed Islam). Al contrario, non permette il matrimonio della donna musulmana con un uomo non musulmano, anche qualora questi appartenga alla "gente del Libro".

In sostanza, ad una donna musulmana è proibito prendere come marito un uomo di fede cristiana o ebraica, ma può solo sposare un uomo di fede musulmana oppure, se di fede diversa, convertito all"Islam. Perché?

Perché, secondo il punto di vista dei musulmani, il musulmano ha fede in tutte le religioni rivelate e ai profeti di Allah, li venera e li rispetta mentre il non musulmano non crede al profeta dell"Islam e non lo riconosce. Lo considera piuttosto come un falso profeta e crede, in generale, a tutto ciò che si dice contro l"islam e contro il suo profeta.

Ciò avviene poiché le leggi di molti Stati a maggioranza musulmana si rifanno alla tradizione sharaitica e, in particolare, ad un passo coranico che recita: "Non date spose donne credenti a idolatri finché essi non abbian creduto, perché lo schiavo credente è meglio di un uomo idolatra, anche se questi vi piaccia." (Corano II, 221).

L"ostacolo sorge allorquando i governi di alcuni Stati a maggioranza musulmana si rifiutano di concedere il nulla osta nel caso in cui la richiesta venga da una donna che intende sposare un italiano, supposto quindi non musulmano.

Infatti, l"art. 116 del nostro Codice Civile prevede che "Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio".

Doverosa premessa questa per capire il fatto sottoposto all"attenzione del Tribunale  di Castrovillari.

Un cittadino italiano ed una cittadina egiziana impugnavano il provvedimento con il quale l"Ufficiale di Stato Civile del comune di Tarsia aveva respinto la richiesta di pubblicazioni di matrimonio presentata dai ricorrenti per assenza di nulla osta da parte della competente Autorità del Paese di origine della donna.

I ricorrenti in realtà avevano presentato istanza di rilascio del nulla osta previsto dall"art. 116 c.c. all"Ufficio Consolare d" Egitto, ma nessuna risposta era pervenuta perchè l"Egitto subordina la concessione del nulla osta dietro presentazione di certificato di conversione all"islam del nubendo non musulmano rilasciato da un centro islamico riconosciuto dall"ufficio Consolare.

Il ricorso della giovane coppia è stato accolto poiché il mancato rilascio del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. costituisce grave violazione dei diritti dei cittadini e delle libertà dell'individuo sanciti dalla Costituzione Italiana dichiarandosi illegittimo, il rifiuto opposto dall'ufficiale dello stato civile alla richiesta di pubblicazioni matrimoniali avanzata dai ricorrenti ed ordinando, di conseguenza, al medesimo di procedervi.

Il provvedimento del Tribunale di Castrovillari è succinto e non spiega le ragioni che sono sottese alla decisione.

In sintesi, le problematiche sono le seguenti.

In linea di principio, sebbene per contrarre matrimonio in Italia lo straniero debba presentare all'ufficiale dello stato civile italiano una dichiarazione dell'autorità competente dalla quale risulti che, a tenore delle leggi cui è sottoposto nel paese d'origine, nulla osta al matrimonio stesso, tuttavia la giurisprudenza di merito ha ammesso la possibilità di equipollenti del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c.: rimando ad una datata sentenza del Tribunale capitolino (Trib. Roma, decreto 2 gennaio 1979, in Giust. Civ., 1979, I, 741) secondo cui l'ufficiale dello stato civile deve procedere alla pubblicazione di matrimonio tra un cittadino ed uno straniero anche se quest'ultimo non presenti la dichiarazione di cui all'art. 116 c.c. proveniente dall'autorità competente, quando la mancanza di impedimenti risulti comunque da altri documenti. E poi, in un caso analogo, il Tribunale di Camerino, (decreto 12 aprile 1990, in Foro It., 1990, I, 2038) ha autorizzato l'ufficiale dello stato civile a procedere alle pubblicazioni matrimoniali anche in assenza del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. per il matrimonio dello straniero, "qualora il mancato rilascio del nulla osta risulti ingiustificato e costituisca perciò un'arbitraria preclusione del diritto di contrarre matrimonio"; in senso analogo, Trib. Verona, decreto 6 marzo 1987, in Foro It., Rep. 1987, voce Matrimonio, n. 152, che ha ritenuto "chiaramente in contrasto con l'ordine pubblico internazionale e costituzionale" la norma dell'ordinamento iraniano diretta ad impedire il matrimonio per soli motivi religiosi).

Inoltre,  anche la giurisprudenza è del resto costante nell'autorizzare l'ufficiale dello stato civile a procedere alle pubblicazioni anche in assenza del nulla osta previsto dall'art. 116 c.c. per il matrimonio dello straniero, qualora il mancato rilascio risulti ingiustificato o sia determinato da motivi religiosi (mancata adesione di un nubendo alla religione dell'altro) e costituisca perciò un'arbitraria (o discriminatoria) preclusione del diritto di contrarre matrimonio (cfr. Trib. Milano, decreto 13 marzo 2007, in Quad. dir. e pol. eccl. 2007, 829; Trib. Barcellona P. G., decreto 9 marzo 1995, in G. mer. 1996, 702; Trib. Genova, decreto 4 aprile 1990, in G. mer., 1992, 1195; Trib. Camerino, decreto 12 aprile 1990, cit.).

Deve dunque, ritenersi che il giudice possa supplire alla mancanza o all'inadeguatezza del certificato, il quale rappresenta non una condizione per contrarre matrimonio, ma soltanto una formalità probatoria, con valore puramente certificativo.

Nel caso in esame, premesso che risulta provato che l"Egitto subordina il rilascio del nulla osta all'adesione alla fede musulmana del cittadino non musulmano, l'attuale mancanza di provvedimento autorizzatorio da parte dell"Egitto, per la mancata conversione alla fede musulmana del nubendo cittadino italiano, implica l'impossibilità per i ricorrenti di contrarre matrimonio.

Una simile situazione di fatto - peraltro non imputabile alle parti ricorrenti, in considerazione del diritto di libertà religiosa garantito dall'art. 8 della Costituzione - non può comportare, alla luce dei principi generali dell'ordinamento interno italiano e dell'ordinamento internazionale, la preclusione di un diritto fondamentale della persona (e non del solo cittadino italiano), qual è quello di costituire una famiglia attraverso il matrimonio liberamente contratto.




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