-  Mazzon Riccardo  -  16/01/2016

MUTUO DISSENSO: LE PARTI SONO SEMPRE LIBERE DI MODIFICARE UN PRECEDENTE CONTRATTO? - Riccardo MAZZON

contratto come accordo, intervenuto tra due o più parti, finalizzato a costituire, regolare o estinguere, tra le parti intervenute, un rapporto giuridico patrimoniale

il mutuo dissenso (o mutuo consenso o risoluzione convenzionale o accordo risolutorio) costituisce espressione dell"autonomia negoziale dei privati

liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio, anche a prescindere dall"esistenza di eventuali fatti - o circostanze – sopravvenuti/e, impeditivi/e o modificativi/e dell"attuazione dell'originario regolamento di interessi

Il contratto altro non è che l'accordo, intervenuto tra due o più parti, finalizzato a costituire, regolare o estinguere, tra le parti intervenute, un rapporto giuridico patrimoniale (cfr., amplius, "RISARCIMENTO DEL DANNO PER INADEMPIMENTO CONTRATTUALE", Riccardo Mazzon, Rimini 2014).

Così, anche la figura del mutuo dissenso (o mutuo consenso o risoluzione convenzionale o accordo risolutorio: cfr. anche artt. 1321 e 1372 c.c.) costituisce espressione dell"autonomia negoziale dei privati, i quali sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio, anche a prescindere dall"esistenza di eventuali fatti - o circostanze – sopravvenuti/e, impeditivi/e o modificativi/e dell"attuazione dell'originario regolamento di interessi: la risoluzione del contratto per mutuo dissenso costituisce, pertanto, un caso di ritrattazione bilaterale del contratto, con la conclusione di un nuovo negozio uguale e contrario a quello da risolvere.

Peraltro, mentre la prova della avvenuta transazione deve essere offerta per iscritto (art. 1967 c.c.), il mutuo recesso dal contratto può avvenire anche per fatti concludenti e la relativa prova può essere fornita con ogni mezzo (App. Roma sez. X, 1 febbraio 2013, n. 2231, www.dejure.it).

Da tener altresì presente, in sede introduttiva, come gli accordi tra enti pubblici, stipulati ai sensi dell"art. 15 della legge 241/1990, anche denominati contratti "a oggetto pubblico", differiscano dal contratto privatistico di cui all"art. 1321 c.c., del quale condividono solo l"elemento strutturale dell"accordo, senza che a esso si accompagni l"ulteriore elemento del carattere patrimoniale del rapporto regolato: le amministrazioni pubbliche stipulanti, infatti, in tal caso, partecipano sì all"accordo in posizione di equiordinazione, ma non già al fine di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale, bensì di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune.

Pacifico, altresì, in tal ambito, come la disciplina dei rapporti contrattuali (artt. 1321 e seguenti del codice civile) vada riservata alla legislazione statale: un eventuale normativa regionale che venisse ad incidere sull'efficacia del contratto (art. 1372 cod. civ.), subirebbe la censura della Corte Costituzionale in quanto violerebbe

"l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost." (Corte Cost. 27 giugno 2013 n. 159, GC, 2013, 10, I, 1941).

Naturalmente, l"accordo deve sempre esprimere una reale volontà negoziale e non limitarsi ad una funzione meramente descrittiva delle attività storiche, eventualmente prodromiche ad una – desiderata – futura costituzione/regolamentazione/estinzione del rapporto giuridico in questione: il principio è particolarmente sentito in tema di vendita di beni immobili laddove, affinché il documento sottoscritto dalle parti - e nel quale si descriva l'immobile oggetto della vendita, indicando il prezzo e le modalità di pagamento - possa riconoscersi quale contratto definitivo o preliminare di vendita - e non come semplice appunto o minuta -, è necessario, per l"appunto, che esso esprima, in termini logicamente e linguisticamente compiuti, la corrispondente volontà negoziale, intesa proprio come disposizione immediatamente operativa sulla situazione giuridica esistente e, quindi, come regola obbligatoria del comportamento dei sottoscriventi; la c.d. minuta di contratto, invece, non ha carattere vincolante per le parti, ma assolve solo a una funzione essenzialmente storica e probatoria della fase delle trattativa, rinviando

"la conclusione del contratto a un momento successivo, nel quale le parti avranno raggiunto l'accordo anche sugli altri elementi" (Cass. civ. sez. III 22 marzo 2013 n. 7255; GDir, 2013, 22, 62).

 

 




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