-  Miceli Carmelo  -  14/12/2015

P.A: REVOCA DELLA PATENTE ED ESIGENZE COSTITUZIONALI-Tar Lazio n 11381/15-C. MICELI

-          Revoca della patente di guida da qualificarsi come atto non recettizio

-          Effetto revocatorio come corollario del mero esercizio del potere sanzionatorio della amministrazione

-          Esigenze "lavorative" non possono incidere sulla misura e sulle modalità che il Legislatore ha stabilito per sanzionare fatto di indubbia gravità 

 

La questione vagliata dal Tar capitolino offre interessanti spunti di riflessione per una delle tematiche che affollano i travagli burocratici delle nostre corse quotidiane.

 

Di seguito emargineremo i passi salienti della sentenza in commento, che, spoglia di quelle pretese dimostrative ultra decisum di cui talvolta si scolora l" argomentare giudiziario, disegna, con tono perentorio, gli elementi individuatori (per dirla con espressione cara ad autorevole dottrina) dell"istituto de quo.

In ordine alla natura del decreto di revoca della patente di guida, lapidaria si appalesa la statuizione del Collegio di rigetto delle doglianze ricorrenti. E, infatti, il presunto difetto di notifica viene superato sottolineando, in diritto, come il provvedimento impugnato non assurge ad atto ricettizio, essendo l"effetto revocatorio un corollario ineludibile della spiegazione del potere sanzionatorio da parte dell"autorità.

Ne discende che la comunicazione al privato "ha una mera funzione di conoscenza della determinazione stessa, sicché l"eventuale irritualità di essa non inficia il provvedimento", ma, semmai, allunga i termini per  spiccare eventuali impugnative.

Tanto delineato, risulta predicabile quindi il principio di strumentalità delle forme, di cui all"art. 156 del codice di rito,  rilevando comunque la cognizione dell"atto amministrativo da parte del destinatario.

Non conosce miglior sorte nella parte motiva della sentenza, l"affacciata questione di costituzionalità relativa all"art. 120 Cds.. Il Tar capitolino, invero, richiamando la necessità di una prioritaria interpretazione letterale del dato positivo ai fini di una corretta ermeneutica (punto di partenza che si ricorda, viene spesso evidenziato da Autori del passato come Cannada Bartoli), ritiene di esemplare chiarezza il tenore dell"articolo summenzionato.  Al riguardo si osserva come la revoca – automatica – della patente di guida sia legata "al verificarsi di determinati presupposti, tassativamente individuati al comma 1": fra essi, campeggia, la condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del TU n. 309 del 1990, in materia di stupefacenti.

Nella specie, intervenuta la condanna per una delle superiori fattispecie criminose, la misura revocatoria si colora come effetto ineludibile della declaratoria di responsabilità penale.

Attesa allora, a dire del Collegio, la discrezionalità del legislatore in materia, nonché la gravità del fatto commesso e condannato, non trovano accoglimento le ipotizzate censure di incostituzionalità per asserito contrasto con le esigenze "lavorative", le quali, si sottolinea con tono irreprensibile, " non possono sicuramente incidere in punto di legittimità sulla misura e sulle modalità che il Legislatore ha dettato per punire e reprimere un fatto di indubbia gravità".

La struttura del decisum, nel suo incedere essenziale e perentorio, appare lineare e immune da perplessità logico-giuridiche. Eppure volendo inscrivere il discorso in una logica più ampia, non è inutile osservare come non possa guardarsi con assoluto favore al riconoscimento automatico di effetti afflittivi per la persona, legati al verificarsi di uno dei presupposti disegnai ex ante dal legislatore nella spendita della sua discrezionalità. Sebbene questa sia una soluzione che potrebbe evitare fatiche interpretative, restituendo il giudice al ruolo di Montesquieu di bouche de la loi, nondimeno, in generale, vanno preferite soluzioni che modellino la risposta dell"ordinamento giuridico alle particolarità del caso concreto, per una corretta e non anonima traduzione del diritto nel reale.




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