-  Gasparre Annalisa  -  20/02/2013

MEDICO UCCISE INUTILMENTE E CON CRUDELTA'. LA SENTENZA - Trib. Milano 14168/2012 - Annalisa GASPARRE

Ne avevamo parlato già su questa Rivista http://personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=41004&catid=189. Aggiungeremo un approfondimento tratto dall'istruttoria e dalle motivazioni della sentenza. Buona lettura.

 

QUANDO IL MEDICO SI CREDE DIO. UNA PERSONALITA' CONVINTA DI ESSERE ONNIPOTENTE... MA LA TUTELA PENALE DEGLI ANIMALI GLI DA' UNA LEZIONE

Tribunale Milano n. 14168 del 27 novembre 2012 – dep. 25 gennaio 2013 Dr.ssa Valentina Boroni

***

Il medico-chirurgo specializzato in andrologia, professore di biologia presso un Istituto superiore di Milano, veniva condannato perché il 22 ottobre 2009 "nell'esercizio della sua professione di docente di biologia presso l'Istituto Tecnico Molinari sito in Milano, via Crescenzago nr. 110, ed in particolare nello svolgimento di un'esercitazione in classe/laboratorio, in cui era prevista la dissezione di conigli, al fine di esplicitare l'obiettivo didattico, avvedutosi che due dei quattro conigli oggetto di sperimentazione erano ancora vivi, li maltrattava stringendo dapprima attorno al collo una corda e successivamente non riuscendo nell'intento con pugni e ripetute martellate (circa una ventina) alla testa, cagionandone la morte; il tutto alla presenza degli alunni, tra i quali 8 minorenni".

Prima dell'inizio del procedimento penale, il professore veniva licenziato dalla scuola, per un insieme di censure che – solo in parte – ricalcavano l'imputazione penale, estendendosi a profili ulteriori. L'Ordine dei Medici gli comminava un provvedimento disciplinare.

La vicenda faceva inorridire l'opinione pubblica, l'indagato era stato anche ospite in televisione, come nella migliore "commedia mediatica", purtroppo oggi dirompente quando si tratta di crimini, di cronaca nera. Non vogliamo neppure soffermarci sulla vicenda; l'unica degna di attenzione, per noi, è quella giudiziaria che si è conclusa a fine novembre, dopo un processo snervante, carico di udienze, eccezioni, con decine di testimoni, con numerose questioni da considerare e decidere.

L'associazione LAV si è costituita parte civile, con un ruolo pregnante e faticoso nell'istruttoria dibattimentale e... non poteva chiedere migliore conclusione della vicenda. L'imputato infatti è stato riconosciuto colpevole dei reati di maltrattamento e uccisione di animali, condannato alle pena di 8 mesi di reclusione, con diniego delle circostanze attenuanti generiche e diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, oltre al risarcimento dei danni alla parte civile e al pagamento delle spese processuali. Ora, questa condanna verrà utilizzata davanti all'Ordine dei Medici per le valutazioni del caso sulla figura di un medico accusato e condannato per un grave delitto.

LE EMERGENZE ISTRUTTORIE: IL CUORE DEL PROCESSO

Il procedimento si caratterizzava per vedere un'imputazione per maltrattamento (aggravato dalla morte) e uccisione di animali, con il vincolo della continuazione. Per questi motivi, del tutto fuorviante era sostenere – come pure veniva fatto – che gli animali sarebbero stati comunque uccisi (o, meglio, dovevano essere stati già uccisi da parte di altri: il macellaio), con una capziosa e distorta interpretazione della normativa penale e di settore.

I fatti addebitati erano stati accertati tramite prova dichiarativa, nonché documentati con un video che è stato acquisto dalla P.G. e prodotto agli atti dalla Procura e dalla parte civile; in realtà neppure la difesa discuteva i fatti nella loro oggettività, limitandosi ad argomentare circa le modalità e in merito alle "motivazioni" con cui l'imputato avrebbe agito.

Punto nodale della questione era accertare il trattamento riservato ad animali che, secondo l'Accusa, erano ancora vivi, ancora in grado di percepire sofferenza.

Le immagini – laddove visionate attentamente, senza cedere alla voglia di voltare lo sguardo altrove – risultavano sufficientemente esaustive in merito alla piena vitalità e quindi reattività agli stimoli ed al dolore dei conigli. Per questo motivo si era evidenziata l'opportunità di approfittare dell'ausilio di un esercente la professione veterinaria e delle conoscenze scientifiche in materia di biologia e di etologia della specie in esame, perché professionista idoneo ad indicare al Giudice – pur sempre peritus peritorum – elementi quali la vitalità, gli spasmi, l'agonia che tutti i testi avevano rappresentato e descritto in modo approssimativo, con espressioni talora superficiali, senza alcuna competenza specifica, nella maggior parte riproducendo una cantilena che sembrava imparata a memoria, come una "lezione". Tuttavia l'istanza non è stata accolta perché ritenuta superflua. Forse il giudice aveva già visionato il video agli atti.

