-  Mazzon Riccardo  -  10/09/2014

MOLESTIE SESSUALI DA DIPENDENTE A DIPENDENTE: QUANDO RISPONDE IL DATORE DI LAVORO? - Riccardo MAZZON

E' stato efficacemente notato come le responsabilità ex articolo 2087 del codice civile nascano dall'avere posto in atto, da parte del datore di lavoro, un'organizzazione inadeguata o difettosa, mentre le responsabilità che nascono dall'occasionale omissione o erroneità di impiego di mezzi e servizi, da parte di soggetti diversi, possono trovare idonea disciplina proprio nell'articolo 2049, medesimo codice:

"l'art. 2087 c.c., prescrivendo agli imprenditori di adottare "le misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro", ha stabilito un obbligo che si riferisce al modo di organizzare l'impresa con l'apprestamento di attrezzature e servizi idonei allo scopo e non al modo in cui questi vengono poi in concreto utilizzati e svolti. Di conseguenza, le responsabilità ex art. 2087 c.c. che nascono dall'avere posto in atto un'organizzazione inadeguata o difettosa sono sul piano giuridico da tenere ben distinte dalle responsabilità che nascono dall'occasionale omissione o erroneità di impiego da parte di soggetti diversi di tali mezzi e servizi al cui riguardo può trovare applicazione la normativa dell'art. 2049 c.c." (Cass. civ., sez. lav., 26 gennaio 1979, n. 604, GCM, 1979, 273 - cfr., amplius, il volume "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012 -).

La fattispecie che, nell'ambito che ci occupa,

"sussiste la responsabilità del datore di lavoro per fatto altrui solo quando l'infortunio sia stato cagionato da fatto di lavoratori subordinati quali devono intendersi i commessi cui si riferisce la norma dell'art. 2049 c.c." (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1978, n. 3155, RI, 1979, II,19)

con maggior insistenza assurge all'onore delle cronache giudiziarie è quella relativa a molestie sessuali da dipendente a dipendente – esemplare, a tal proposito, anche se datata, la seguente pronuncia, in cui il magistrato di prime cure ha deciso che, qualora sia accertato in fatto che un incaricato del datore di lavoro, nell'esercizio delle proprie mansioni, abbia tenuto per petulanza, nei confronti di una dipendente, reiterati e intenzionali comportamenti sessualmente molesti, in luogo di lavoro aperto al pubblico, e che il datore di lavoro, posto a conoscenza della condotta del preposto, non abbia adottato alcun provvedimento a tutela dell'integrità psicofisica e morale della dipendente, va ritenuta la responsabilità del preposto, sia penale per il reato di cui all'art. 660 c.p., sia civile ai sensi dell'art. 2043 c.c., nonché la responsabilità civile del datore di lavoro, sia per illecito extracontrattuale ex art. 2049 c.c., sia per illecito contrattuale per violazione dell'art. 2087 c.c.:

"ove dall'anzi descritto comportamento del preposto sia derivata causalmente alla dipendente una temporanea patologia psichica, consistita in disturbi dell'adattamento, sia il preposto che il datore di lavoro sono entrambi tenuti al risarcimento, tanto del danno biologico temporaneo quanto del danno morale, in via fra loro solidale anche in relazione al danno morale, per il combinato disposto degli anni 2049 c.c. e 185 c.p.; deve ritenersi la competenza funzionale del pretore del lavoro in ordine a tutte le domande proposte, essendo tale giudice funzionalmente competente in relazione alla dedotta violazione dell'art. 2087 c.c. da parte datoriale, e dovendosi quindi applicare alla fattispecie il disposto di cui all'art. 40 comma 3, c.p.c." (Pret. Milano 31 gennaio 1997, RCDL, 1997, 619) -

ove il datore di lavoro, pur con doverosi e necessari distinguo,

"il datore di lavoro non è responsabile ex art. 2049 c.c. per molestie sessuali sui luogo di lavoro allorché le circostanze ambientali non consentano di considerare il comportamento del molestatore rientrante tra le incombenze di dipendente, nè costituiscono un prolungamento delle stesse incombenze" (Trib. Venezia 15 gennaio 2002, FP, 2002, I, 404)

deve comunque prevedere anche possibili evoluzioni in tal senso dirette:

"la tolleranza da parte dell'amministratore della datrice di lavoro di comportamenti illeciti e la loro prevedibile evoluzione in comportamenti di molestia sessuale costituenti reato comportano ex art. 2049 c.c. una concorrente responsabilità aquiliana della società, che risponde pertanto anche del danno morale" (Trib. Pavia 14 dicembre 2002, RCDL, 2003, 349).

Contra, argomentando, incidentalmente, che le molestie sessuali poste in essere da un collega di lavoro, pur costituendo un comportamento estraneo all'esercizio delle mansioni, per essere realizzate sul luogo di lavoro, ed in quanto di gravità estrema, integrano sia oggettivamente che soggettivamente una giusta causa di recesso, essendo il rapporto fiduciario irrimediabilmente reciso, in caso di datore di lavoro persona giuridica, anche da condotte (a questo limitato effetto) comunque riferibili all'organizzazione datoriale:

"non sussiste una responsabilità diretta del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. qualora la condotta illecita del dipendente non sia prevedibile e prevenibile. Nè sussiste una responsabilità indiretta ex art. 2049 c.c. in quanto il comportamento non è riferibile, nemmeno marginalmente, o anche solo indirettamente, alle mansioni esercitate, collocandosi nella sfera personale e privata dell'autore ed essendo collegato con il rapporto di lavoro da un nesso meramente cronologico e topografico" (Pret. Modena 29 luglio 1998, LG, 1999, 559).

A riprova della frequenza del fenomeno, si confronti anche la seguente pronuncia, con la quale il magistrato competente ha affermato che il datore di lavoro il cui dirigente, piuttosto che censurare quei lavoratori maschi che al passaggio in reparto di una impiegata vestita con minigonna le abbiano indirizzato, apprezzamenti con fischi e battute, abbia ripreso la stessa, peraltro senza particolare riservatezza, invitandola ad indossare un abbigliamento più adatto all'ambiente:

"è tenuto al risarcimento del danno, da liquidarsi equitativamente (nella specie, lire 100.000), essendo ad esso implicitamente ricollegabile la condotta per avere affermato, nel difendersi in giudizio, che l'invito ad usare un abbigliamento meno appariscente aveva avuto lo scopo di evitare il protrarsi di turbative sul lavoro da parte degli operai" (Pret. Milano 12 gennaio 1995, FI, 1995, I, 1985, GM, 1995, 419).




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