Ciò che è vero per gli affetti, per le emozioni romantiche, varrà anche altrove di frequente. Cambiare significa quasi per definizione che “non si sta più” con qualcuno, con qualcosa.
Dal lavoro al partito politico, allora, dalle città alla religione; il confronto degli interessi vedrà spesso prevalere, in zone simili, chi imbocca la direzione dell’uscita. Linfe che vengono dirottate altrove; dove potranno fruttare al meglio, o forse no, ognuno ha il diritto di “chiudere le danze” comunque, di annoiarsi: di accendere altrimenti se stesso, recidendo i legami anteriori, sradicandosi.
Le medicine, gli amici; anche la dieta, l’abitazione, la pettinatura. Ci si evolve, trasformazioni spesso invisibili, cambi di rotta antichi come il mondo; i giocattoli, quanti non ne alternano i fanciulli … non si contano le bambole dismesse, negli armadi delle bambine!
E se si ha il potere di cambiare si avrà, di nuovo, quello di voltare le spalle, di uscire di scena.
Per chi rimane e subisce le difese sono poche. Con l’andare via materialmente, da un luogo, da uno stallo abituale, si cambia a volte in peggio; Pascal sembra pensarlo (“Tout le malheur des hommes vient d'une seule chose, qui est de ne savoir pas demeurer en repos, dans une chambre").
Chi rinnega il passato potrà pentirsi, a un certo punto, cercare di essere ripreso; perdonato alla fine. Qua e là gli riesce; ciò non toglie che il primo distacco non potrà, non avrebbe potuto, essere contrastato in Tribunale. Una partenza poco meditata non diverrà, solo per questo, “antigiuridica”: come non sarà sempre improvvido, per il corpo o per lo spirito, un allontanamento “fuori legge”. Livelli prescrittivi distinti.