L'altra questione riguardava la circostanza che l'uccisione dei conigli – con le modalità descritte ampiamente dai testimoni e, in parte, dal video in atti – era avvenuta dinanzi a persone, di cui è stata lesa la sensibilità. Addirittura il sentimento di pietà – bene giuridico tutelato dalle fattispecie plurioffensive oggetto di censura – è stato gravemente leso anche per la persona non presente ai fatti, la teste T. che, oltre ad aver riferito in aula, riferiva anche alla docente M. la quale, sentita a sua volta, dichiarava che la studentessa era scossa anche nei mesi di giugno e luglio, solo a raccontare del video e di quanto le era stato riferito dal compagno di classe S., rispetto ai fatti avvenuti nel mese di ottobre dell'anno precedente.

Dunque, lasciamo la parola ai testimoni, involontari protagonisti, che meglio sapranno raccontare i fatti.

La teste T., ancora a disagio nel raccontare i fatti di sua a conoscenza, dichiarava che "i miei compagni il giorno dopo anche a scuola scherzavano, facevano battute" (evidente era la prostrazione della T. nel raccontare i fatti risalenti a quasi tre anni prima, ma altresì il processo di esorcismo con cui i compagni avevano reagito a quanto avvenuto).

Il teste S. affermava che "due di questi conigli erano ancora vivi. Inizialmente uno, ce n'era uno che era arzillo, era ancora vivo, e invece ce n'era un altro che inizialmente non ci eravamo accorti che fosse ancora vivo" e ancora "un coniglio ha cercato di saltar fuori. Poi controllando gli altri conigli, abbiamo notato che ce n'era uno che era molto spaventato, che però ancora si muoveva, era vivo". Inizialmente, proseguiva nel racconto, il professore "cercò di soffocarlo... con le mani" ma "il coniglio comunque non morì subito", poi "rompergli l'osso del collo per cercare di farlo morire subito, però il coniglio non morì. E successivamente cercò con un laccio, cioè con uno spago", e "poi successivamente con un martello". Rispetto alle reazioni dichiarava: "Ci sono state delle persone che comunque l'hanno presa... quel gesto in sé non è stato... cioè è stato abbastanza pesante" e ancora "alcune persone erano scosse e altre no. Che poi magari in quel momento non lo erano, poi non so se dopo magari tornando a casa ci hanno ripensato e...". Rispetto alla sopravvivenza dei conigli alle manovre afferma che temporalmente "saran stati... 5-10 minuti".

L'agente di P.G. interrogato sul punto descriveva al giudice il contenuto del video agli atti.

Il teste Mo. descriveva i fatti di cui all'imputazione e faceva riferimento al video, girato dal compagno Ma., in cui si possono contare le diciotto martellate inflitte ad uno dei conigli, nella parte frontale della testa. Aggiungeva che il coniglio nero reagiva alle martellate con dei "movimenti", perché "stava soffrendo". E ancora "col nero sono partite subito le martellate, perché si è visto che con lo strangolamento non si riusciva ad ammazzarli. Invece col bianco, il bianco è quello che ha subito di più, è quello che ha subito lo strangolamento, i pugni, con la corda, e poi le martellate". Ma di più, il teste aggiungeva che "dopo una scena del genere un po' la fame passa, cioè io non mangio più coniglio sinceramente. Lo mangiavo il coniglio, non lo mangio". Dei compagni che avevano assistito alla "lezione", dichiarava che "molti ridevano, altri scherzavano, due miei compagni tra cui T. non ha voluto proprio assistere" e, agghiacciante reazione, "alcuni gli hanno tagliato le orecchie per dire o la coda", "mi ricordo che gli han tagliato le orecchie e la coda per scherno", insomma infierivano sui cadaveri, mostrando cinismo e di aver appreso la lezione di insensibilità.

La teste M., collega d'istituto dell'imputato, riferiva che la studentessa T., molti mesi dopo i fatti "era anche lei sotto shock – omissis – ad accarezzare come un coniglio sulla cattedra". L'insegnante, persona adulta, non assuefatta alla violenza, dichiarava di essersi rifiutata di vedere il video.

