-  Mottola Maria Rita  -  11/04/2015

MEDIAZIONE FAMILIARE: NONOSTANTE TUTTO. TM Bologna 5 marzo 2015 – Maria Rita MOTTOLA

La necessità di risolvere il conflitto tra genitori è il presupposto del benessere del figlio minore, benessere che, a sua volta, è il fine dell"azione giudiziaria in ambito minorile. L"interesse supremo del minore, è il parametro di ogni azione giudiziaria in tale ambito e il faro che deve guidare ogni decisione.

Effettivamente il caso esaminato dal Tribunale dei Minori di Bologna sembra non lasciare spazio alla mediazione quale strumento eccellente per la soluzione della conflittualità. Si tratta, infatti, di una paventata sottrazione internazionale di minori, il Tribunale è, quindi, chiamato a decidere su tale domanda e, se ne riscontrasse assolti i presupposti, ordinare l"immediato rimpatrio dei bambini.

Del resto la situazione di fatto illustrata dalle parti all"udienza di comparizione lascia spazio per l"instaurarsi di una procedura, la mediazione, appunto, che necessita della collaborazione di entrambi i genitori.

Si legge nella parte motivata della sentenza che "la costruzione dei diritti dell"infanzia, infatti, passa necessariamente attraverso il cambiamento dell"adulto e attraverso la sua volontà di riconoscere l"identità di un minore, anche al fine di rispondere ai suoi bisogni primari di protezione ed educazione; solo il Tribunale per i minorenni è l"organo giudiziario che garantisce la realizzazione di un diritto che ormai non è più sui minori, ma per i minori, utilizzando all"uopo tutti gli istituti giuridici ritenuti significativi per il raggiungimento di questo obiettivo. E, invero, il minore è, ormai, soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti (Cass. pen., sez. VI, 17 dicembre 2009, n. 48272, Pres. Agrò, est. Cortese)".

E" certamente vero che l"intreccio delle relazioni tra genitori e tra ognuno di loro e i figli, ma anche tra i figli e i genitori a loro volta, e non dimentichiamoci anche tra fratelli, può determinare una rete inestricabile e che non può certamente essere risolta con una decisione giudiziale, essa stessa, anche se e in quanto conforme al diritto, impossibilitata a tener conto di tutti i risvolti emotivi e esistenziali della famiglia.

"E nel caso di specie, se è vero che la procedura instaurata dal signor X, richiamandosi alla Convenzione dell"Aja, ha come obiettivo di assicurare l"immediato rientro negli Stati Uniti dei minori CC e CCC rimasti in Italia in maniera asseritamente illecita, al giudice si impone una pregnante indagine circa il modo in cui possa concretizzarsi il superiore interesse del minore. E, si badi, tale analisi deve essere effettuata caso per caso, tenendo in debita considerazione sì il quadro normativo, ma anche la condizione personale dei coniugi, lo stato dei minori, l"evolversi della situazione. Complessivamente, il giudice minorile deve adoperarsi – effettuando anche un giudizio prognostico circa i possibili sviluppi dei rapporti tra i coniugi in causa – al solo fine di garantire il miglior sviluppo dei minori. Ciò deve fare senza adottare misure stereotipate o automatiche (c. Corte Eur. Dir. Uomo, sez. II, sentenza 29 gennaio 2013, Pres. Jočienė - Affaire Lombardo c/ Italia)".

Non si possono che condividere le conclusioni del Tribunale dei Minori di Bologna, conclusioni che dimostrano una visione estremamente attuale della conflittualità e che consente un ulteriore approfondimento dell"utilità della mediazione. La mediazione come ricerca della giustizia.

"Nell"antico diritto ebraico, esistevano due procedure per riparare i torti. La prima, il nispat o giudizio, era una procedura a tre, analoga al processo che conosciamo: l"offeso conduce l"offensore, per ottenere la condanna, davanti a un terzo imparziale, il giudice. Questo tipo di giustizia valeva se i due litiganti erano nemici o, almeno, estranei, Qualora invece i contendenti fossero stati amici o legati da un rapporto vitale (padre/figlio; marito/moglie; fratello/fratello, Dio/Abrami, Dio/popolo eletto …) si apriva soltanto la possibilità disputa a due, il ryb, il litigio. Il ricorso a un soggetto estraneo in questi casi, infatti è inconcepibile o addirittura impossibile" ( Zagrebelsky, La domanda di giustizia, Torino, 2003, pag. 31). Antica saggezza, oggi necessita di una sollecitazione e di un aiuto per attuarsi, la mediazione familiare, che può integrare questo ideale di giustizia intrafamiliare senza escludere la possibilità di ottenere soddisfazione dei diritti, se e quando sia impossibile giungere a un accordo che presuppone, (come ricorda il Tribunale dei Minori di Bologna) un cambio "di marcia", di prospettiva, di comportamenti da parte degli adulti, un mettere al centro i bisogni dei figli.




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