-  Redazione P&D  -  25/09/2012

PERSONE DISABILI, SCUOLA E CITTADINANZA - Anna Maria OCCASIONE

 

Istruzione, educazione scolastica, integrazione sociale: questione di diritti

E" di questi giorni la notizia di stampa che annuncia all"ennesimo taglio delle spese degli educatori a scuola a sostegno degli studenti con disabilità.

Non è neppure chiaro, a leggere i quotidiani, se si tratti di mancanza di fondi o meno.

Fatto è che all"inizio dell"anno scolastico gli studenti con disabilità (nel caso di specie) del Comune di Milano disporranno della metà delle ore di educatore rispetto all"anno precedente.

Francesco Gallone, studente di diciassette anni dell"Istituto tecnico Albe Steiner ha scritto una lettera al direttore del Corriere della Sera (http://www.corriere.it/salute/disabilita/12_settembre_18/disabile-educatore_6ae22a52-016f-11e2-a63e-daa4ff219e76.shtml).

Dice che senza il suo educatore, che negli anni era diventato un fratello maggiore, pronto a difenderlo dai compagni meno sensibili, capace di mediare i rapporti con la classe e di essere un aiuto indispensabile per imparare e studiare, tornerà ad essere "quello che era senza di lui": "un ragazzo che non può fare niente da solo e che nessuno ascolta".

Francesco Gallone precisa che già l"anno scorso i suoi genitori avevano convenuto in giudizio il Ministero dell"Istruzione dinanzi al Tribunale ed avevano chiesto ed ottenuto il ripristino delle ore di sostegno, anch"esse "tagliate" in nome della politica del risparmio sociale.

Nella sua lettera, correttamente nega che tutto ciò possa giustificarsi con un momento di "emergenza", trattandosi invero di "ingiustizia" e con ragione perché la scuola è un diritto assoluto ed inviolabile e non assicurarlo a tutti e a ciascuno è un comportamento discriminatorio, contrastante con i dettami costituzionali, con le convenzioni internazionali, con il diritto umano alla parità ed all"eguaglianza.

L"art. 2 della nostra Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell"uomo nelle formazioni scolastiche, tra cui la scuola. All"art. 3 la Costituzione afferma che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l"uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. L"art 34 dice che la scuola è aperta a tutti e l"art. 38, commi 3 e 4 che "gli inabili e i minorati" (così, testualmente) hanno diritto all"educazione.

L"art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell"Uomo del 1948, l"art. 26 della Carta dei Diritti Fondamentali dell"Unione Europea approvata il 7/12/200, gli artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità sottoscritta dall"Italia il 30/03/2007 ratificata con legge 03/03/2009 n. 18, tutte stabiliscono il diritto all"istruzione, il dovere di dare ed il diritto di ricevere il sostegno personalizzato e necessario all"interno del sistema educativo nazionale, al fine di assicurare l"obiettivo della piena integrazione, il processo scolastico e la socializzazione alle persone con disabilità.

La giurisprudenza amministrativa si è espressa ormai in modo consolidato nell"esprimere il principio di carattere generale secondo cui il diritto all"istruzione è un diritto soggettivo inviolabile ed assoluto, come tale insuscettibile di essere diminuito dal potere della pubblica amministrazione di organizzare l"attività scolastica.

La sua natura di diritto fondamentale non consente alcuna discrezionalità nella misura della sua erogazione che deve essere adeguata e dimensionata alle esigenze della persona con disabilità ed un servizio che fosse reso in modo non soddisfacente o di scarsa efficienza deve essere equiparato alla mancanza del servizio stesso (si veda, "La delicata questione della continuità educativo-didattica", in Giur. Mer. n. 6 – 2010, p. 1489 e segg.).

Nello stesso senso si è espressa più di recente la giustizia ordinaria. Il Tribunale di Milano, primo in Italia, con decreto 04/01/2011 in applicazione della legge 01/03/2006 n. 67 ritenne discriminatorio il comportamento della pubblica amministrazione di riduzione delle ore di sostegno a favore di taluni disabili e ne ordinò il ripristino nella misura fruita nell"anno precedente.

Per effetto della riduzione delle ore di sostegno, disse allora il Tribunale, gli alunni disabili si sono trovati in una obiettiva situazione di svantaggio rispetto a quella degli altri alunni, al punto che alcuni affetti da disabilità grave non frequentavano più tutte le lezioni, per l"assenza delle ore di sostegno che la scuola non era in grado di fornire (nello stesso senso, Tribunale della Spezia 24/03/2011).

Ciò corrisponde perfettamente alle parole di Francesco Gallone: senza il suo educatore, senza quel rapporto consolidatosi negli anni, egli sarà più in grado di andare a scuola come prima, non potrà più imparare, socializzare, ridere e discutere con i suoi compagni.

Come si spiega tuttavia una così palese violazione di diritti e come si giustificano (intimamente e giuridicamente) siffatti comportamenti aberranti in una società che al primo posto dovrebbe porre il raggiungimento della parità ed assicurare, in ogni forma, il principio di eguaglianza sostanziale?

Si spiega, come ben chiariscono i disability studies (Angelo D. Marra, "Diritto e disability studies, Falzea, 2010) con una distorsione culturale che fa coincidere tutt"oggi la disabilità con la malattia, l"affezione ad un morbo, la medicalizzazione e che la identifica con "un peso" ed "un costo" contrapposta, in una logica erroneamente binaria, alla normalità, a ciò che in quel momento storico rappresenta lo "standard" medio di vita, poco importa, poi, se esso stesso fonti di ingenti costi sociali.