Il teste B., collega d'istituto e responsabile per la sicurezza, confermava il contenuto del verbale della riunione del 16 ottobre 2009 in cui avveniva la discussione sulla opportunità di svolgere l'esperimento proposto dall'imputato, ribadendo che "per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, il protocollo nello specifico per quanto riguarda la dissezione non è mai stato fatto perché non risultavano adeguate le strutture. Quindi noi pensavamo che effettivamente non si potesse fare quel tipo di attività". Del resto, come potevano essere rispettate le istruzioni e la predisposizione dei protocolli richiesti in un breve lasso di tempo? Vale la pena sottolineare che la riunione del Collegio avveniva in data 16 ottobre 2009, mentre l'esperimento – frettolosamente organizzato dall'imputato – veniva effettuato il 22 ottobre 2009.

Ne emergeva che la scena di violenza somministrata agli studenti veniva portata avanti dall'imputato con cinico sadismo: quanto avvenuto non poteva che colpire negativamente la sensibilità degli adolescenti, quand'anche alcuni di essi negavano di essere stati turbati. Peggio, se – dinanzi al macabro esercizio – gli studenti rimanevano indifferenti: significherebbe che si erano assuefatti alla compassione (!).

Nel momento in cui si accertava che gli animali non erano morti, la lezione doveva essere sospesa, ma quel che sembra essere prevalso era la "volontà del docente di proporre un'esperienza "forte" ai ragazzi".

Il docente, sia nell'immediatezza dei fatti, che nelle uscite giornalistiche e televisive (e anche nell'aula dinanzi al giudice), dimostrava una completa indifferenza rispetto al fatto – definendolo "assolutamente normale e non sconvolgente" – che lo aveva visto operare, in una scuola, "con la rozzezza di un apprendista macellaio" e che aveva violato "la normativa sulla prevenzione e sulla sicurezza della scuola", e ancora, rispetto alle dinamiche, il docente aveva "provveduto di propria iniziativa... (omissis) un comportamento anomalo e ingiustificabile".

Il professore aveva "commesso un atto di crudeltà nei confronti di animali in presenza di minori e in ambiente educativo", aveva "ignorato le direttive del MIUR e gli stessi vincoli di prevenzione e sicurezza posti dal Collegio dei Docenti per l'attività di dissezione"; aveva "effettuato esperienze di laboratorio con superficiale negligenza, introducendo nella scuola materiali di incerta provenienza ed effettuando prelievi di sangue sugli studenti", non aveva "curato opportunamente i rapporti scuola-famiglia, omettendo di informare i genitori di studenti minorenni dell'esercitazione della dissezione di conigli" (così la teste Gi., nella documentazione agli atti).

La serrata difesa dell'imputato non riusciva nel suo intento di provare la non colpevolezza dell'imputato. Inattendibili si rivelavamo le testimonianze dei testi citati dall'imputato che avevano ridimensionato – in una sorta di excusatio non petita e di difesa del loro ex professore – i fatti, quasi a configurare un (distorto) senso di umanità che avrebbe caratterizzato la condotta dell'imputato. Vale pure considerare il valore probatorio di simili testimonianze, alla luce delle ricerche in campo psicologico. Come riportava la nota agli atti del dibattimento della dott.ssa Camilla Pagani del CNR (prot. 3202 del 26/10/2010) l'assenza di qualsiasi tipo di necessità ma anche di motivazione, seppure eventualmente negativa, "dà all'atto violento una caratterizzazione speciale e lo connota chiaramente come violenza pura e gratuita", oltretutto l'attore che ha compiuto l'atto era un adulto "e per di più da un adulto che riveste un ruolo autorevole in quanto è docente ed educatore" (Sul punto, si consideri il riconoscimento giurisprudenziale – recentissimo – con cui la Suprema Corte ha affermato che i ricordi vengono spontaneamente manipolati dalla mente, per renderli meno gravosi, quindi più superabili (Cass. pen. sez. III, sent. 40146/2012 Pres. Lombardi Rel. Androino).

Nello specifico delle testimonianze "a difesa", lo studente B. non era presente perché frequentava una classe diversa da quella coinvolta nell'esperimento che si doveva tenere il giorno indicato in imputazione, ma si faceva sostanzialmente paladino del professore. La teste Gio., tecnico di laboratorio, poi, rendeva una testimonianza confusa, contraddittoria, difendendo la correttezza procedurale dell'imputato ma ignorando – lei stessa – l'esistenza dei protocolli di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti animali nello specifico (proprio le attività che le competevano), nonché la delibera con cui il consiglio d'istituto aveva subordinato lo svolgimento dell'attività di dissezione, così evidenziando la propria inattendibilità rispetto al racconto delle attività praticate. Irrilevanti erano le dichiarazioni della teste P., collega che insegnava in classi diverse da quella in oggetto. Il teste Ce. non era presente, ma dichiarava che gli era riferito che un coniglio era stato ucciso. Il teste God. affermava che "ci siamo accorti che due conigli ancora agonizzavano". Tremenda, nella sua agghiacciante crudeltà, la descrizione dei tentativi di uccisione dei conigli fatta dal teste: "il professore ha cercato di porre fine alla loro vita prima con una corda e poi, siccome non riusciva, ha provato a dargli una botta in testa" e ancora "ha cercato di strozzare il coniglio", "mi ricordo che gli ha messo la corda intorno, ha cercato di tirare", e infine, "ha preso un martello e gli ha tirato una botta sulla testa".

