-  Redazione P&D  -  09/10/2014

ONERE DELLA PROVA E POTERI DUFFICIO DEL GIUDICE NEL PROCESSO DEL LAVORO - Cass. Lav. ord. 19456/14 - I. FORTINA

La Suprema Corte interviene in ambito di onere della prova e poteri istruttori del Giudice nel processo del lavoro, statuendo un importante principio.

In particolare, il caso in oggetto prende le mosse da una controversia sottoposta al giudizio degli Ermellini relativamente alla prova del requisito dimensionale ai fini dell"applicabilità della tutela reale in caso di licenziamento illegittimo. Prima che la questione giungesse all"esame della Suprema Corte, si era pronunciato il giudice del gravame adducendo, nel caso de quo, la mancanza del requisito dimensionale e la conseguente applicazione della tutela obbligatoria.

È necessario specificare che, prima che intervenisse la l. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero), le tutele accordate dal lavoratore in caso di licenziamento nullo o illegittimo si diversificavano in tutela reale o tutela obbligatoria. La scelta dell"una o dell"altra veniva effettuata in base al numero di lavoratori impiegati nell"azienda; in particolare applicazione della prima in caso di più di quindici dipendenti e della tutela obbligatoria nell"opposta ipotesi.

La tutela reale comportava la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato nel posto di lavoro e la corresponsione di un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali relativi al periodo.

Con la tutela obbligatoria, al contrario, il lavoratore poteva scegliere di essere riassunto nel posto di lavoro entro tre giorni oppure di percepire una indennità sostitutiva di importo compreso tra 2,5 e 6 mensilità.

Con la Riforma Fornero la situazione è venuta a modificarsi. Senza entrare nel merito della questione è sufficiente rilevare che, ad oggi, permane la differenza tra tutela reale e tutela obbligatoria ma le stesse sono venute a modificarsi, presentando nuove e diverse sfaccettature.

Ciò che però viene in rilievo nel caso in oggetto è la prova del requisito dimensionale e la conseguente tutela accordata al lavoratore che, trattandosi di licenziamento avvenuto prima dell"entrata in vigore della l. 92/2012, deve essere ricercata tra la tutela reale e quella obbligatoria (a tal proposito merita di essere ricordata la recente pronuncia 301/2014 attraverso la quale la Suprema Corte ha statuito la non retroattività dell"art. 18 St. Lav., così come modificato dalla l. 92/2012, ai licenziamenti avvenuti prima della sua entrata in vigore).

Fermo restando l"illegittimità del licenziamento del lavoratore nel caso in oggetto, ciò che rileva è in questa sede la prova del requisito dimensionale che deve essere fornita dall"una o dall"altra parte in merito all"applicabilità della tutela reale ovvero di quella obbligatoria. Secondo il lavoratore - appellante detta prova avrebbe dovuto essere fornita dal datore di lavoro che su questo punto è stato carente. In particolare, l"azienda appellata avrebbe fornito la prova in questione con l"allegazione del libro matricola che, in normali circostanze, potrebbe essere utilizzato solo contro il datore di lavoro.

Vi è poi un ulteriore profilo da considerare. Il lavoratore - appellante afferma che il giudice d"appello avrebbe erroneamente ritenuto provato il requisito dimensionale in base alle risultanze istruttorie fornite dal del datore di lavoro.

È necessario evidenziare che nel processo del lavoro non vigono le preclusioni istruttorie tipiche di un normale giudizio di cognizione. Come argomentato nella sentenza in commento, il giudice gode di ampi poteri d"ufficio in merito all"assunzione di nuovi mezzi di prova con l"unico limite, stabilito dall"art. 437, comma 2, cpc - relativo ai giudizio di appello per le controversie in materia di lavoro - della loro indispensabilità in merito alla decisione della causa. In ragione di ciò, qualora una prova sia ritenuta indispensabile per il giudizio, il giudice del lavoro potrà assumerla anche in difetto di allegazione delle parti. In base ad un recente orientamento della Corte poi, enunciato da ultimo nella pronuncia S.U. 141/2006, il datore di lavoro è gravato dell"onere di fornire la prova del requisito dimensionale in relazione alla tutela applicabile. Requisito che è stato provato attraverso l"allegazione del libro matricola idoneo a far piena prova proprio perché indispensabile ai fini del giudizio e, pertanto, pienamente rientrante nell"ipotesi disciplinata dall"art. 437, comma 2 cpc. Per tali motivazioni la Corte ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore, ritenendo provato il requisito dimensionale e conseguentemente applicabile la tutela obbligatoria al lavoratore illegittimamente licenziato.

