-  Dragone Massimo  -  06/02/2013

PRESCRIZIONE DANNI DA TRASFUSIONE: QUANDO COMINCIA? - Massimo DRAGONE

Si sa, al cospetto di gravi malattie, quali l"AIDS, il tumore al fegato, la cirrosi epatica o l"epatite virale, la prescrizione dell"azione civile risarcitoria proposta dal danneggiato assomiglia ad un "colpo di spugna" che, in nome della "certezza del diritto", cancella l"illecito, commesso in tempi passati, ma che riverbera le sue più tragiche conseguenze nell"attualità.

Pertanto il Giudice dovrà procedere ad approfondito esame di tutte le circostanze ed elementi, prima di dichiarare l"estinzione per prescrizione di un giudizio civile finalizzato a tutelare i danni alla salute ed esistenziali che affliggono la persona colpita da infezione post trasfusionale.

In questa linea di garantismo e di prioritaria considerazione dei diritti umani, si pone la recente pronuncia della Corte d"Appello di Roma, che compie un ulteriore passo avanti in relazione alla complessa materia della decorrenza del termine di prescrizione nel caso di danni lungolatenti sulla scia segnata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite in data 11 gennaio 2008.

Più che correttamente il Collegio capitolino esclude qualsivoglia automatismo tra presentazione della domanda di indennizzo e decorrenza del dies a quo della prescrizione, trattandosi di indagine spesso complessa, da compiersi caso per caso, come chiarisce la sentenza de qua nel seguente passo motivazionale:

<<se quindi, di norma, è sostenibile che la proposizione della domanda volta al riconoscimento del suddetto indennizzo comporta conoscenza o conoscibilità, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l"epatite e la pregressa trasfusione, nel caso di specie è legittimo dubitare che il danneggiato avesse la piena consapevolezza di ciò, ben potendo ritenere solo la mera possibilità di tale nesso causale, bastevole per la domanda di indennizzo, ma insufficiente per intraprendere un"azione giudiziaria fondata sull"articolo 2043 c.c. e, quindi, sul ben più gravoso onere della prova a carico del danneggiato circa l"esistenza del nesso causale tra le trasfusioni e l"epatite C>>

Va in proposito osservato che sono diversi i presupposti tra la misura assistenziale costituita dall'indennizzo di cui alla legge 210 del 1992 (ove si prescinde dalla colpa, occorrendo unicamente l'accertamento del nesso di causalità e la ascrivibilità della malattia-infezione ad una delle 8 categorie) e l"azione civile risarcitoria, per la quale è invece necessario conoscere sia il destinatario dell'azione da promuovere, sia la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa da parte dell'autorità sanitaria:

<<va osservato che, come statuito da Corte Cost. 22.6.2000 n. 226 e 18.4.1996 n. 118, la menomazione della salute derivante da trattamenti sanitari può determinare le seguenti situazioni: a) il diritto al risarcimento pieno del danno, secondo la previsione dell'art. 2043 cod. civ., in caso di comportamenti colpevoli; b) il diritto a un equo indennizzo, discendente dall'art. 32 della Costituzione in collegamento con l'art. 2, ove il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell'adempimento di un obbligo legale; e) il diritto, ove ne sussistano i presupposti a norma degli artt. 38 e 2 della Costituzione, a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore, nell'ambito dell'esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali. In quest'ultima ipotesi si inquadra la disciplina apprestata dalla legge n. 210 del 1992, che opera su un piano diverso da quello in cui si colloca quella civilistica in tema di risarcimento del danno, compreso il cosiddetto danno biologico. Per quanto qui interessa, al fine di evidenziare la distanza che separa il risarcimento del danno dall'indennità prevista dalla legge predetta, basta rilevare che la responsabilità civile presuppone un rapporto tra fatto illecito e danno risarcibile e configura quest'ultimo, quanto alla sua entità, in relazione alle singole fattispecie concrete, valutabili caso per caso dal giudice, mentre il diritto all'indennità sorge per il sol fatto del danno irreversibile derivante da infezione post-trasfusionale, in una misura prefissata dalla legge. Ciò comporta che vada condiviso l'orientamento favorevole della più avvertita dottrina al concorso tra il diritto all'equo indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 ed il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., per cui nel caso in cui ricorrano gli estremi di una responsabilità civile per colpa la presenza della legge n. 210/1992, come modificata dalla l. n. 238/1997, non ha escluso in alcun modo che il privato possa chiedere e che il giudice possa procedere alla ricerca della responsabilità aquiliana, senza che esista automatismo tra le due figure (mentre non è oggetto di questo ricorso il diverso problema se si tratti di diritti alternativi, ovvero cumulabili ed - in caso positivo - in quali termini)>> (Cass. Sez.U. 11 gennaio 2008 n. 581).