Quanto si diceva in tema di manipolazione spontanea dei ricordi risultava, a titolo esemplificativo, con il teste Li. che, in controesame, dichiarava "da quello che so io erano comunque dei conigli acquistati da un allevamento, che erano comunque destinati al commercio, comunque all'uso alimentare" e ancora "a me han detto che erano conigli acquistati da un macellaio, che comunque li avrebbe comunque uccisi a scopo alimentare". Il teste Man., con dichiarazioni che sembrano imparate come una lezione, dichiarava frettolosamente che "il prof. – omissis – gli ha tirato una martellata in testa, così almeno non avevano più gli spasmi, diciamo" e, ancora, su domanda del Giudice rispondeva, vago, "si, penso di sì, sia a uno che all'altro, sia a uno che all'altro, penso" e ancora, esprimendo valutazioni per giustificare quanto avvenuto: "gli animali in teoria dovevano arrivare già morti dall'allevamento, quindi secondo me è stato uno sbaglio dell'allevamento". Aggiungeva che "non sono arrivati morti", "si muovevano. Erano legati, le gambe eran legate". Il teste Mar. non era presente nel laboratorio. Il teste Q. affermava che l'acquisto era stato autofinanziato perché "la presidenza non dava fondi per questo tipo di esperimento" (allora il progetto non era condiviso!). E poi "poiché era ancora vivo, il nostro prof. ha accelerato il processo di morte" (è evidente la fretta finalizzata alla fredda dissezione che caratterizzava la condotta dell'imputato che, sorpreso dalla sopravvivenza dei conigli, doveva porre fine a quello che era un evento imprevisto nella dinamica che aveva previsto per gli studenti. Neppure un evento imprevisto fermava il professore, neppure la circostanza che – in quel frangente – l'unica lezione che avrebbe somministrato agli studenti era quella di una crudeltà inutile e non necessaria, della freddezza, nell'inibizione del disgusto e della pietà nei confronti di soggetti comunque già in sofferenza. Tornando alle dichiarazioni, il teste Q. descriveva i tentativi di uccisione. Negava di aver visto il filmato con le immagini di quanto avvenuto, in difformità a quanto dichiarato in precedenza (documentazione acquisita al fascicolo dibattimentale) in cui aveva affermato che non voleva gli si inviasse il video perché non trovava "la cosa così gradevole alla vista".

Perfino il provvedimento disciplinare pronunciato dall'Ordine dei Medici, prodotto dall'imputato ma già agli atti del fascicolo dibattimentale, pur riguardando aspetti differenti da quelli penali qui in considerazione, affermava che "l'agire del Dottore è da considerarsi diseducativo nella sua funzione di docente, in quanto veniva meno a quello che deve essere il compito primario di ogni insegnante, cioè la trasmissione di valori ai propri allievi e – nel caso specifico – l'educazione al rispetto di tutti gli esseri viventi, valore fondante della società civile".

Il procedimento riservava anche delle sorprese. La linea perseguita dalla difesa si intuiva essere quella di voler scaricare la responsabilità sull'Istituto e sui docenti che, secondo l'imputato, avrebbero autorizzato la dissezione, nonché sul macellaio che non avrebbe "fatto bene il suo lavoro", lasciando vivi animali che dovevano essere venduti morti. Ma la sorpresa non si è fatta attendere.

Un uomo anziano, tremante, spaventato dal trovarsi in un'aula di tribunale, seppure in veste di testimone, chiamato dalla difesa a raccontare quello che sapeva dell'acquisto, dei fatti, di come si uccide un coniglio "in casa". Ebbene, quell'uomo, dichiarava che lui svolgeva la professione di macellaio, ma i conigli che vendeva arrivavano dal grossista, già morti e scuoiati. Invece presso la sua abitazione allevava "ad uso familiare" una decina di conigli, che uccideva con la seguente procedura: 1. elettrocuzione; 2. "botta" in testa; 3. scuoiamento immediato. L'anziano si era fatto convincere dal professore a vendere i conigli interi, compresa la pelliccia, perché non potevano essere acquistati in macelleria, motivando la necessità per "gli scopi scientifici" perseguiti dal professore di biologia. Pensando che quei conigli potevano essere utili per il "bene dell'umanità" e il "progresso scientifico", a "fare del bene alle persone" l'anziano vendeva i quattro conigli al docente, ma due di questi sopravvivevano alla elettrocuzione e al colpo in testa posto in essere dal macellaio.