Le dicotomie, è ben noto, costituiscono pericolosa fonte/giustificazione di potere e di soggezione, di comando e di sudditanza, di priorità e di accessorietà, di "sopra" e di "sotto" e portano ad una visione del mondo fatta di definizioni contrapposte (abile/disabile; forte/debole; cittadino/straniero; uomo/donna ecc.) che inducono (quale espressione del potere di una categoria sull"altra) al capovolgimento della logica e della giustizia naturale del "meno hai più ti dò" a favore del suo aberrante (ma reale) contrario del "meno hai, meno ti dò".

Un"erronea prospettiva, che focalizza l"attenzione sull" "avere meno" o sull" "essere meno" (giustificando il "fare meno" che ne deriva) anziché volgere lo sguardo sugli aspetti storici, economici e culturali della disabilità, come prodotto dell"esclusione sociale e non della mera differenza medicalmente accertata con un supposto soggetto normale.

La persona con disabilità se facilitata arriva esattamente dove arrivano le altre persone; la persona con disabilità va a scuola, se ci sono i mezzi di trasporto adeguati e se le lezioni si svolgono comprendendo la difficoltà a compiere le varie attività e se tutto ciò, tolti di mezzo imbarazzi e disagi, si svolge nella parità di rapporti e nella consapevolezza dell"importanza universale delle facilitazioni, beneficio per tutti e patrimonio per ciascuno.

Il focus quindi si deve spostare dall"individuo alla società in modo che chiunque, a prescindere dal grado di vulnerabilità o di disabilità, sia posto al pari degli altri, goda dei medesimi diritti (ad avere una famiglia, ad andare a scuola, a lavorare, ad avere amici e divertirsi) e possa raggiungere il massimo delle sue aspirazioni ed inclinazioni ("disable people are entitle to the same rights as all other citizens", così la dichiarazione di Madrid risultante dal Congresso Europeo sulla disabilità del marzo 2002).

Lo studente disabile ha quindi un diritto pieno all"apprendimento, costituzionalmente garantito, che non può essere parzializzato, diminuito, ridotto rispetto alle sue esigenze né subordinato ad esigenze di bilancio, di graduatorie o di altri fatti esterni nè deve tradursi, quando la norma sia pure formalmente seguita, ad un vuoto simulacro di ottemperanza apparente.

Un diritto è tale se è reale, concreto, se il risultato con esso voluto dal legislatore è stato raggiunto, l"obiettivo colto, il traguardo raggiunto.

E" il piano della esigibilità del diritto che costituisce cartina tornasole della legittimità o meno di un comportamento e che consente di ritenere – secondo legge - corrette o non corrette le modalità con cui si organizza l"assistenza allo studente disabile.

In questo contesto, la diminuzione delle ore dell"educatore, per di più accompagnata dalla sua sostituzione con altro referente, nuovo ed estraneo ai consolidati flussi relazionali già da anni positivamente instaurati non può costituire attuazione (piena e tangibile) del diritto all"educazione ed all"istruzione scolastica.

La giurisprudenza amministrativa con la decisione del Consiglio di Stato n. 3104 del 20/01/2009, ha ritenuto in un caso di specie che "l"organizzazione dell"attività di sostegno socio-assistenziale da parte degli enti locali (così come l"organizzazione dell"attività di sostegno da parte dell"istituzione scolastica) non possa, in via di fatto, comprimere o vulnerare quel diritto all"educazione, all"integrazione sociale e alla partecipazione alla vita di comunità riconosciuto alla persona da fonti sovranazionali, dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria. Pertanto le attività integrative di valenza socio-educativa devono essere prestate con modalità idonee a realizzare lo sviluppo della personalità dell"alunno e a garantire la presenza stabile di un educatore che segua costantemente l"alunno disabile nel processo di integrazione".

Sulla base di questa motivazione, il Consiglio di Stato ordinava al Comune di garantire all"alunno ricorrente la continuità educativo-didattica con la medesima educatrice degli anni precedenti e con la quale si era instaurato un rapporto tale da soddisfare il suo diritto all"istruzione ed alla integrazione sociale, ritenendo che la sostituzione operata, in sé conforme a legge ma inidonea a soddisfare nel concreto il suo diritto, valesse quale violazione del diritto medesimo.

Non siamo quindi di fronte a meri doveri morali, etici, comportamentali, ma di fronte a diritti passibili di sanzione se violati, che obbligano l"ordinamento e gli enti che lo formano a pianificare, programmare, rendere effettiva l"accessibilità, elidere i pregiudizi ed impiegare risorse economiche perché il diritto stesso sia concreto, vero, esigibile.

Disability is human rights issue, quindi, perché la parità e la non discriminazione sono le basi della protezione dei diritti umani e perché la disabilità fa parte della natura dell"uomo e tutti, presto o tardi, interamente o parzialmente, possiamo trovarci impediti ad accedere all""esistere" ed al mondo del fare, disfare, creare, unire e spezzare: disabili ed impediti, a volte anche perché non adeguatamente facilitati dalla società cui intrinsecamente apparteniamo, contrariamente a quanto sarebbe in nostro diritto esigere.

 




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