-  Chiarini Giulia  -  25/02/2016

OCCUPARE LA SCUOLA COMPORTA VIOLENZA PRIVATA ED INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO – Cass. Pen. n. 7084/2016- Giulia CHIARINI

Il giovane studente, benchè "graziato" dal perdono giudiziale, viene imputato per violenza privata e per  aver interrotto il servizio pubblico scolastico, impedendo a docenti e studenti di entrare a scuola e svolgere regolarmente le lezioni.

II Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale dei Minorenni di Venezia all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell"imputato per reati di violenza privata e interruzione di pubblico servizio per concessione del perdono giudiziale, nonché per i reati di minaccia e diffamazione per remissione della querela.

Il giovane era accusato di aver impedito al personale docente e ad altri studenti l'accesso all'istituto scolastico ed il regolare svolgimento delle lezioni, bloccando la porta di ingresso.

 La difesa appellava la sentenza e sosteneva la mancata configurazione dei reati di cui al capo di imputazione in quanto il personale docente, amministrativo e gli studenti avevano avuto facoltà di accesso all'Istituto da una porta secondaria.

Inoltre, la difesa dell"imputato sosteneva che la condotta posta in essere dal ragazzo fosse da qualificare nell"ambito dell'esercizio del diritto di sciopero, riunione e manifestazione del pensiero e che, pertanto, fosse da ritenere scriminata ex art. 51 c.p.

In particolare, a parere della difesa, il G.U.P. avrebbe dedotto l"illegittimità della manifestazione perché avrebbe posto l"attenzione solo sui diritti dei non partecipanti allo sciopero, quando invece avrebbe dovuto operare un bilanciamento tra  i diritti esercitati dallo "scioperante" e dai soggetti che non vi aderivano.

L"appello veniva rigettato per le ragioni di seguito esposte:

In relazione ai reati di interruzione di pubblico servizio e violenza privata la Cassazione sottolineava che al personale docente, al personale amministrativo e agli studenti che non aderivano alla manifestazione era stato impedito l'accesso, perché il portone principale della scuola era stato sbarrato e l'accesso era consentito solo attraverso una porta di sicurezza laterale, dove, per entrare, si dovevano contrattare le condizioni di ingresso, che era di fatto subordinato all'adesione alla manifestazione.

In relazione al diritto di sciopero la Cassazione rammentava che i Giudici di merito non avevano negato la titolarità del "diritto di sciopero" in capo al ricorrente ma, correttamente, avevano affermato che lo stesso esercizio di diritti fondamentali, quali quello di sciopero, riunione e di manifestazione del pensiero, "cessa di essere legittimo quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente garantiti" esattamente come avvenuto nella caso di specie.

L'occupazione della scuola per circa due ore aveva impedito di fatto ai non manifestanti di svolgere le consuete attività di studio per un tempo apprezzabile, con conseguente ingiustificata compressione dei loro diritti.

L'efficacia scriminante del diritto di sciopero, infatti, va riconosciuta fino a che l'esercizio delle facoltà ad esso connesse non ridondi in una lesione di altri interessi generali costituzionalmente protetti, non potendo in alcun modo in tali casi ritenersi applicabile il disposto di cui all'art. 51 c.p.

La Suprema Corte rilevava che nel caso in esame vi fosse un errore sul diritto e non sul fatto perché "la scriminante putativa presuppone un vero e proprio errore sul fatto, nel senso che l'agente deve "credere" di trovarsi in una situazione che, se effettivamente esistente, integrerebbe gli elementi della causa di giustificazione. Pertanto, ove la scriminante invocata sia costituita dall'esercizio del diritto, l'errore non può consistere nell'attribuire al diritto (di associazione, nella specie) una estensione maggiore di quella riconosciutagli dall'ordinamento, perché, in tal caso, si verserebbe in errore sul diritto (e non sul fatto), che è fuori dell'ambito di operatività dell'art. 59 cod. pen.. Ed è proprio questa la situazione evocata nella specie, in quanto nessuna norma autorizzava l'imputato ad associarsi con altri studenti nella maniera da lui pretesa e a comprimere il diritto di coloro che volevano partecipare allo svolgimento delle lezioni o a rendere la prestazione lavorativa".
Per i motivi fin qui esposti il ricorso veniva rigettato.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film