Ed ecco quindi anche l'altro volto del professore: quello di chi strumentalizza un povero vecchio convincendolo che i conigli interi servivano per supposti esperimenti necessari per il bene dell'umanità. Invece no: l'approvvigionamento eventuale doveva avvenire tramite canali autorizzati, non dalla "gestione casalinga" di un anziano commerciante di carni. Le regole però, pur note al professore, provocavano fastidio ed era meglio aggirarle, grazie all'immagine e allo status simbol che il professore e medico assumeva nella comunità di riferimento; le norme e le attenzioni del caso erano scientemente ignorate dall'imputato che, ancora una volta, mostrava di considerarsi l'unico onnipotente detentore della verità e delle regole.

Secondo l'imputato, quindi, una colpa, se c'era, era del macellaio che non aveva provveduto adeguatamente a uccidere i conigli, errore a cui lui aveva dovuto porre rimedio. Non sapendo come fare, provava a uccidere gli animali in modo dozzinale, per poi giustificarsi dicendo che aveva utilizzato lo stesso modo utilizzato dal macellaio. Dirà di averlo fatto per fare "cessare l'agonia". Ma neppure si rivelava in grado di farlo in modo da procurare meno sofferenza possibile. Da un lato affermava che i conigli non soffrivano, che avevano solo spasmi, dall'altro però che voleva far cessare l'agonia. In ogni caso, pretendeva di avere ragione lui: il medico.

Nella sostanza, dunque, risultava accertato che l'imputato si era rifornito di animali da dissezionare, in violazione alle normative di settore che impongono l'approvvigionamento da allevamenti specifici, essendosi recato da un qualunque allevatore/macellaio che, peraltro, non poteva neppure vendere ad un privato conigli interi, non scuoiati né eviscerati (ma i profili di illiceità che coinvolgono terzi rispetto all'odierno procedimento esulano dal presente giudizio e non escludono la piena responsabilità dell'imputato che, persona istruita e inserita, doveva ben conoscere gli aspetti specifici – anche legislativi – qui interessati, ad ogni modo ribaditi con la riunione del Collegio Docenti e le prescrizioni ivi contenute, in merito alla provenienza degli animali e allo smaltimento degli scarti animali).

***

Una sonora lezione quella inflitta dal magistrato, paziente, distante, imperscrutabile nei suoi giudizi fino alla decisione: un esempio di giudice "equidistante" che non ha lasciato trapelare, neppure per un istante, quale fosse il convincimento che si andava formando udienza dopo udienza.

Vediamo nel dettaglio i profili interessanti della sentenza.

IL VERBALE DEL COLLEGIO DOCENTI

Sul banco degli imputati non vi era – come pure la difesa aveva cercato di far intendere, scaricando la responsabilità sul Collegio docenti che aveva autorizzato il "laboratorio" – né la sperimentazione animale in sé, né la dissezione di animali già morti, pratica comunque pienamente contrastata dal Ministero della Pubblica Istruzione con Prot. n. 2219/P4 "Nota sull'impiego di animali nelle scuole primarie e secondarie – divieto uso di animali e obbligo di utilizzo metodi alternativi" (circolare MIUR del 29 aprile 2008) (nonché oggetto di discussioni tutt'altro che pacifiche in seno al consiglio d'istituto ove si erano svolti i fatti).

Durante il Collegio docenti, dopo ampia discussione, era stata deliberata a maggioranza l'autorizzazione a svolgere laboratori di dissezione con animali interi morti all'interno della scuola, sub conditione che per lo svolgimento di detta attività fosse predisposto preventivamente un protocollo che assicurasse la provenienza certificata degli animali e il trattamento in laboratorio secondo le norme di sicurezza e prevenzione.

Il dibattito che si era sviluppato in seno al Collegio docenti veniva giudicato rilevante dal Giudice, "non solo sotto il profilo conoscitivo in relazione alla tipologia di studi proposta agli studenti dell'Istituto Molinari –indirizzo biomedicale- ma anche sotto il profilo della prospettata e dibattuta ricaduta sull'aspetto educativo". Il dibattito riguardava l'opportunità o meno di praticare gli esperimenti di dissezione su carcasse di animali interi, con ampio richiamo sia a codici di comportamento e a leggi nazionali e sovranazionali. Un accenno veniva posto sulla Nota MIUR del 29.4.2008 che sancisce il principio per cui la dissezione di animali va "evitata quando sussistano sul mercato metodi alternativi utilizzabili riconosciuti tra l'altro come metodi scientificamente e pedagogicamente più validi dell'uso degli animali stessi".

