Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  08/03/2023

Ok della Cassazione all'ergastolo ostativo voluto dal Governo Meloni

NIENTE RITORNO ALLA CORTE COSTITUZIONALE

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Via libera al primo provvedimento licenziato dall’esecutivo lo scorso 31 ottobre

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La Cassazione ha deciso: la nuova legge sull’ergastolo ostativo, il primissimo provvedimento del governo Meloni, emanato con decreto il 31 ottobre scorso, di cui la premier disse in conferenza stampa di essere «fiera», secondo i giudici rispetta i criteri della Costituzione e le indicazioni della Corte costituzionale. Perciò avanti così.

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Il ricorso dell’avvocatessa Giovanna Beatrice Araniti è respinto salvo che le motivazioni sono ancora sconosciute. Nel rinviare gli atti al tribunale di Sorveglianza dell’Aquila, dove esamineranno un’istanza del detenuto Salvatore Pezzino, uno cocciuto che a forza di ricorsi a Cassazione e Corte costituzionale sta imponendo una riconsiderazione dell’ergastolo ostativo all’Italia intera, potrebbe esservi scritto che nel suo caso non si applicano le norme peggiorative previste dalla norma transitoria. «Altrimenti sarebbe - dice l’avvocatessa - un ingiusto effetto retroattivo. Sono pronta a tornare davanti alla Corte costituzionale, se servisse».

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E così la Cassazione mette il suo timbro sulla nuova legge. C’erano molte perplessità espresse da più giuristi. L’ergastolo ostativo (da non confondere con il carcere duro: l’ostativo impedisce di ottenere benefici carcerari come semilibertà o lavoro esterno fino a che morte non sopraggiunga; il carcere duro è un divieto quasi assoluto di contatti con l’esterno, e riguarda le modalità della vita in cella) nella versione Meloni contiene infatti un rovesciamento della prova definito «diabolico»: spetta al detenuto provare che non ha più contatti con l’organizzazione criminale di riferimento e non allo Stato. Allo stesso tempo, però, è stata recepita nella legge l’indicazione principale della Corte costituzionale: il divieto di benefici penitenziari non è più assoluto e non discende solo dalla mancata collaborazione con la magistratura, ma diventa relativo. Si può e si deve valutare caso per caso.

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Anche la procura generale della Cassazione, con requisitoria scritta, aveva ritenuto che fosse superflua una nuova trasmissione di atti alla Consulta, ma aveva invece chiesto un nuovo esame davanti al tribunale di Sorveglianza. Era in questo senso il parere espresso dai sostituti procuratori generali Pietro Gaeta e Giuseppe Riccardi nella loro requisitoria scritta sul caso di Salvatore Pezzino, che da 30 anni è in carcere senza mai uscire perché non ha collaborato.

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Secondo la procura del Palazzaccio, la riforma Meloni ha eliminato le preclusioni precedenti e ora il Tribunale di Sorveglianza de L'Aquila può esaminare la richiesta di Pezzino - da tre anni trasferito nel carcere sardo di Tempio Pausania - che era stata respinta «a occhi chiusi» sulla base del solo fatto della non collaborazione. «In altri termini - scrivevano - il Tribunale di Sorveglianza, in seguito al novum normativo, introdotto recependo le indicazioni della pronuncia «ad incostituzionalità differita» della Corte Costituzionale, ha l'obbligo di confrontarsi con la diversa regola di giudizio, che amplia la base cognitiva e valutativa per la concessione della liberazione condizionale, elidendo la preclusione assoluta della collaborazione mancata o impossibile: in tal senso, dovrà essere dunque valutato in concreto il percorso rieducativo del Pezzino, e l'assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso».

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Insisteva invece per l'invio degli atti alla Consulta, l'avvocatessa Araniti, ritenendo che la riforma varata dal governo fosse «fumosa» e solo di «facciata». Non è andata così. La Prima sezione penale ha però deciso di annullare l'ordinanza del tribunale di Sorveglianza de L'Aquila che aveva negato a Pezzino la liberazione condizionale - spiega la Cassazione - «in ragione della mancata collaborazione con la giustizia (e preso atto dell'assenza della cd. “collaborazione impossibile")». Ora tutta la vicenda torna all’attenzione del Tribunale di sorveglianza de L'Aquila che non era mai nemmeno entrato nel merito del caso.

 




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