-  Santuari Alceste  -  29/11/2012

PRIVATIZZARE IL SSN ? – Alceste SANTUARI

Le affermazioni del Presidente del Consiglio, Mario Monti, sullo "stato di salute" del nostro sistema sanitario nazionale hanno provocato (come peraltro era verosimile immaginare) un ridda di reazioni, per lo più negative. In particolare, le affermazioni di Monti sono state interpretate come la volontà di privatizzare l"approccio universalistico che contraddistingue il sistema sanitario e quello di welfare. Tanto è stato il rumore, che la Presidenza del consiglio dei ministri e il Ministro alla Salute, Renato Balduzzi, hanno dovuto precisare che le parole pronunciate dal premier non intendevano affatto "sponsorizzare" alcuna forma di privatizzazione, ma che debbono essere lette come la necessità di trovare nuovi finanziamenti per un sistema a rischio di tenuta non tanto in ordine alla sua "configurazione" quanto in ragione della sua (futura) sostenibilità.

 

"Soltanto ove il legislatore nazionale mutasse in maniera sostanziale le caratteristiche strutturali di tale sistema (SSN, nda), conformando in termini economici l'attività delle strutture sanitarie pubbliche, diverrebbe ineludibile l'applicazione delle regole del Trattato applicabili alle imprese. La distinzione tra attività economiche e non economiche, in tal senso, ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non è possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura non economica (cfr. il Libro Verde sui servizi di interesse generale: COM-2003-270)" (così, TAR Lombardia, Sezione di Milano, con la sentenza del 16 giugno 2010, n. 1891).

 

In quella sentenza, il TAR Lombardia ha inteso evidenziare che, ai sensi dell"art. 168 TFUE, par. 7, la competenza in materia di organizzazione del servizio sanitario nazionale rientra tra le competenze affidate alla sovranità degli Stati membri. In questo senso, per quanto concerne l"Italia, i giudici amministrativi hanno richiamato il fatto che la concessione-convenzione introdotta dalla riforma del SSN (l. n. 833/1978) è stata sostituita dal sistema dell"accreditamento, istituto che contempla una concorrenza amministrata tra strutture pubbliche e private, al quale si deve aggiungere l"autorizzazione che qualsiasi struttura sanitaria, che intenda operare a livello territoriale, deve ottenere sulla base del rispetto di alcuni requisiti di natura igienico-sanitaria.

 

Il sistema sopra descritto in termini sintetici, secondo quanto evidenziato dal TAR Lombardia, è dunque sì un sistema in cui è possibile rintracciare molti elementi di concorrenzialità, ma è pur sempre un sistema (pubblico) e non un sistema di puro mercato. Si tratta – ribadiscono i giudici amministrativi lombardi – di un "sistema misto pubblico-privato", nel quale l"erogazione dei servizi non è considerata quale "bene" da cedere a fronte di un corrispettivo da determinarsi sulla base dell"incontro domanda-offerta. Ancora, è utile ricordare, in termini generali, che il SSN italiano è, inter alia, un sistema caratterizzato da un assetto organizzativo di stampo pubblicistico finanziato dalla imposizione fiscale e definito dalla programmazione del numero e dell"attività dei soggetti erogatori.

 

La "pubblicità" del sistema di welfare e del servizio sanitario nazionali è strettamente connessa con l"obbligazione che gli stessi sono chiamati ad adempiere, ossia la tutela dei diritti sociali che si sostanziano nella garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni e di assistenza.

Affermare i livelli essenziali delle prestazioni significa introdurre nelle dinamiche istituzionali dello Stato e degli locali territoriali che lo compongono, i quali sono responsabili dell"implementazione di detti livelli essenziali, due componenti, segnatamente, una di natura programmatoria ed una di natura economico-finanziaria. Si tratta, quindi, di richiamare la capacità di programmazione e coordinamento degli enti locali, i quali, in stretta connessione con le organizzazioni non profit, alla luce del principio di sussidiarietà di cui all"art. 118 Cost., u.c., son responsabili di assicurare l"erogazione degli interventi sociali. Ma si tratta altresì di potenziare gli interventi e i servizi oggetto della responsabilità istituzionali degli enti locali attraverso adeguati meccanismi di finanziamento.

