-  Fabbricatore Alfonso  -  29/05/2016

Pneumatico sulla carreggiata: chi risponde del danno? - Cass. 10893/16 - Alfonso Fabbricatore

Cassazione, sez. III Civile, 26 maggio 2016, n. 10893, Pres. Vivaldi, Rel. Graziosi

Si propone una pronuncia assai interessante in tema di responsabilità da cose in custodia.

La S.C. affronta, infatti, il caso spinoso di un automobilista coinvolto in un sinistro autostradale causato dalla presenza sulla carreggiata di uno pneumatico abbandonato.

La vicenda, che solo preliminarmente sembra essere di facile soluzione, ha impegnato sia i giudici di merito che di legittimità in una analisi approfondita dei dati di fatto e, soprattutto, di diritto, indispensabili ai fini del giudizio di responsabilità.

Ed infatti, mentre sia in primo che in secondo grado, la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dall"automobilista nei confronti del soggetto tenuto alla custodia viene respinta, in Cassazione il verdetto viene completamente rovesciato attraverso una ricostruzione puntuale degli elementi probatori.

Il ricorrente lamenta innanzitutto violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2051 c.c. poiché il giudice di appello non avrebbe tenuto conto del fatto che, in materia di responsabilità del custode, grava in capo a quest"ultimo la prova del caso fortuito o della impossibilità non imputabile della prestazione per andare esente da responsabilità: nel caso di specie, il giudice di secondo grado avrebbe semplicemente rilevato l"assenza di responsabilità del convenuto, dando per assodato un fatto non provato, già analizzato dal giudice di pace, ovvero che la presenza del pneumatico sulla carreggiata fosse dipesa dalla condotta di altro utente che precedeva nel transito di pochi minuti la ricorrente.

Afferma la S.C. che "è evidente che, in tal modo, viene messo in discussione l'onere della prova: e infatti, dopo questa affermazione, a ben guardare meramente assertiva (il giudice di secondo grado non spiega sulla base di quali elementi si sarebbe dovuto ritenere praticamente immediato il rilascio dell'ostacolo sul manto stradale, nè fornisce la minima concretezza alle pretese "considerazioni ed argomentazioni dei tutto logiche" che attribuisce al giudice di pace: anzi, nella parte della motivazione di primo grado che aveva trascritto in precedenza non emerge alcun elemento probatorio in tal senso, bensì soltanto un argomento meramente ipotizzante che l'oggetto fosse "finito lungo la striscia di asfalto solo pochi istanti prima che il danneggiato lo investisse" per desumerne che in una simile ipotesi la responsabilità dei gestore dell'autostrada sarebbe "avverti bi li mente aberrante"), il Tribunale affronta proprio la "doglianza inerente il fatto che la società appellata non avesse fornito la prova della mancanza di precedenti segnalazioni", liquidandola con l'argomento che si tratterebbe della prova di un fatto negativo. Aggiunge il Tribunale stesso, però, "che non è in alcun modo dimostrato che la presenza della carcassa ... fosse dovuta ad un incidente accaduto pochi minuti prima" (e così, tra l'altro, incorre in una immediata contraddizione rispetto a quanto aveva poche righe sopra asserito come condivisibilmente accertato dal primo giudice), né è dimostrato che la carcassa appartenesse a un automezzo dell'appellata.
È chiaro che in tal modo il giudice d'appello ha invertito l'onere di prova, liquidando come prova negativa quella che d'altronde è la prova di un elemento positivo, cioè dei caso fortuito, e giungendo, in sostanza, a gravare il danneggiato di un onere probatorio più ampio di quello a lui imposto dalla legge, proprio perché erroneamente assorbente l'onere probatorio del custode: sarebbe stato il danneggiato, in ultima analisi, a dovere dimostrare quando e da chi fosse stato lasciato sul manto stradale l'oggetto che ha causato il suo danno, laddove, secondo l'articolo 2051 c.c., nel caso di responsabilità oggettiva, il danneggiato deve dimostrare soltanto l'esistenza dell'elemento danneggiante e il nesso causale tra questo e il suo danno (ex multis, particolarmente preciso e completo è l'insegnamento di Cass. sez. 3, 19 febbraio 2008 n. 4279: " La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che é irrilevante) bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità
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L'attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.

Su questa linea Cass. sez. 3, 25 luglio 2008 n. 20427 puntualizza che al custode "per andare esente da responsabilità non sarà sufficiente provare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito"; e il caso fortuito, che possa consistere anche nella condotta di un terzo o dei danneggiato stesso è stato confermato pure dalla recentissima Cass. sez. 3, 18 settembre 2015 n. 18317, rende la connessione tra la cosa custodita e il danno una mera occasione, come rileva Cass. sez. 3, 17 ottobre 2013 n. 23584.

Né la giurisprudenza, richiamata dal giudice d'appello, in ordine alla differenza tra le cause di pericolo individuabili nella struttura, eventualmente perché non oggetto di adeguata manutenzione, del bene in custodia e le cause di pericolo estrinseche possono incidere sulla ripartizione dell'onere della prova, dilatando appunto, in rapporto a un elemento danneggiante indiscusso o dimostrato come esistente, l'onere dei danneggiato al di là del nesso causale: se è vero, infatti, che qualora l'elemento danneggiante sia estrinseco rispetto alla cosa in custodia, si verificherà il caso fortuito quando l'evento dannoso avviene repentinamente e imprevedibilmente prima che il custode abbia potuto rimuovere il suddetto elemento, ciò non giustifica in alcun modo l'attrazione di questo profilo nell'ambito dell'onere probatorio del danneggiato, con evidente, conseguente orientamento dell'istituto dalla responsabilità oggettiva a una reviviscente responsabilità aquiliana

Ne consegue, ai fini della prova liberatoria, che il custode è tenuto a fornire per sottrarsi alla responsabilità civile, la necessità di distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze dell'autostrada da quelle provocate dagli utenti o da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa in quanto, solo nella ricorrenza di queste ultime, potrà configurarsi il caso fortuito tutte le volte che l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire la tempestività dell'intervento, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi

Non è, d'altronde, logicamente desumibile dal fatto che l'elemento pericoloso sia estrinseco, l'ulteriore fatto che sia venuto ad essere repentinamente e comunque in spiccata prossimità temporale rispetto al danno cagionato, rendendo impossibile (caso fortuito) al custode intervenire per asportarlo prima: soluzione che, invece, in ultima analisi il giudice d'appello ha adottato, in tal modo esonerando, come lamenta il motivo in questione, il custode dal suo effettivo onere probatorio.




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