Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  12/06/2022

Progetto di modifica del diritto delle persone fragili, le indicazioni della Cassazione - P.C.

Né il permanere dei moduli tradizionali potrebbe, attualmente, trovare giustificazione nel pur angusto spazio che la Cassazione ha - meglio aveva - conservato loro durante i primi anni dopo il 2004 (Cass. sez. I, 12.06.2006, n. 13584; Cass., sez. I, 22 aprile 2009, n. 9628; Cass., sez. I, 1° marzo 2010, n. 4866; Cass., sez. I, 26.10.2011, n. 22332; Cass., sez. III, 8.2.2012, n. 1770 la quale rimarca come interdizione e inabilitazione siano state relegate al rango di extrema ratio, dalla riforma del 2004).

Va rammentato come detto spazio fosse, in quegli anni, un tutt’uno col riscontro di situazioni in cui la persona, priva di autonomia, figurava titolare di un patrimonio tale di richiedere l'espletamento di attività gestionali ‘’di una certa complessità”; o di contesti in cui occorreva fronteggiare il pericolo del compimento, da parte del soggetto, di “atti pregiudizievoli per sé”.

 

Contro tutto ciò la Suprema Corte ha avuto cura di precisare, nella sentenza n. 17962, del 2015, che neppure il dato dell'entità del patrimonio sarà tale da impedire, di per sé, la possibilità di un ricorso all'amministrazione di sostegno: "La sussistenza di un ingente patrimonio e l'atteggiamento oppositivo manifestato verso il tutore non giustificano l'esclusione, necessariamente collegata alla pronuncia di interdizione, delle capacità di compiere autonomamente gli atti necessari per il soddisfacimento delle esigenze di vita quotidiana, ma solo l'imposizione del supporto di un amministratore di sostegno ed eventualmente dell'ausilio di esperti e qualificati professionisti del settore ai fini della gestione del predetto cospicuo patrimonio".

 

Si deve citare, infine, la recentissima sentenza della I Sezione della Cassazione 3.02.2022, n. 3462, la quale ha espresso un orientamento proiettato, senza più timidezze, alla sparizione vera e propria dell’interdizione.

 

In detta sentenza, infatti, la S.C. afferma che l’art. 12 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità “impone un cambio radicale, ripensando in modo sistematico tutta la disciplina della persona con disabilità, abbandonando, in primo luogo, l’uso dell’espressione “incapacità” e superando il rigido binomio capacità/incapacità”; ed ha rimarcato la necessità di “un ripensamento della disciplina della interdizione” onde fare luogo a “un sostegno che sia in grado di assicurare sempre il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti e le libertà fondamentali della persona con disabilità”.




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