-  Cuzzola Paolo Fortunato  -  28/12/2015

NON ESISTE IL DIRITTO A NON NASCERE SE NON SI DIAGNOSTICA LA SINDROME DI DOWN - Cass. Sez. Un. 22/12/2015 n. 25767 - Paolo F. CUZZOLA

 Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione chiamate in causa dalla richiesta di risarcimento danni, in nome proprio e della figlia, di una coppia che ha citato l'A.S.L. di Lucca ed i primari dei reparti di ginecologia e del laboratorio di analisi  ha stauito il seguente principio non esiste il "diritto a non nascere se non sano" e questo "mette in scacco il concetto stesso di danno" per il bambino nato malato.

Nonostante fosse stata fatta l'indagine prenatale, i medici non avevo riscontrato che la bambina fosse affetta da sindrome di Down.  La madre, ha sostenuto, che se correttamente informata non avrebbe portato a termine la gravidanza e per questo ha chiesto un risarcimento.

La Suprema Corte ha respinto la richiesta di risarcimento per la bambina ed ha disposto un nuovo approfondimento per il danno psicologico subito dalla madre.

Secondo i Supremi Giudici non esiste il diritto al risarcimento del danno per il bambino nato malato, "tanto più che di esso si farebbero interpreti unilaterali i genitori nell'attribuire alla volontà del nascituro il rifiuto di una vita segnata dalla malattia; come tale, indegna di essere vissuta (quasi un corollario estremo del c.d. diritto alla felicità)".

Per la Cassazione non c'è un diritto a non nascere così come "non sarebbe configurabile un diritto al suicidio tutelabile contro chi cerchi di impedirlo": nessuna responsabilità avrebbe il soccoritore "che produca lesioni cagionate ad una persona nel salvarla dal pericolo di morte".

l'ordinamento, continuano le Sezioni Unite, "non riconosce il diritto alla non vita:cosa diversa dal dirittto di staccare la spina, che comunque presupporebbe una manifestazione di volontà ex ante, attraverso il testamento biologico". l'accostamento tra le due fattispecie è "fallace".

Gli Ermellini sono intervenuti su di un aspetto, da loro stessi definito "delicato e controverso" con implicazioni "filosofiche ed etico-religiose" e "indirizzi di pensiero" segnati da "accese intonazioni polemiche". su cui anche la giurisprudenza si è divisa.

I supremi Giudici hanno sottolineato con la sentenza in commento che l'indirizzo giurisprudenziale favorevole alla "pretesa risarcitoria del nato disabile verso il medico" finisce con l'assegnare al risarcimento "un'impropria funzione vicariale, suppletiva di misure di previdenza ed assistenza sociale".

Nella sua approfondita disamina la Corte cita anche precedenti casi, anche all'estero, e mette in guardia dal "rischio di una reificazione dell'uomo, la cui vita verrebbe ad essere apprezzabile in ragione dell'integrità psico-fisica": una "deriva eugenetica" che ha caratterizzato dibattiti in altri paesi europei, come la Francia, dove poi è stata emanata nell'anno 2002 la "legge Kouchner" dove è stato stauito il principio che "nessuno può fare valere il danno derivante dal solo fatto di essere nato".

Infine la Corte ha respinto la "patrimonializzazione dei sentimenti, in una visione panrisarcitoria dale prospettive inquietanti".

Con queste motivazioni è stata annullata la sentenza della Corte di Appello di Firenze che negava il risarcimento ai genitori.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film