-  Centonze Salvatore  -  19/05/2013

OPPOSIZIONE ALL'ESPULSIONE: OCCORE RIESAME DEI PRESUPPOSTI ESPULSIVI - Cass 11466/13 - Salvatore CENTONZE

Stante la natura dei diritti in gioco, giudice di pace investito della cognizione sull'opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione, deve - sia pure entro i limiti dei motivi di doglianza - accertare in concreto l'esistenza dei presupposti che hanno legittimato l'adozione del provvedimento impugnato. Ciò impone di effettuare un un controllo caso per caso, sulla esistenza tanto delle condizioni di espellibilità poste a fondamento del decreto prefettizio previste dall'art. 13 t.u. Imm., quanto di quelle di inespellibilità previste dall'art. 19, escluse o non considerate nello stesso provvedimento impugnato.

Il principio di diritto riaffermato con decisione nella pronuncia in commento era, per la verità, andato un po sbiadendosi negli ultimi anni, quando la stessa Corte aveva sostenuto che il sindacato del giudice dell'opposizione dovesse limitarsi ad un mero controllo formale di legittimità del decreto di espulsione amministrativa.

Nel caso di specie, la Cassazione ha annullato il provvedimento del giudice di pace di Agrigento - per carenza di istruttoria e di motivazione - che aveva confermato il decreto espulsivo senza verificare le affermazioni di pericolosità dell'interessato contenute nel provvedimento gravato, e senza esaminare il denunciato pericolo di persecuzione personale a cui sarebbe stato esposto lo straniero in caso di rimpatrio coatto.

 

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Corte di Cassazione, sez. VI Civile 1, ordinanza 26 febbraio 14 maggio 2013, n. 11466

Presidente Di Palma Relatore Acierno

Fatto e diritto

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., nel procedimento civile iscritto al R.G. 10685 del 2012.

"Rilevato che con il provvedimento impugnato il giudice di pace di Agrigento ha respinto l'opposizione all'espulsione proposta dal cittadino straniero sulla base delle seguenti argomentazioni, per quel che interessa ai fini del presente giudizio:

- il cittadino straniero è entrato illegalmente in Italia sfornito di permesso di soggiorno;

- l'espulsione è un provvedimento a carattere vincolato e ciò determina la limitazione del sindacato giurisdizionale all'esistenza dei requisiti di legge ai fini della sua emanazione, esulando dal giudizio le ragioni di merito poste a base della misura adottata;

- il provvedimento è stato emesso ai sensi dell'art. 13, secondo comma, lettera c) del d.lgs n. 286 del 1998, in presenza dei requisiti di legge;

Considerato che avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero affidandosi ai seguenti motivi:

a) nel primo motivo viene censurata la violazione dell'art. 13, comma secondo, lettera c) del d.lgs n. 286 del 1998 e dell'art. 3 l. n. 241 del 1990 per avere il giudice di pace omesso l'accertamento dei presupposti legittimanti l'espulsione, disposta sulla base della valutazione di pericolosità sociale dell'espellendo alla luce degli specifici requisiti indicati dal citato art. 13. Nella specie il provvedimento impugnato non contiene alcun riferimento alle ragioni che hanno indotto il Prefetto di Agrigento a ritenere il cittadino straniero un soggetto socialmente pericoloso, con conseguente carenza istruttoria e di motivazione sul punto.

b) Nel secondo motivo viene censurata la violazione di legge in ordine agli artt. 12, 13 secondo comma e 19, primo comma del d.lgs. n. 286 del 1998, per avere il giudice di pace, anche in violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., omesso di pronunciarsi sull'esistenza delle ragioni umanitarie, dedotte dall'opponente, a sostegno del divieto di espulsione ai sensi dell'art. 19, primo comma, d.lgs n. 286 del 1998. Nel provvedimento impugnato, viene, infatti, soltanto dedotto che il cittadino straniero si è introdotto illegalmente nel nostro territorio e che non sussiste l'obbligo di entrare nel merito delle allegazioni di parte. Il ricorso è manifestamente fondato. Il provvedimento impugnato è integralmente carente di motivazione, sia in ordine all'accertamento della pericolosità sociale dell'espellendo sulla base della quale è stata disposta la misura amministrativa sia in ordine al riscontro delle ragioni umanitarie d'inespellibilità opposte ai sensi dell'art. 19, primo comma, dal cittadino straniero. Al riguardo, deve ribadirsi che la cognizione di merito del giudice di pace ha ad oggetto l'accertamento in concreto, delle condizioni, necessariamente predeterminate dalla legge, sulla base delle quali è stata disposta la misura espulsiva. Il carattere vincolato e non discrezionale dell'esercizio della potestà amministrativa non determina la limitazione della cognizione del giudice di pace che è tenuto a verificare se, rispetto alla fattispecie espulsiva indicata nel provvedimento amministrativo, ricorrano effettivamente i requisiti di legge. Nella specie, dunque, spetta al giudice di pace accertare se la valutazione di pericolosità sociale dell'espellendo compiuta dall'autorità prefettizia all'interno della circoscritta griglia di requisiti stabilita nella lettera c) dell'art.13, secondo comma del. d.lgs n. 286 del 1998 sia fondata con l'esercizio dei poteri doveri di accertamento proprio dei giudizi a cognizione piena. Ne consegue che lo straniero, può essere espulso alla luce di tale ipotesi normativa soltanto se appartiene a taluna delle categorie indicate nell'art. 1 della l. n. 1423 del 1956, come sostituito dall'art. 2 della l. n. 327 del 1988, o nell'art. 1 della l. n. 575 del 1965, come sostituito dall'art. 13 della l. n. 646 del 1982. Dall'esame del provvedimento impugnato, tale indagine è del tutto omessa, sull'erronea premessa dell'insindacabilità di tale accertamento. Peraltro, preliminarmente, il giudice di pace avrebbe dovuto verificare se sussistevano, sempre in concreto, le condizioni di operatività del divieto ex art. 19, primo comma, del d.lgs n. 286 del 1998, nella specie del tutto inesplorate, nonostante la natura del diritto in gioco (Cass. 19393 del 2009) e l'obbligo di cooperazione istruttoria (art. 10 d.lgs n. 25 del 2008) che incombe su ogni organo giudicante che debba verificare l'esistenza di ragioni umanitarie che giustifichino l'inespellibilità, analiticamente declinate nel citato art. 19, primo comma e nell'art. 5 comma sesto d.lgs n. 286 del 1998 (Cass. 10636 del 2010; 3898 del 2011).

In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere accolto e il provvedimento impugnato cassato con rinvio al giudice di pace di Agrigento in persona diversa perché si attenga ai principi di diritto esposti".

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia al giudice di pace di Agrigento in diversa persona.




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