Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  29/01/2023

Misure di sostegno a favore dei più fragili - Non ha più senso oggi neppure l'inabilitazione

MISURE DI SOSTEGNO A FAVORE DEI PIÙ FRAGILI

E ABROGAZIONE DELL’ INTERDIZIONE E DELL’ INABILITAZIONE

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Questioni attuali

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NON HA PIÙ SENSO OGGI NEPPURE L’INABILITAZIONE

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Passando all’inabilitazione - seconda misura tradizionale del nostro sistema - l’Osservatorio ricorda come, in essa, il Curatore intervenga ad ‘assistere’ e non già a ‘sostituire’ la persona, nel compimento dei soli atti di straordinaria amministrazione; talché l’interessato rimane libero di compiere gli atti di ordinaria amministrazione. Pur tuttavia, prosegue il documento, “i poteri del curatore e quindi l’ampiezza dei suoi poteri è già declinata in maniera generale nel codice civile, senza aver cura di calibrare tale attività rispetto alle esigenze di supporto del caso concreto; quindi all’eventuale ricorrere di alcune condizioni stabilite dal codice civile, si prevede che il curatore agisca sempre in una certa maniera nell’‘assistere’ la persona nel compimento di tutti gli atti di straordinaria amministrazione controfirmando e dando valore agli atti ovvero non controfirmando gli atti posti in essere dalla persona con disabilità e quindi bloccandoli”.

Da qui la necessità - secondo l’Osservatorio - di abrogare pure l’inabilitazione: “Anche rispetto a tale misura di protezione giuridica, si deve considerare l’automatismo nell’attività di una figura (curatore) che interviene, con una sorta di potere di veto, nelle scelte della persona con disabilità su un novero di atti già identificato dal codice, semmai per il ricorrere solo di alcune condizioni che non permettano solo alcuni di tali atti di straordinaria amministrazione”.

In effetti l’istituto dell’inabilitazione risulta da tempo disapplicato, in Italia, sostituito com’è nella prassi dall’amministrazione di sostegno; e tale sfioritura fattuale conferma la necessità di procedere a una cancellazione formale.

La stessa Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità fa obbligo agli Stati che ne sono vincolati di prendere le misure necessarie a che le persone con disabilità ricevano il sostegno di cui abbiano bisogno per esercitare la loro capacità (art. 12, par. 3). Tutte le misure statali suscettibili di incidere sulla capacità, precisa la Convenzione, devono essere calibrate sulle specifiche condizioni ed esigenze della persona interessata, e devono tener conto della volontà e delle preferenze di quest’ultima (art. 12, par. 4).

E nello stesso Preambolo della Convenzione – come ancora rammenta l’Osservatorio – “si riconosce la necessità di promuovere e proteggere i diritti umani, incluso quindi quello più intrinseco all’essere Persona, quale quello all’autodeterminazione, per tutte le persone con Disabilità, incluse quelle che richiedono un maggiore sostegno, anche ad intensità elevatissima”. 

Va poi sottolineato che la nostra Corte di Cassazione, con sentenza 25.10.2012, n. 18320, ha sancito la piena compatibilità sostanziale dell’AdS rispetto a tali indicazioni; a differenza di quanto non possa dirsi (ecco il punto) per una figura come l’interdizione, che appare una risposta non proporzionata allo scopo, quale misura in sostanza irrevocabile, di fatto non revisionabile.

Merita anche segnalare come, a favore dell’abrogazione dell’interdizione e dell’inabilitazione, si sia pronunciato in modo esplicito - nell’ultimo ventennio - l’intero Gotha della dottrina civilistica italiana: basterà ricordare qui i nomi di R. Sacco, P. Rescigno, C. M. Bianca, P. Schlesinger, S. Rodotà, F. Busnelli, P. Perlingieri.




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