 

Tra i meccanismi di finanziamento spiccano i fondi sanitari integrativi, chiamati a garantire, tra l"altro:

  • l"assistenza odontoiatrica, incluse le protesi;
  • le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria per i non autosufficienti per favorirne l"autonomia e la permanenza a casa, ma anche presso le strutture residenziali e semiresidenziali non assistibili a domicilio;
  • le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale da garantire ai non autosufficienti, sia a casa sia presso strutture esterne;
  • le prestazioni destinate al recupero di chi è temporaneamente inabile per infortunio o malattia, dagli ausili ai dispositivi medici fino alla cure termali e alla riabilitazione.

 

Inserite a pieno titolo nel contesto sopra delineato, le organizzazioni non profit, ivi incluse le società di mutuo soccorso, dimostrano spesso di saper intervenire per rispondere alle mutate e diversificate esigenze che promanano dalla società civile e, soprattutto, dagli strati più deboli e svantaggiati della stessa. Le organizzazioni non profit non si limitano dunque a migliorare le condizioni di vita delle persone, ma devono pensare a migliorare le loro capacità di vita. Ciò implica, tra l"altro, presentare assetti organizzativi, "sensibilità" territoriale e "vocazione" all"altro, elementi che insieme definiscono azioni ed interventi che superano i confini della funzione redistributiva e che integrano la nozione di "servizi di interesse generale", così come definiti a livello comunitario. Una siffatta configurazione produce (inevitabilmente) ricadute sulle forme giuridico-organizzative e sui rapporti con gli enti locali.

In passato si è sostenuto, che la cornice normativa dovesse (e in talune parti dovrebbe) essere rivista e aggiornata allo scopo di permettere uno sviluppo più moderno e in linea con altre esperienze europee. In questa direzione, allora, si è correttamente richiamata l"attenzione sull"azione economico-imprenditoriale delle associazioni e fondazioni, così da permettere alle stesse di recuperare efficienza ed efficacia nell"erogazione dei servizi. Componente essenziale per un futuro e strutturato sviluppo delle organizzazioni non profit, ma che oggi alla luce delle evoluzioni della società civile, dell"azione degli enti pubblici, in specie a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione del 2001 e del riconosciuto principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 u.c) non sembra più risultare forse così determinante.

 

L"evoluzione giurisprudenziale, talune interpretazioni dell"Agenzia delle Entrate, nonché il contesto normativo, sia esso nazionale ovvero regionale sembrano, oggi più che in passato, anche grazie alle "chiavi di lettura" fornite a livello UE, favorevoli ad una evoluzione positiva delle organizzazioni non profit. Le forme giuridico-organizzative a disposizione per la gestione e l"erogazione di servizi di interesse generale non sembrano invero impedire alle organizzazioni non profit di innovare ovvero di sviluppare la loro azione, in specie a livello locale. In molti casi, le stesse organizzazioni (associazioni, fondazioni e cooperative sociali) sono alla ricerca di assetti interni di governance e di collaborazioni con altre realtà non lucrative sul territorio, attraverso i quali, pur non volendo rinunciare alla loro precisa configurazione, condividere risorse e realizzare progetti integrati a beneficio della comunità.

 

Le organizzazioni non profit non sono (solo) – come talvolta anche il Fisco sembra considerarle – realtà dietro le quali si celano interessi "privati", ma tentativi di fornire risposte alle situazioni di disagio (che non certo non mancano in questo periodo storico) che emergono nella società. A chi sostiene che qualunque intervento del privato nell"assistenza, nella sanità, nell"educazione e nel tempo libero sia inevitabilmente portatore di interessi particolari in contrasto con il bene comune, occorre ricordare che la società italiana è ricca di esempi virtuosi di realtà in cui l"agire delle persone genera benefici per la collettività.

 

La scelta da operare, tuttavia, non può essere quella di "utilizzare" le realtà non profit in quanto agenzie che permettono maggiori risparmi di spesa. Al contrario, occorre investire decisamente su un set di policies che sappiano valorizzare la loro azione, coordinata, stimolata, nonché sostenuta dall"ente locale, al fine di rendere possibile una più efficace ed efficiente risposta ai bisogni. Il principio di sussidiarietà – come spesso abbiamo ribadito su questo sito - lungi dall"essere considerato quale arretramento dell"ente pubblico, ne certifica al contrario la sua esatta e corretta collocazione, quale entità superiore che interviene soltanto laddove quella inferiore non è in grado di provvedere. E questo significa maggiori responsabilità istituzionali e non minori. Significa, in termini "poetici", riconoscere – come osservava Goethe che "qualunque cosa tu possa fare, cominciala, l"audacia ha in sé genio, potere e magia".




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