-  Staiano Rocchina  -  13/11/2011

PERDITA DI CHANCE E CASS. CIV., N. 23240 DEL 2011 – Rocchina STAIANO

La perdita di chance è una forma di danno che può essere definita come perdita di un'occasione favorevole di conseguire un risultato vantaggioso, sotto il profilo dell'incremento di un'utilità o della sua mancata diminuzione, diversa dalla mera aspettativa di fatto.
E' noto che la chance, figura da tempo elaborata in altri ordinamenti quali quello francese, nel nostro sistema giuridico è una forma di danno solo recentemente esplorata, che può essere definita come occasione favorevole di conseguire un risultato vantaggioso, sotto il profilo dell'incremento di un'utilità o della sua mancata diminuzione, e che ovviamente va distinta dalla mera aspettativa di fatto (Cass. n. 3999/2003). 

Restano discussi, peraltro, la natura del danno da perdita di chance, e conseguentemente i parametri necessari per la sua risarcibilità. In particolare, per la tesi cosiddetta ontologica, la chance deve intendersi riferita ad un danno emergente comunque attuale e concreto, trattandosi di bene suscettibile di valutazione patrimoniale in sé e per sé: viene così risarcita la perdita della mera opportunità, possibilità ed anche solo speranza, di conseguire un'utilità, con la conseguenza che la probabilità di verificazione dell'utilità incide solo sul quantum risarcitorio, non sull'an. 

Ciò è stato sostenuto inizialmente dalla Sezione Lavoro della Cassazione per risarcire i dipendenti illegittimamente esclusi dalla partecipazione ad un concorso interno (tra le più recenti, Cass. n. 14820/2007), ma il principio è stato utilizzato anche dalla maggioranza delle sentenze civili (Cass. Sez. Un. n. 1850/2009, Cass. n. 23846/2008 est. Frasca, Cass. n. 17167/2007, Cass. n. 12243/2007, Cass. n. 15522/2006, Cass. n. 1752/2005, Cass. n. 4400/2004 est. Segreto, Cass. n. 18945/2003). La qualificazione della chance come danno emergente comporta la divaricazione dal nesso causale: la prova della chance non attiene più al nesso eziologico tra condotta ed evento, ma riguarda la consistenza percentuale di un bene già presente nel patrimonio del soggetto. Quindi, la perdita di chance opera sul danno e non sul nesso causale, che va accertato nella sua interezza: va prima accertato il nesso causale tra lesione e perdita di opportunità favorevole, poi la ragionevole probabilità della verificazione del danno inteso come perdita chance. 

E' stato però obiettato che, così facendo, per un verso si compie un escamotage per ammettere la risarcibilità di un danno il cui nesso causale rispetto alla condotta non è certo; per altro verso, si considera un bene suscettibile di valutazione economica ciò che non ha utilità in sé; da ultimo, si cade in contraddizione logica allorquando, per non effettuare risarcimenti futili, si chiede di dimostrare che la possibilità di raggiungere il risultato è seria e non simbolica, ciò che non dovrebbe essere laddove la chance fosse un bene in sé già presente nel patrimonio. 

Per tali motivi, una diversa linea ricostruttiva, conosciuta come tesi eziologica, parla di chance in termini di lucro cessante, nel senso che ne ammette la risarcibilità solo quando l'occasione perduta si presentava, se valutata con prognosi postuma, assistita da ‘considerevoli possibilità di successo' o ‘ragionevole probabilità di verificarsi' (in questi termini, Cass. n. 20351/2010, Cass. n. 11353/2010, Cass. n. 1767/2009, Cass. n. 4052/2009, Cass. n. 10111/2008, Cass. n. 23304/2007, Cass. n. 17940/2003, Cass. n. 9598/1998), da scrutinarsi anche in base a presunzioni. 

La chance non è infatti vista come una utilità in sé -ed infatti non si può cedere, donare o vendere- ma utile solo in quanto realizzata, e la sua perdita non si distingue dalla perdita del risultato finale auspicato: sostenere che essa costituisce un bene autonomo, vorrebbe dire creare un bene che per il diritto rileva solo se leso. Quindi, la perdita di chance non costituisce la perdita di un bene patrimoniale, ma soltanto l'annullamento di un presupposto necessario per il conseguimento del bene sperato, ed il danno si identifica con il quantum lucrari potui; la chance è allora un criterio di verifica della sussistenza del legame eziologico tra la condotta impeditiva e la verificazione del danno patito inteso quale perdita del risultato finale, ed assurge quindi a strumento per dimostrare in modo meno rigoroso il nesso causale. 

Ciò posto, ritiene questo Giudice come ciascuna di queste due tesi colga una parte di verità, e sia quindi necessario perseguire una tesi intermedia, che vede come lucro cessante il danno futuro derivante dalla definitiva perdita, a causa del comportamento altrui, del bene ultimo avuto di mira; e vede invece come danno emergente la chance in senso stretto, cioè la lesione della possibilità di raggiungere il risultato sperato. 

Deve infatti tenersi conto che la domanda per perdita di chance è ontologicamente diversa da quella di risarcimento del danno futuro da mancato raggiungimento del risultato sperato, e la prima nemmeno può essere considerata un minus della seconda, mutando la causa petendi (possibilità di conseguire risultato nella chance, assenza di risultato nel danno futuro) ed il petitum (risarcimento commisurato a perdita nella chance, perdita tout court nel danno futuro). 

Infatti, per un verso cambia la stessa collocazione logico-giuridica dell'accertamento probabilistico, atteso che nel primo caso le chances sono l'oggetto della perdita e quindi del danno, mentre nel danno futuro substanziano il nesso causale tra comportamento e danno; per altro verso cambia l'onere della prova per la parte, che nella lesione di chances riguarda la perdita di una probabilità non trascurabile di raggiungere il risultato, mentre nel danno futuro riguarda il fatto che, ove fosse stato tenuto il comportamento legittimo, il risultato sarebbe stato raggiunto. 

Questo, tra l'altro, è l'approdo al quale è giunto anche la più attenta giurisprudenza di legittimità, che ha lucidamente distinto tra chance e danno futuro sia in materia di responsabilità medica, differenziando la domanda di risarcimento per diminuzione della speranza di sopravvivenza, dalla domanda di risarcimento per morte (Cass. n. 4400/2004; cfr. anche Cass. n. 23846/2008 circa la ritardata diagnosi comportante la lesione di chance di vivere quantitativamente più a lungo o qualitativamente meglio, nonché di decidere ‘che fare' nel poco tempo che rimane da vivere); sia in materia lavoristica, differenziando il danno da mancata partecipazione ad un concorso, dal danno da mancata promozione in esito a tale concorso (Cass. n. 852/2006, Cass. n. 123/2003, Cass. n. 734/2002).




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