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Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 10 giugno – 15 settembre 2014, n. 19456

Presidente Curzio – Relatore Tricomi Fatto e diritto

Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto. "La Corte d'Appello di Salerno, con la sentenza n. 2209 del 2010, in parziale accoglimento dell'appello proposta da … già ... , dichiarava l'illegittimità del licenziamento del 15 ottobre 2001 e condannava la suddetta società …, in applicazione dell'art. 8 della legge n. 604 del 1966, al risarcimento del danno cagionato a … con il versamento di tre mensilità della ultima retribuzione globale di fatto percepita al 15 ottobre 2001, oltre legali accessori dal maturato diritto alla effettiva soluzione. Confermava, nel resto, la sentenza impugnata. Il Tribunale di Salerno, a cui era ricorsa la … , aveva dichiarato invalido il licenziamento intimato il 15 ottobre 2001 alla stessa, ai sensi dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, ordinando, tra l'altro, la reintegrazione della stessa e la condanna al pagamento delle differenze retributive. L'appello proposto dalla società verteva, in particolare, sulla mancanza, dedotta già in primo grado, del requisito dimensionale ai fini dell'applicazione o meno della tutela reale, e su tale profilo veniva accolto. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la ... .

Resiste con controricorso la società … già ... . La ricorrente prospetta il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il giudice d'appello, con una valutazione illogica, avrebbe ritenuto che la società avesse fornito la prova dell'insussistenza del requisito dimensionale per applicare la tutela reale, senza considerare che la società non aveva formulato nessuna istanza o richiesta di prova in ordine a tale elemento e tanto al fine di poter stabilire il regime applicabile alla fattispecie, né aveva dedotto nei verbali di causa in ordine a tale punto o aveva fatto riferimento ai documenti fascicolati nella produzione.

L'onere della prova incombeva sul datore di lavoro ed aveva errato la Corte d'Appello a ritenere che la prova stessa fosse stata fornita; peraltro, le risultanze del libro matricola potevano avere valore solo contro il datore di lavoro ma non possono essere utilizzate a favore dello stesso. Il datore di lavoro avrebbe dovuto provare non solo il numero degli occupanti, ma il loro status nell'impresa e di non avere alle proprie dipendenze lavoratori non assunti formalmente.

Il motivo appare manifestamente infondato.

In tema di onere della prova dei requisiti per l'applicabilità della tutela reale di cui all'art. 18 S.L., occorre ricordare come si siano contrapposti due orientamenti giurisprudenziali, di cui il primo, in passato sicuramente prevalente, onerava il lavoratore, attore in giudizio, di provare il requisito dimensionale, mentre il secondo, che ha trovato conforto nella pronuncia delle S.U. n. 141/2006, ha ritenuto gravare sul datore di lavoro il suddetto onere.

Va altresì osservato che, nel processo del lavoro, il rigoroso sistema di preclusioni del rito del lavoro "trova un contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437 c.p.c., comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse.

Questa Corte, in applicazione dei suddetti principi, ha ritenuto idonei a fornire la prova del requisito dimensionale i dati risultanti dalla copia del libro matricola prodotto in giudizio (Cass., n. 1925 del 2011), ritenendo che tale produzione, anche nel caso in cui fosse stata prodotta in appello, andava valutata (con statuizione discrezionale ed insindacabile) come indispensabile. Nella specie il libro matricola era prodotto dalla società già in primo grado e dall'esame dello stesso, relativo ad 86 dipendenti a far data dal 14 agosto 1970 al 22 luglio 2002, la Corte d'Appello rilevava che nel corso del rapporto di lavoro in contestazione (della durata di due mesi e mezzo quale decorrente dal 30 luglio 2001 al 15 ottobre 2001), erano in servizio otto lavoratori, ritenendo quindi non sussistente il requisito dimensionale per la tutela reale. Peraltro, la ricorrente nulla deduce di aver contraddetto sulla eventuale presenza di altro personale". Il Collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e le conclusioni che precedono, atteso che le stesse sono conformi alla giurisprudenza di legittimità in materia, alla quale si intende dare continuità. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., compensa tra le parti le spese di giudizio atteso il diverso esito dei due gradi di giudizio di merito e del periodo di tempo preso in considerazione ai fini del requisito dimensionale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di giudizio.




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