-  Tornesello Giulia  -  06/01/2013

NON METTIAMO A RIPOSO IL LINGUAGGIO (parte seconda) - Giulia TORNESELLO

Una prova ardua finalmente

 Chi si è trovato la sera del 4 gennaio ad assistere all"intervista al Presidente del Consiglio Mario Monti (Lilly

 Gruber LA 7) non poteva certo immaginare di essere testimone di una delle prove più ardue della presente vita

 collettiva. Siamo oggi abituati a tutto ma disabituati del tutto alla democrazia del comprendersi e del

 comprendere. Eravamo pronti (e prevenuti) ascoltando il Professor Monti forse proprio tutti, anche i suoi

 sostenitori: pronti al distacco che l"Accademia gli avrebbe suggerito, pensavamo, a fronte delle divaricazioni di

 competenza linguistica e culturale che segnano in modo spesso irreparabile la vita di cittadine e cittadini di

 questa stessa nostra Repubblica.

 Siamo rimasti, fortunatamente, attoniti. Puntualizzo qui che ne faccio una questione esclusivamente linguistica.

 Per il Professor Monti l"art.3 della nostra Costituzione, almeno linguisticamente, è più che mai in vigore. In

 questa sua tensione continua (oltre un"ora) in un contesto tutto intriso di "linguisticità e "segnicità" egli si è

 valso di ogni mezzo per ritrovare la comunicazione con la polis. Si è valso anche, e molto a proposito, dei

 silenzi. Ha scritto Tullio De Mauro, a proposito del silenzio significativo, che "esiste una categoria di silenzi

 che la presenza circostante e latente del parlare rende significativi".

 Ed ancora De Mauro richiama Gramsci "molti atti, progetti , opere, nel mondo vasto e terribile, si svolgono e

 realizzano senza che intervenga a farsene parte necessaria la parola attualizzata, neppure quella interiore". Ed è

 vero più che mai ai nostri giorni terribili.

Scegliere come dato di partenza dell"intervento politico un contesto di obbligata linguisticità (T. De Mauro) ha consentito a Monti una operazione vitale e improrogabile: farsi comprendere usando il linguaggio che apre all"interazione. Veramente non vi è in alcun altro luogo una collaborazione più intima, più indispensabile che nel linguaggio: esso è veramente il luogo in cui riconosciamo l"altro e ci rivolgiamo a lui affinché ci riconosca a sua volta…..

E se la scena si sposta (come è avvenuto in questo caso per i tanti cittadine e cittadini che hanno ascoltato l"intervista a Monti) l"emozione si attutisce ma la ragione permette ancora di pensare, di riflettere sul senso, di condividere o dissentire. Questo per un Paese civile dovrebbe essere la scintilla idonea a riaccendere il confronto democratico.

Certo si potrebbe obiettare c"è ( ci dovrebbe essere) la Grande Storia, la Memoria e c"è la storiuzza di straordinaria comunicazione e di ordinaria dominanza.

Certo. Ma vogliamo, per il timore che sia solo questo, non alimentare neppure questa scintilla di democrazia, ritornare subito alla tortura quotidiana della valle di Giosofat linguistica?

 

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 Immobilismi linguistici

Si dice sempre più spesso nel variegato mondo dell"impegno sociale, del politically correct, della promozione di diritti nuovi, che per esserci ci siamo stati/e.

Mai interi, anzi da un po" di anni a questa parte, sempre più divisi/e ma "ci siamo stati/e perché è lì che comunque, batte il cuore"(così Zanardo).

È davvero possibile esserci, prese/i piuttosto dal divertimento del dentro e fuori, dei qui pro quo, del sorridere?

L"ironia, che altro non è se non vigore inappagato, che si trasformerà poi in racconto. A beneficio degli amici-compagni ritrovati. Fuori contesto. Mah. Resta comunque la presenza-assenza che esprime l"impossibilità "di aderire completamente ad un presente già bello diviso in segmenti organizzati. È un resto muto" (ancora Zanardo, Il segreto della vita è stare al posto giusto).

E dunque la seconda domanda. È possibile esserci, così?

È possibile cioè fuori dalle situazioni esistenziali estreme, nelle storie di ordinaria dominanza internazionale?

 Non è qui che intendiamo rispondere perché traviseremmo del tutto la stesse motivazioni di questo intervento

 che devono essere chiare, non equivocate.

 E" possibile invece, anzi opportuno, ritornare al senso dell" articolo che sarà assai meglio illustrato dalle

 parole di un grande linguista.

 Eccole.

 "Ogni creatura umana all"atto stesso della nascita, riceve in dono tre scrigni simbolici. Ciascuno contiene una infinità di piccoli germi: il primo scrigno contiene i germi della stanchezza, della rassegnazione, mettiamo anche della contemplazione passiva; il secondo contiene i germi della propensione al godimento immediato; il terzo quello delle spinte passionali, espressive. Nessuno conserva i tre scrigni intatti […]. Nessuno ripartisce in porzioni uguali i frammenti […]. Per questo gli uomini sono diversi […]

Di quelli nei quali ha prevalso la molla degli impulsi al fare, (l"uomo) dirà che si sono proposti un "compito" indipendentemente dal fatto di averlo realizzato o no.

Non il mio destino non il mio ritratto ma il mio compito […] di capire il passato, di mediare il presente in vista di

 un avvenire, in cui la chiarezza mentale, la buona volontà e la buona fede non siano più motivi di benevolo

 compatimento o addirittura di irrisione"( Giacomo Devoto,1972, Il mio compito , Ricciardi Milano-Napoli, pp VII-

 IX in P. BELLUCCI "Ad onor del vero" UTET)

 Nel primo inverno di Monti, sicuramente assai rigido, innegabilmente questo aspetto è stato centrale: chiarezza mentale, buona volontà e buona fede sono ridiventate virtù.Su questo almeno il domani è già oggi. ( g.t.)

Nota a margine

 Si consiglia per chi ne avesse voglia, leggere anche www.personaedanno.it/index.php?option=com...id... - 8 set 2012 ... Persona e Danno - a cura di Paolo Cendon ... "DIRITTI PERSONA: NON METTIAMO A RIPOSO IL LINGUAGGIO" - Giulia TORNESELLO

25/01/07"LA POLITICA DELLA COMUNICAZIONE: LODE DEL DISACCORDO RAGIONEVOLE" - Giulia TORNESELLO




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