-  Marra Angelo D.  -  19/10/2015

NON ESSERE DISCRIMINATI? È UN DIRITTO SOGGETTIVO: BYE BYE INTERESSE LEGITTIMO - Angelo D. Marra

 

Oggi – rileggendo la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 25011 del 2014 – mi sono sentito rincuorato perché il Supremo Collegio ha affermato ciò che da tempo desideravo (dopo averlo, sommessamente, scritto in più di un'occasione) sentir confermare così autorevolmente:  il diritto allo studio delle persone disabili è un diritto fondamentale e – ancorché per il godimento concreto di questo sia necessaria una attività amministrativa ( nel caso della scuola, l'assegnazione di insegnanti di sostegno) – la discriminazione che deriva dalla lesione di questo diritto, rientra nella giurisdizione del giudice civile.

Secondo l'orientamento precedente:

"La determinazione delle ore a disposizione del singolo diversamente abile costituisce ... il frutto di una prerogativa pubblicistica dell'amministrazione, che nel fissarle si pone in posizione di supremazia rispetto agli utenti del servizio";
sicchè, qualora costoro contestino la congruità del supporto accordato, essi danno vita ad una vertenza che, "postulando necessariamente un giudizio sulla correttezza del potere esercitato in ordine alla organizzazione ed alle modalità dì erogazione del sostegno", rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "in quanto attinente al momento strutturale del servizio".
...
La stessa regola di riparto è enunciata dall'ordinanza 19 luglio 2013, n. 17664. In base a tale pronuncia, rientra, appunto, nella giurisdizione del giudice amministrativo il giudizio relativo al servizio di sostegno scolastico a favore di minori diversamente abili finalizzato alla condanna di un Comune all'esecuzione di interventi edilizi di tipo strutturale per l'eliminazione delle barriere architettoniche impeditive dell'accesso a locali pubblici, appartenendo tale controversia al novero di quelle aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, a norma dell'art. 133 c.p.a., co. 1, lett. f).

Si noti che è la stessa Corte di Cassazione ad instaurare un parallelismo tra il diritto allo studio è quello all'abbattimento delle barriere architettoniche (cioè, il diritto all'accessibilità di cui all'art. 9 della Convenzione di New York), con la conseguenza che le argomentazioni oggi utilizzate a proposito diritto allo studio, possono essere utilizzate domani in tema di accessibilità: l'accostamento delle due materie è stato del tutto naturale per il giudice, può esserlo anche per gli operatori.

Ebbene,  al punto 2.3 il  Supremo Collegio afferma che: "Il caso all'esame di queste Sezioni Unite suggerisce una rimeditazione di questo indirizzo".

A seguito di questo mutamento, la Corte autorevolmente insegna:
"In conclusione, dal quadro legislativo di riferimento si evince che una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell'alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l'amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica, capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per i servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l'assegnazione, in favore dell'alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo - se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi - all'attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell'alunno disabile all'istruzione, all'integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini.
L'omissione o le insufficienze nell'apprestamento, da parte dell'amministrazione scolastica, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all'attivazione, in suo favore, di un intervento corrispondente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico: l'una e le altre sono pertanto suscettibili di concretizzare, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell'offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta, vietata dalla L. n. 67 del 2006,art. 2 per tale intendendosi anche il comportamento omissivo dell'amministrazione pubblica preposta all'organizzazione del servizio scolastico che abbia l'effetto di mettere la bambina o il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri alunni.
E poichè la L. n. 67 del 2006, art. 3 oltre ad attribuire, a fronte di un comportamento discriminatorio, un'azione a favore del disabile, prevede altresì la procedura per far valere la tutela giurisdizionale, facendo rinvio alD.Lgs. n. 150 del 2011, art. 28 che chiaramente individua nel giudice ordinario quello competente ad occuparsi della repressione di comportamenti discriminatori, correttamente la Corte d'appello ha confermato la statuizione del primo giudice circa l'appartenenza al giudice ordinario della competenza giurisdizionale a conoscere della controversia."
Ebbene, il diritto allo studio è quello all'accessibilità sono tali diritti fondamentali garantiti sia a livello internazionale, sia europeo, sia nazionale.
Per entrambi è necessario un forte coinvolgimento della pubblica amministrazione per la concreta realizzazione di questo diritto della persona.
In ambedue i casi, un'omissione del comportamento dovuto determina discriminazione indiretta; in tutte due le situazioni concrete e il giudice ordinario.




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