-  Mazzon Riccardo  -  30/09/2014

OBBLIGATORIETA' DEI PROVVEDIMENTI PRESI DALL'AMMINISTRATORE CONDOMINIALE - Riccardo MAZZON

I provvedimenti presi dall'amministratore, sempre che rientrino nell'ambito dei suoi poteri [cfr. capitolo quindicesimo del presente lavoro: infatti, in tema di condominio di edifici, gli atti, con i quali l'amministratore disponga opere sulla cosa comune, in eccesso ai propri poteri e con lesione dei diritti dei condomini, sono affetti da nullità assoluta, la cui deducibilità

"non è soggetta ai termini di decadenza degli art. 1133 e 1137 c.c." (Cass., sez. II, 29 novembre 1991, n. 12851, GCM, 1991, 11)],

sono obbligatori per i condomini.

Contro i provvedimenti dell'amministratore è ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria, nei casi e nel termine previsti dall'articolo 1137 del codice civile (cfr., amplius, capitolo ventiduesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013).

Si confronti, a tal proposito, la seguente pronuncia, laddove conferma che l'inerzia dell'amministratore, nel compimento di un atto di ordinaria amministrazione, non legittima il singolo condomino a rivolgersi all'autorità giudiziaria in sede contenziosa senza avere, in precedenza, provocato la convocazione dell'assemblea condominiale.

La mancata convocazione dell'organo assembleare, la mancata formazione di una volontà maggioritaria, la adozione di una delibera poi ineseguita, precisa altresì la pronuncia de qua, legittimano, per l'effetto, il condomino ad agire non in sede contenziosa bensì di volontaria giurisdizione, giusto disposto dell'art. 1105 c.c. (mentre la deliberazione di maggioranza risulterà impugnabile, in via contenziosa, nelle sole ipotesi di lesione di diritti individuali dei partecipanti dissenzienti, ovvero di violazione di legge o del regolamento condominiale), non rilevando, in contrario, la disposizione di cui all'art. 1133 c.c. (a mente della quale il ricorso avverso i provvedimenti dell'amministratore, per il singolo condomino, è proponibile, oltreché all'assemblea, anche all'autorità giudiziaria), poiché detta norma delimita la possibilità di esercizio della ivi prevista facoltà ai casi espressamente stabiliti nel successivo art. 1137 (ostativo, per l'autorità giudiziaria, all'esercizio di qualsivoglia sindacato di merito sulle deliberazioni dell'assemblea),

"escludendo, pertanto, che il giudice possa, in sede contenziosa, sopperire all'inerzia dell'amministratore nel compimento di atti di ordinaria amministrazione" (Cass., sez. II, 14 agosto 1997, n. 7613, GCM, 1997, 1425).

La procedura camerale di carattere non contenzioso, prevista dall"art. 1105 c.c., non attenendo alla risoluzione di questioni su diritti, preclude, dunque, un"azione giudiziaria di tipo contenzioso per il caso, già da essa contemplato, della omessa amministrazione delle cosa comune, dovendosi in tale accezione ricomprendersi pure la omessa esecuzione di una delibera adottata; pertanto il legislatore, rimettendo ogni facoltà di tutela sul punto alle forme della volontaria giurisdizione previste ex art 1105 c.c., esclude altresì che, all"inerzia dei partecipanti nel compimento di atti di gestione del bene comune,

"il giudice possa sopperire nell"ambito di un diverso procedimento contenzioso" (Trib. Nola, sez. II, 15 novembre 2007, www.dejure.it, 2009).

Si confrontino, in argomento, le seguenti pronunce riguardanti:

- la responsabilità solidale del condomino per atti posti in essere dall'amministratore, laddove s'è deciso che, per l'atto illecito, nella specie di spoglio, posto in essere dall'amministratore di condominio in proprio e senza il consenso dell'assemblea, deve essere considerato responsabile, quale autore materiale,

"l'amministratore stesso ma in solido con la collettività dei condomini quali autori morali dell'atto a titolo di colpa" (Trib. Roma 1 luglio 2004, GM, 2005, 5, 1116);

- la violazione di clausole che impongano l'astensione nelle delibere assembleari, in quanto, in caso di violazione della clausola del regolamento condominiale, che impone l'obbligo di astensione del condomino che riveste la carica di amministratore per le deliberazioni assembleari relative al conto della sua gestione o che riguardano provvedimenti adottati dall'organo amministrativo, ove la prova di resistenza si concluda positivamente, in quanto la detrazione del voto illegittimo non intacca il "quorum" deliberativo né la decisione adottata dall'assemblea,

"non può essere pronunciato l'annullamento della deliberazione assembleare" (Trib. Milano 30 luglio 1998, GIUS, 1999, 1995);

- le opere eseguite senza necessaria autorizzazione, nel senso che l'assemblea condominiale è libera, in sede di esame dei consuntivi di spesa, di approvare l'esecuzione di un'opera eseguita senza la preventiva autorizzazione ed il relativo esborso economico, in quanto ciò si risolve in una ratifica dell'operato dell'amministratore: questi, infatti, ove non intervenga la ratifica dell'assemblea, è tenuto a sollevare il condominio da ogni esposizione patrimoniale conseguente al lavoro eseguito senza autorizzazione e non approvato in sede di rendiconto,

"avendo ecceduto rispetto ai limiti del mandato che caratterizza i suoi rapporti con il condominio" (Trib. Bologna 18 dicembre 1997, ALC, 1998, 884);

- l'azione di ingiustificato arricchimento: in tal ultimo ambito, si confronti la seguente pronuncia, che esplicitamente afferma come, poiché l'esperimento dell'azione generale di arricchimento senza causa postula, per il disposto dell'art. 2042 c.c., la non esperibilità di altra azione per conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito, al condomino, che abbia sostenuto spese per le cose comuni, non spetti l'azione di arricchimento,

"potendo agire in base all'art. 1134 c.c. se la spesa è urgente, e ai sensi del combinato disposto degli art. 1133, 1137 e 1105 c.c. se la spesa non lo è" (Cass., sez. II, 15 novembre 1994, n. 9629, FI, 1995, I, 1889, ALC, 1995, 362).




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