Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  09/06/2022

Progetto di modifica del diritto delle persone fragili - Paolo Cendon

  1. Non ha più senso oggi neppure l’inabilitazione

               Passando all’inabilitazione - seconda misura tradizionale del nostro sistema - l’Osservatorio ricorda come, in essa, il Curatore intervenga ad ‘assistere’ e non già a ‘sostituire’ la persona, nel compimento dei soli atti di straordinaria amministrazione; talché l’interessato rimane libero di compiere gli atti di ordinaria amministrazione. Pur tuttavia, prosegue il documento, “i poteri del curatore e quindi l’ampiezza dei suoi poteri è già declinata in maniera generale nel codice civile, senza aver cura di calibrare tale attività rispetto alle esigenze di supporto del caso concreto; quindi all’eventuale ricorrere di alcune condizioni stabilite dal codice civile, si prevede che il curatore agisca sempre in una certa maniera nell’’assistere’ la persona nel compimento di tutti gli atti di straordinaria amministrazione controfirmando e dando valore agli atti ovvero non controfirmando gli atti posti in essere dalla persona con disabilità e quindi bloccandoli”.

              Da qui la necessità - secondo l’Osservatorio - di abrogare pure l’inabilitazione: “Anche rispetto a tale misura di protezione giuridica, si deve considerare l’automatismo nell’attività di una figura (curatore) che interviene, con una sorta di potere di veto, nelle scelte della persona con disabilità su un novero di atti già identificato dal codice, semmai per il ricorrere solo di alcune condizioni che non permettano solo alcuni di tali atti di straordinaria amministrazione”.

               Nei fatti l’istituto dell’inabilitazione risulta da tempo disapplicato, in Italia, sostituito dall’amministrazione di sostegno; e tale sfioritura conferma la necessità di procedere a una cancellazione formale.

     Sono indicazioni che trovano un preciso addentellato nei principi della Convenzione, circa la capacità giuridica delle persone disabili. La Convenzione fa, infatti, obbligo agli Stati aderenti di assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità siano proporzionate, per sé stesse, alla misura in cui vengano incisi i diritti e gli interessi dei destinatari (artt. 1 e 2).

               E nello stesso Preambolo della Convenzione – come ancora rammenta l’Osservatorio – “si riconosce la necessità di promuovere e proteggere i diritti umani, incluso quindi quello più intrinseco all’essere Persona, quale quello all’autodeterminazione, per tutte le persone con Disabilità, incluse quelle che richiedono un maggiore sostegno, anche ad intensità elevatissima”. 

               Va poi sottolineato che la nostra Corte di Cassazione, con sentenza 25.10.2012, n. 18320, ha sancito la piena compatibilità dell’Ads rispetto a tali indicazioni; a differenza da quanto non possa dirsi (ecco il punto) per una figura come l’interdizione: la quale appare risposta non proporzionata allo scopo – un esito di fatto irrevocabile, sottolinea il S. C., mai più revisionabile in giudizio.

               Merita anche segnalare come, a favore dell’abrogazione dell’interdizione, si sia pronunciato in modo esplicito - nell’ultimo quindicennio – l’intero Gotha della dottrina civilistica italiana: basterà ricordare qui i nomi di R. Sacco, P. Rescigno, C.M.  Bianca, P. Schlesinger, F. Busnelli, P. Perlingieri, S. Rodotà.

 

 




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