Famiglia, relazioni affettive  -  Redazione P&D  -  02/11/2021

Patti in vista del divorzio: la Cassazione ne conferma  la nullità - Giuseppe Piccardo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 26 aprile 2021 n. 11012 ribadisce il proprio orientamento circa la nullità dei patti in vista del divorzio, in forza del principio di inderogabilità della disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi in materia familiare.

La vicenda trae origine dalla separazione consensuale tra due coniugi, la quale prevedeva la divisione del patrimonio immobiliare e mobiliare comune, comprese le attività commerciali svolte dai coniugi, secondo un accordo di cessione della società più redditizia al marito a fronte della corresponsione, da parte di quest’ultimo alla moglie, di un assegno di mantenimento, con divieto di concorrenza per la moglie medesima e l’eventuale riduzione dell’importo dell’assegno di mantenimento suddetto in caso di  ottenimento di autonoma licenza da parte della coniuge.

In sede di scioglimento degli effetti civili del matrimonio contenzioso, il marito, a seguito della decisione dei giudici di primo e secondo grado ricorreva in Cassazione, sostenendo la nullità dell’accordo stipulato per illicietà della causa, in forza dell’indisponibilità dell’assegno di divorzio e della circostanza che la scrittura privata stipulata incidesse sulle condizioni successive al divorzio medesimo.

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, cassava la decisione di secondo grado con rinvio al giudice di merito, al fine di verificare se la previsione di un assegno di mantenimento vitalizio a favore della moglie in un accordo tra coniugi possa essere considerata una rendita vitalizia o , diversamente, un’attribuzione illecita di assegno divorzile anticipata rispetto al successivo divorzio.

La sentenza in commento si inserisce nell’ambito di un consolidato e pressochè univoco filone giurisprudenziale, sia di legittimità, che di merito che ritiene sussistente la nullità dei patti in vista del divorzio stipulati prima, durante e dopo il matrimonio, in quanto in contrasto, come sopra accennato, con il principio di inderogabilità dei diritti e dei doveri nascenti dal matrimonio, ai sensi dell’articolo 160 c.c. e, quindi, con l’ordine pubblico, in quanto influenti sullo status personale dei contraenti.

La tesi dominante in giurisprudenza, alla quale la Corte di Cassazione aderisce, non trova seguito nella dottrina prevalente, la quale evidenzia che, soprattutto successivamente alla sentenza della Suprema Corte numero 8109 del 14.6.2000, l’assegno di divorzio sarebbe un diritto disponibile, soggetto a nullità relativa, come tale rilevabile solo dal coniuge rinunciante.

Inoltre, sempre in dottrina, si è posto in rilievo che a seguito della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 18287 del 11.7.2018, che ha innovato il precedente orientamento, ha espresso il principio della natura non solamente assistenziale dell’assegno di divorzio, in quanto anche compensativa e perequativa. Di conseguenza, l’assegno divorzile non potrebbe  più essere considerato indisponibile, ma disponibile, quantomeno con riferimento alla porzione di esso di natura compensativa.

A quanto sopra si aggiunge che con la legge 6.5.2015 n. 55, che ha introdotto il c.d. “divorzio breve”, è stato ridotto a 6 mesi il termine di durata minima del periodo di separazione ai fini del divorzio, in caso di separazione consensuale, cosicchè gli effetti delle pattuizioni in sede di separazione non potranno che spiegare efficacia anche nel successivo divorzio, considerato il brevissimo spazio temporale tra i due procedimenti. Le procedure stragiudiziali di negoziazione assistita e la possibilità di separarsi o divorziare senza bisogno di assistenza legale presso gli uffici comunali è un ulteriore argomento a favore della sempre maggiore disponibilità dell’assegno divorzile e, quindi, la possibilità che le parti possano, pattiziamente stabilire le condizioni economiche relative allo scioglimento del matrimonio.

Infine, si segnala che in dottrina emerge un dibattito volto a definire possibili soluzioni alla questione affrontata, sulla base dei principi in vigore in molti Paesi europei e di armonizzare la legislazione italiana con quella dei maggiori Paesi facenti parte dell’UE.  In particolare, un autore, ha proposto, recentemente, la possibilità che l’accordo stipulato dalle parti venga verificato dal Giudice sotto il profilo dell’equità, nel momento in cui una delle parti, nel corso del giudizio, proponga domande incompatibili con le pattuizioni dell’accordo medesimo, nonché la previsione di un assegno divorzile in unica soluzione o frazionato, ma a tempo determinato. 

Ad avviso dello scrivente, una riforma della disciplina dell’assegno di divorzio nel senso sopra indicato ridurrebbe il contenzioso, ancora oggi molto elevato, in materia e renderebbe l’assegno di divorzio uno strumento più flessibile, nell’ambito di una maggiore valorizzazione di scelte consapevoli, concordate tra i coniugi.




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