Vano il tentativo della difesa di sostenere che la nota MIUR era stata diffusa nell'istituto successivamente ai fatti per cui è processo, perché – di per sé – emanata prima e certo l'imputato ne era a conoscenza, attesa la discussione che si era sviluppata in seno al consiglio d'istituto in epoca precedente ai fatti, proprio per ottenere una sorta di "autorizzazione" all'esperimento su animali morti, provenienti da laboratori specifici, al fine di tutelare la sicurezza degli studenti (circostanza confermata in controesame dalla teste Ca., oltre che documentale).

Una difesa priva di pregio aveva tentato di addebitare all'Istituto la responsabilità di quanto occorso nella preparazione del "laboratorio di dissezione", ignorando che, quand'anche vi fosse stata un'autorizzazione, questa non avrebbe avuto potenziale scriminante per la condotta – consapevole e volontaria – dell'imputato, atteso che una delibera d'istituto scolastico non è atto idoneo a scriminare una condotta penalmente rilevante (!), né a caratterizzare una collaborazione nell'illecito di guisa che, neppure un eventuale concorso nella responsabilità penale avrebbe fatto venir meno la responsabilità individuale e personale dell'imputato.

VIOLAZIONI DI NORMATIVE DI SETTORE

Interessante è notare come la sentenza, dopo aver accolto nel compendio normativo di riferimento la disciplina del d.lgs. 333/98 e del Regolamento Ce n. 1099/2009 in attuazione della direttiva Ce 93/119/CE, evidenzia come "la soglia oltre la quale la tutela penale non si estende" risulta peraltro segnata dall'art. 19 ter disp. coord. c.p. che esclude l'applicabilità delle norme introdotte dalla Legge 189/2004 ai "casi previsti" da leggi speciali, cioè ad "ipotesi che, proprio perché vengono disciplinate specificamente contengono in sé già una disciplina che offre la tutela all'interesse protetto secondo un giudizio di bilanciamento rispetto ai valori che la collettività ritiene preponderanti".

Visti i richiami alla circostanza che gli animali erano destinati alla macellazione, all'alimentazione, come a giustificare la loro uccisione (se non per il laboratorio, per altri fini ritenuti meritevoli), giocoforza veniva opportuno il richiamo alla normativa relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento (d.lgs. 333/98) che è l'unica alla quale potersi fare riferimento per comprendere le modalità lecite con cui l'uccisione può avvenire. Ebbene, il decreto disciplina le operazioni di immobilizzazione, stordimento e abbattimento che devono essere condotte. Il decreto in parola – pur disciplinando l'uccisione di animali – dispone che le specifiche modalità con cui macellazione e abbattimento devono essere condotte, siano tali "da risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili" (art. 3). E aggiunge che le operazioni devono essere condotte "solo da persone in possesso della preparazione teorica e pratica necessaria a svolgere tali attività in modo umanitario ed efficace" (art. 7).

Contrariamente a tali modalità gli animali venivano abbattuti dall'imputato; non solo: "del tutto ingiustificato ed inutilmente posto in essere risulta poi l'elevato numero di colpi inferti con il martello".

Sui rapporti tra legge penale e leggi speciali, il giudice, poi, richiamava la sentenza di legittimità n. 11606/2012 che ha cristallizzato il principio per cui la norma penale non si applica "solo nel caso in cui le attività vengano svolte entro l'ambito di operatività delle disposizioni che le disciplinano".

Circa la normativa in tema di macellazione si rinvia ad altri contributi su questa Rivista (Trib. Milano sez. IV sent. n. 1440/2012 Giud. Guadagnino che, in merito al trattamento riservato ad animali dentro un ristorante ha affermato, tra l'altro, che "l'episodio accertato non rientra tra tali casi "scriminati" poiché non si è trattato di "macellazione" di animali destinati all'alimentazione, pratica regolamentata dal D.lvo 333/98 il quale ne disciplina specificamente le modalità e le autorizzazioni" e ancora, con riferimento alla specie delle anatre, "si tratta di animali che, secondo gli esperti (ma anche non, considerato che si tratta di bestie dotate di sistema nervoso), hanno caratteristiche etologiche tali per cui, in certe condizioni, soffrono sicché l'omesso rispetto della normativa minima prevista per il trasporto e la macellazione consente di qualificare il fatto accertato come maltrattamento di animali").