Se così è, va considerato che, in molti casi, è solo dopo la ricezione del verbale della CMO (Commissione Medica ospedaliera) che il danneggiato ha modo di conoscere gli esiti del giudizio, ove talvolta possono emergere elementi fondamentali in relazione ad una possibile responsabilità dell"amministrazione sanitaria, come avvenuto nel caso esaminato dalla Corte d"Appello di Roma in commento.

In concreto il danneggiato, per poter promuovere un"azione di risarcimento del danno fondata sull"articolo 2043 c.c. deve conoscere tutti gli elementi della fattispecie (nesso di causalità tra il fatto illecito e l"evento dannoso, nonché il dolo, ma più spesso la colpa, il cui accertamento è ancor più complesso nella vicenda in questione, trattandosi di responsabilità omissiva).

Tali elementi non sono tuttavia, sempre e comunque, presenti al momento della proposizione della domanda indennitaria, potendo invece emergere in seguito, nel corso dell"istruttoria e dell"acquisizione di informazioni da parte della CMO o addirittura in seguito, nel caso in cui tale Commissione respinga in un primo tempo la domanda indennitaria, che viene accolta in un secondo tempo dallo stesso Ministero della Salute o dal Giudice.

In particolare tali accertamenti e documenti acquisiti nel giudizio di cui alla legge 210/1992, possono riguardare sia elementi da cui emerga, solo in seguito e con certezza o sufficiente verosimiglianza, la sussistenza del nesso causale tra trasfusioni ed infezioni, sia   elementi che caratterizzano il giudizio di colpa dell"autorità sanitaria. Ci si riferisce in particolare alla documentazione riguardante i donatori implicati nelle trasfusioni di sangue de quibus (cosiddetta tracciabilità del sangue: discovery del look back dei donatori), che costituisce il presupposto fondamentale, secondo la medesima giurisprudenza della Corte di Cassazione, per valutarsi la sussistenza della colpa dell"autorità sanitaria.

Pertanto può accadere che solo all'esito di tale giudizio amministrativo - volto all'accertamento dei presupposti per la concessione dell'indennizzo assistenziale - il danneggiato venga a conoscenza, per la prima volta, di informazioni e dati fondamentali, riguardanti il sangue o gli emoderivati che gli sono stati trasfusi e quindi di sapere, se vi è, o meno, tracciabilità delle unità ematiche ricevute in passato.

E" proprio la "tracciabilità" del sangue, infatti, l"elemento fondante il giudizio di colpa dell"amministrazione sanitaria, perché consente la verifica sul sangue trasfuso, sulla sua provenienza, sui controlli e misure di cautela attuati all"epoca e, soprattutto, sulla sua "innocuità" o "nocività".

E" chiaro che, laddove nel corso dell"istruttoria compiuta dalla CMO emergesse la mancanza di tracciabilità o l"assenza di controlli e misure di cautela esigibili secondo la normativa dell"epoca, non potrebbe che conseguire la colpa dell'amministrazione sanitaria.

Ne deriva che la discovery di tali elementi coincide con il primo "giorno in cui il diritto può essere fatto valere" e, quindi, con il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione, come ricordavano i latini con il noto brocardo actio nondum nata non praescribitur e come recita l"art. 2935 c.c.

Conclude quindi la citata sentenza della Corte d"Appello di Roma che:

<<in tale quadro, l"aver proposto nell"anno… domanda per il riconoscimento dell"indennizzo ai sensi della l. N. 210 del 1992, non può automaticamente interpretarsi quale conoscenza certa, acquisita ed indubbia, del nesso causale tra epatite e trasfusioni.>>

In conclusione non è consentito alcun automatismo tra proposizione della domanda di indennizzo e termine di decorrenza iniziale della prescrizione, dovendosi sempre valutare, caso per caso la vicenda, sulla base degli elementi offerti in causa dalle parti, ma anche delle rispettive allegazioni ed eventuali contestazioni, che dovranno essere vagliati dal Giudice nel rispetto dei distinti oneri probatori dell"attore e del convenuto che ha formulato l"eccezione.




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