(da ‘’L’Orco in canonica’’, Marsilo, 2016)

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L’aveva sfiorato lei, come inizio, gridando” Ce l’hai”; scappando poi velocemente. Avrebbe dovuto correrle dietro, voltarle le spalle di gran fretta, dopo averla toccata; farsi inseguire a sua volta.

Aveva cominciato invece, una volta raggiuntala, una specie di balletto: dita agitate intorno al capo di lei, sulle tempie, lungo il collo. “Non capivo cosa stesse facendo, era con me che giocava?”.

Sceso verso i suoi fianchi di bambina, subito dopo, pizzicandola fra pollice e indice, come per farle il solletico.

Era stato il primo segnale quello, avrebbe dovuto capire, non farsi più vedere?  Si era limitata a precisargli: “Basta una volta che mi tocchi: sarò io poi a dovertela ridare”. Lui a ribattere che era abituato diversamente: “Tocca a me prenderti, tenerti ogni volta prigioniera”.

Era corsa via quando avevano ripreso, si era infilata nella stanza a sinistra con un balzo, le mani alzate come segno:” Basta, mi arrendo”. Don Fulvio di nuovo a picchiettarle il torso, con le falangi sul davanti e sul dietro. L’aveva presa per le spalle poi, facendola girare su se stessa: c’era stato un inciampo con le gambe, Anna era scivolata per terra.  Il prete anche lui giù, come per aiutarla; le si era strusciato contro nella lotta, qualcosa di strano nei pantaloni, uno spessore diverso. Iniziava a sentirsi oppressa, aveva cercato di scrollarsi coi gomiti: “Voglio tornare a casa!”. Lui non si alzava, le era venuto da urlare: “Lasciami dai!”.

Si era tirato su alla fine; qualche istante per ricomporsi, zitti in piedi adesso, nessuno dei due guardava l’altro. Alla domanda “Piaciuto il gioco?”, nemmeno aveva risposto.

Asciutto il congedo finale, sembrava far finta di niente il religioso; come se a rovinare tutto fosse stata Anna. Appuntamento successivo il martedì, avrebbero parlato dell’atteggiamento di Gesù verso i ricchi: abbondava il Vangelo di passaggi del genere.