ASSENZA DI NECESSITA' DEL LABORATORIO DI DISSEZIONE

L'attività didattica assunta a giustificazione di quanto avvenuto veniva svolta senza procedere con le "necessarie attenzioni e procedure volte a salvaguardare non solo il trattamento dell'animale ma anche la sicurezza delle persone presenti all'esperimento", ma il giudice aggiunge che "l'attività di laboratorio posta in essere dal professore si collocava (omissis) nell'ambito di una attività didattica rispetto alla quale alcun profilo di "necessità" può sussistere".

Inoltre, la nota del Ministero della Pubblica Istruzione con cui si dichiara come "l'utilizzo di animali negli esperimenti didattici" è "seriamente e vivamente sconsigliato", onerando i docenti ad utilizzare "metodi alternativi esistenti e giudicati scientificamente più efficaci sotto il profilo didattico" era conosciuta dall'imputato, che però scientemente la ignorava.

PERSONALITA' E PROFILO SOGGETTIVO

Lui: convinto fino alla fine di poter decidere della vita e della morte, manifestava insolenza e disprezzo verso le regole (come la circolare MIUR ad esempio). Lui: freddo camice bianco che invece di interrompere l'esperimento, avvedutosi dei conigli ancora vivi, perdendo quella lucidità scientifica che dichiarava contraddistinguerlo, cercava, uno dopo l'altro, un sistema per porre fine alla vita dei conigli. Lui: convinto che fosse educativo insegnare ai ragazzi come potevano comportarsi per reagire a casi del genere che potevano verificarsi – a suo dire – nel corso della loro esperienza professionale; lui che non sapeva neppure quale fosse il metodo migliore, visti i vari rozzi tentativi. Per lui era tutto normale; affermava davanti al Giudice: "non mi sembrava ci fosse nulla di particolarmente traumatizzante... è stato vissuto come un evento assolutamente... naturale, fisiologico, normale". Prendere a martellate due conigli è naturale, fisiologico, normale?

Il giudice riconosceva sussistere il profilo soggettivo: l'imputato – malgrado le competenze scientifiche, in forza delle quali assumeva di avere legittimazione a giudicare della sofferenza di un animale e dello stato di vitalità dello stesso – aveva agito in modo più maldestro di un macellaio, ripetendo vari approcci letali, con strumenti diversi, sempre inadeguati. Fuori di dubbio è che l'imputato avesse agito con coscienza e volontà di mal-trattare gli animali e di giustiziarli senza le precauzioni (e le attenzioni) imposte dalla legge.

L'imputato non poteva certo ignorare la normativa di protezione degli animali, né quella extrapenale di riferimento. Senza averne alcuna legittimità o titolo provocava la morte con crudeltà perché inetto all'eutanasia; non prima di averne causato il maltrattamento di due dei conigli trasportati. L'uccisione – così come avvenuta – nonché il maltrattamento anche singolarmente considerato, non erano necessari. Di più. Avvenivano con crudeltà.

Così il giudice: l'imputato era "ben consapevole non solo di praticare un trattamento che avrebbe provocato inutili ed ingiustificate sofferenze (trattasi di medico laureato e specializzato che rispetto alle nozioni base della biologia dovrebbe avere competenze ben approfondite) ma anche che l'utilizzo di modalità diverse da quelle procedimentalizzate e regolate per legge al fine di pervenire alla soppressione ed abbattimento degli animali veniva così posta in essere senza necessità e per ingiustificata crudeltà. La ripetizione dei gesto nei confronti, poi, di due distinti conigli evidenzia l'intensità del dolo".

FAR CESSARE L'AGONIA. L'ASSERITA SITUAZIONE DI EMERGENZA

Inoltre, a differenza di quanto insistentemente la difesa ha voluto far credere, non si è compiuta un'eutanasia, per far cessare le sofferenze in atto. Né l'imputato – viste le dinamiche – si è rivelato in grado di farlo. Va precisato, che l'eutanasia – letteralmente "buona morte" – degli animali (senza addentrarsi in considerazioni bioetiche più generali) è pratica utilizzata per sopprimere animali affetti da malattie inguaribili e dolorose; come noto, si pratica previa anestesia dell'animale e iniezione di un farmaco ad hoc. Ma l'imputato, anche se medico umano e docente di biologia umana, non è stato in grado di assicurare una "buona morte" agli animali.

Neppure poteva darsi credito alla tesi sostenuta dall'imputato della necessità di far fronte ad una situazione d'emergenza. In primis, il giudice evidenziava come "situazione d'emergenza" non potesse essere qualificata "quella di specie che non poneva alcun profilo di emergenza o rischio rispetto alla salute pubblica o di qualche persona", ma soprattutto come anche qualora tale emergenza vi fosse, "del tutto ingiustificata" era "la serie di trattamenti fatti subire all'animale prima della esecuzione, che il citato decreto legislativo n. 333/98, prevede effettuarsi con strumenti a funzionamento meccanico con penetrazione nel cervello (allegato F)".

RICOGNIZIONE GIURIDICA DELLE FATTISPECIE

Le modalità con cui il "laboratorio" è stato preparato e diretto rientrano tra quelle vietate dalle norme contestate (artt. 544 bis e ter c.p.).

Nel caso di specie si configurava un "concorso formale tra norme non suscettibili di assorbimento": le condotte censurate erano duplici. L'imputato "nell'infliggere ai due conigli e soprattutto al primo, quello che presentava sintomi vitali più evidenti, una progressione di trattamenti volti all'evidente soppressione, attraverso metodologie assolutamente inadeguata (omissis) se volta al fine di portare alla morte l'animale in modo rapido e senza provocare ingiustificata sofferenza, ha senza dubbio posto in essere un maltrattamento rilevante (omissis) e cioè ha sottoposto l'animale a sevizie e a comportamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche dello stesso (essendo noto che i conigli sono animali dotati di sistema nervoso che lo stordimento determinato con l'uso della corrente elettrica solo temporaneamente rende insensibile e che lo stato vitale riscontrato sui conigli poteva già di per sé solo escludere che tale completa insensibilità permanesse)".

TUTELA DIRETTA DELL'ANIMALE E MEDIATA DELLA SENSIBILITA'

Con la condotta complessiva dell'imputato venivano danneggiati i duplici beni giuridici tutelati dalle norme di cui al capo di imputazione che – oltre a tutelare l'animale in sé (Cass. pen. sez. III, 14 marzo 1990, Fenati) – tutela altresì quel sentimento di pietà che le normative di settore – disciplinando gli ambiti, spesso letali, in cui gli animali sono coinvolti (macellazione, vivisezione, allevamento, eccetera) – mirano precipuamente a proteggere.

"L'interesse protetto dalle norme è quello – mediato rispetto alla tutela diretta dell'animale – della sensibilità dell'uomo verso l'animale", così la sentenza.

NEGATI I BENEFICI

Il giudice negava le circostanze attenuanti generiche – pur richieste dalla stessa Pubblica Accusa, ma verso cui vi era opposizione da parte della Parte civile – con due ordini di motivi: 1. un precedente per violazione della normativa sugli stupefacenti e la pendenza di un procedimento penale; 2. il comportamento tenuto nell'ambito dei fatti di causa, che aveva mostrato "una totale insensibilità non solo verso le modalità attraverso le quali procedere alla direzione di un laboratorio scientifico ma anche di attenzione didattica agli studenti che partecipavano a quell'esperimento".

Degno di attenzione era il palcoscenico nel quale agiva il soggetto imputato, e cioè nell'ambito di un'attività didattica, alla presenza degli studenti, otto dei quali minorenni.

Il magistrato giudicava i fatti connotati da "non modesta gravità" e, valutata anche la personalità dell'imputato, lo condannava alla pena di mesi 8 di reclusione, non concedendo la sospensione condizionale della pena, avendone già goduto l'imputato in relazione a precedente condanna.

RISARCIMENTO DEL DANNO

Senza ripetere osservazioni che già si sono fatte su questa Rivista, si osservi solo come la sentenza agganci l'entità del risarcimento del danno alla parte civile – persona giuridica connotata dallo strumento associativo e finalizzata alla tutela dei diritti degli animali – al numero degli animali coinvolti e al contesto collettivo in cui la condotta veniva posta in essere.

UNA NOTA PERSONALE: questo procedimento l'ho sentito – più di altri – come una missione, non solo per gli animali, ma anche per gli studenti, per i ragazzi che nella scuola e nel mondo degli adulti devono trovare punti di riferimento positivi, carichi di valori, di speranza, di empatia, di pace. Quel video io l'ho visto e... pensavo di averne viste di tutti i colori, ma mi sbagliavo. A fare male sono stati il cinismo, il rumore di quel martello, il movimento ossessivo, inutile, crudele. Eppure ho più di trent'anni, sono attivista della LAV da più di 10 e di immagini e video di animali uccisi e maltrattati ne ho visti tanti così come, per impegni professionali, ho visto immagini di omicidi, autopsie, interventi chirurgici. Sarà che ancora non mi sono assuefatta alla violenza fisica e non. In questo processo c'è stato un campione di entrambe le forme: fisica nei confronti dei conigli, psichica nei confronti degli studenti. Il mio ruolo è stato collaborare per accertare le colpe di quest'uomo e impedirgli di fare ancora male. Per far luce sulla vicenda e mantenere lucidità, e sprint processuale, prezioso è stato il sostegno di Michela Kuan, Roberta Benini, Francesca Gramazio, Carla Campanaro e Carla Bernasconi.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film